Kandido Zubikarai non capisce cosa sta succedendo finché non sente i colpi di pistola. Uno, due, tre… quanti? Si alza di scatto con un solo pensiero in testa: Eñaut. Esce dalla stanza da letto di corsa, ed è allora che li vede. Le armi spianate, le divise tutte uguali rese pallide dalla luce sbiadita del mattino. Fermin se ne sta in mezzo alla sala. È uscito con la pistola in pugno, ma l’ha gettata a terra quando l’agente della Guardia Civil ha sparato in aria. Forse anche lui pensa a Eñaut. “Perché non mi hai ucciso?”, chiede Fermin.
Li prendono tutti e cinque. Kandido, Iñake, Fermin, Eneko, Iosu. Lui e Iñake per averli ospitati, gli altri tre per essere parte del Comando Eibar, una delle sezioni più attive di ETA in quel momento. Poi prendono Eñaut. Lo portano fuori in pigiama, gli occhi cisposi e impastati dal sonno. È solo un sogno, un brutto sogno, vorrebbe dirgli Kandido. Ma la voce non gli esce. L’ultima cosa che suo figlio vede sono le manette ai polsi dei genitori mentre li portano via. Eñaut ha solo cinque anni.
Kandido, imprigionato e torturato, rivela di essere un etarra, un terrorista, da almeno due anni. È lui il responsabile, Iñake non c’entra. Ma i tre ricercati erano a casa loro e anche sua moglie dovrà pagare.
In fondo, è quello il destino della famiglia Zubikarai. Nove anni prima, nel 1980, suo fratello Jesús María era stato rapito e ammazzato con vari colpi di pistola. L’azione era stata rivendicata dal Batallón Vasco Español, gruppo paramilitare di estrema destra contrario all’indipendentismo basco. Jesús era conosciuto come Jhisa, perché gli amici dicevano che quella era la pronuncia del suo nome in inglese. Era un abertzale, un indipendentista di sinistra, e un militante di Euzkadiko Ezkerra. Lo avevano arrestato già due volte, l’ultima nel 1979. Era stato allora che un Guardia Civil della caserma di Ondarroa lo aveva minacciato apertamente: “Rubio, voy a por ti“, gli aveva detto. Poi tre agenti di quella caserma erano morti in un attentato e, per rappresaglia, il 2 febbraio erano stati uccisi lui e Yolanda Martinez, giovane bilbaina che studiava a Madrid. La famiglia di Jhisa era convinta che l’ordine fosse partito dalla Guardia Civil di Ondarroa, ma non c’erano state indagini approfondite. Niente colpevoli per quell’assassinio.
A qualcuno basta l’ideologia per scegliere la lotta armata, ad altri invece serve un motivo scatenante. Kandido li aveva entrambi. Viene condannato a 22 anni per aver nascosto i suoi compagni e per aver partecipato a un attentato nel quale erano stati uccisi due Guardia Civil nel settembre del 1987. Iñake si prende tre anni per complicità. Loro figlio, intanto, va a vivere con i nonni.
Eñaut cresce senza padre, che non solo è in carcere ma sta pure scontando la pena ad Alicante, in ossequio alla politica dell’allontanamento dei prigionieri politici dai Paesi Baschi. Ben presto diventa un abertzale, e non potrebbe essere altrimenti. Ma rispetto al padre e allo zio ha una caratteristica unica: è bravissimo a giocare a calcio. Alto e imponente, viene messo in porta e di lì non si muove più. Spicca nelle giovanili dell’Aurrera Ondarroa, il club della sua città, ma pur essendo bizkaino non viene preso in considerazione dall’Athletic di Bilbao; è invece la Real Sociedad a puntare su di lui e a farlo entrare nella prestigiosa cantera di Zubieta.
Eñaut Zubikarai ha tutte le caratteristiche per emergere, ma la sfortuna inizia a prenderlo di mira. Giocando con la squadra juvenil della Real si fa male gravemente alla spalla sinistra e viene operato: dieci mesi di stop. Si riprende e nel 2005-‘06 viene mandato all’Eibar, in Segunda División, seguendo il cammino tipico di tutti i giovani più promettenti del club txuri-urdin; purtroppo si infortuna ancora una volta alla spalla sinistra e salta praticamente tutta la stagione. Tornato a San Sebastián, la spalla cede per la terza volta e lo costringe a un secondo intervento chirurgico, che lo tiene fuori un altro anno. È in questo momento che Eñaut pensa di ritirarsi. Ci riflette a lungo, ma alla fine decide di non mollare: se suo padre sta affrontando il carcere, lui può benissimo tenere testa a una spalla ballerina.
Riprende ad allenarsi e il fisico risponde sempre meglio, tanto che nel 2008-‘09 ottiene un dorsal della prima squadra errealista, allora in Segunda. Debutta ufficialmente il 3 settembre del 2008 e, pur dovendosi confrontare con Claudio Bravo (il titolare indiscusso) e Asier Riesgo, riesce a giocare nove partite. L’anno dopo va ancora meglio: 12 presenze in campionato e la titolarità nel match che riporta la Real Sociedad in Primera.
Dopo aver trascorso la stagione successiva sempre in panchina, eccezion fatta per due partite di Copa del Rey, per il 2011-‘12 Zubikarai trova un accordo per il prestito all’Hércules di Alicante. La destinazione è assolutamente significativa: è infatti nel carcere cittadino di Foncalent che si trova ancora Kandido, la cui scarcerazione è prevista proprio per il settembre del 2011. Padre e figlio riuniti nella stessa città dopo 22 anni. Sarebbe un finale incredibile, ma quando la dirigenza dell’Hércules viene a sapere di Kandido decide di tirarsi indietro, adducendo puerili scuse economiche. Non che Eñaut abbia mai nascosto le proprie idee di sinistra o il proprio attivismo politico: sempre in prima linea nelle raccolte firme e nelle marce in favore dei prigionieri, nel 2009 ha sollevato molte polemiche nel mondo del calcio spagnolo salendo sul palco dell’Hartotxu Rock Festival insieme a 50 altri parenti di prigionieri politici baschi, tutti con la foto dei propri cari incarcerati a centinaia di chilometri di distanza.
Non basta la trasparenza ideologica, il trasferimento salta. Eñaut resta a San Sebastián, ombra di un Claudio Bravo lanciato nell’olimpo dei portieri mondiali. Si toglie comunque tante soddisfazioni (esordio in Primera, qualificazione ed esordio in Champions, semifinali di Copa nel 2013-‘14), finché la partenza del cileno non lo rende numero 1 nel 2014. Dopo aver perso la titolarità a favore dell’astro nascente Rulli decide di lasciare la Real e all’inizio di questa stagione si trasferisce in Portogallo, al Tondela, salvo poi essere ceduto all’Auckland City in Nuova Zelanda.
Nonostante abbia avuto una carriera inferiore alle aspettative a causa dei moltissimi infortuni patiti in giovane età, Eñaut Zubikarai può essere soddisfatto. Gioca a calcio ai massimi livelli, si batte per i suoi ideali e ora, quando chiama casa sua a Ondarroa, dall’altro lato sente la voce di Kandido. Una voce che per 22 anni è rimasta viva solo nella sua memoria.
Fonte: Minuto Settantotto