9 dicembre del 1973. A Torino non è una giornata come le altre, al Comunale si gioca il derby della Mole davanti al pubblico delle grandi occasioni. Sono ben sessantatrèmila gli spettatori sugli spalti e lo spettacolo non sarà da meno: ad affrontarsi sono il Torino di Gustavo Giagnoni e la Juventus di Čestmír Vycpálek. La Juve non è in uno dei migliori momenti della sua storia, ciononostante è campione d’Italia in carica e anche quest’anno lotta per le primissime posizioni insieme alla Lazio di Giorgio Chinaglia.
La partita è tesa, equilibrata, almeno fino al 74esimo quando Cuccureddu colpisce di testa una palla che proviene da destra, prende in pieno Castellini che però non può nulla sulla ribattuta del numero 8 bianconero. La sconfitta è davvero amara, come se non bastasse Causio ha la malaugurata idea di avvicinarsi alla panchina granata e rivolgersi a Giagnoni applaudendo ironicamente e insultandolo. Il verace allenatore torinista non ci sta, gli si fa incontro e lo stende con un pugno ben piazzato.
Sebbene Giagnoni si sia sempre detto mortificato per quanto accaduto, è diventato da quel momento in poi un vero e proprio eroe per i tifosi del Torino, esaltati dal gesto del loro allenatore al termine della stracittadina.
Lo stesso allenatore, tornato al Filadelfia il martedì successivo, credeva di essere accolto in maniera critica dai tifosi. “Appena la gente mi vide, cominciò a inneggiare, a battermi le mani, a sollevarmi di peso. Tremila persone in tripudio per me e solo perché avevo steso uno juventino. Mi commossi. Sembrava che a Torino dovessero starci soltanto loro. Sembrava che fosse vietato anche solo esistere, lottare, sfidarli – dirà anni dopo l’addio ai campi di calcio -. Sembrava che la Juve non dovesse avere rivali. Non solo dovevano vincere sempre loro, ma noi non si poteva nemmeno combattere. E invece a me piaceva dire:‘ci siamo anche noi del Toro, perché anche noi siamo forti’. E il Filadelfia era la mia casa”.
E lo era davvero la sua casa, Giagnoni per sua stessa ammissione amava profondamente il vecchio campo del Torino: “Io respiravo bene, pulito, soltanto quando ero al Fila”. Torinese e torinista d’adozione, ma nato in Sardegna, a Olbia, il 23 marzo del 1932, Gustavo Giagnoni da calciatore ha militato principalmente tra Reggiana e Mantova, mentre da allenatore ha girato tutta Italia. Celebre per sedersi in panchina indossando scaramanticamente un colbacco, ha allenato anche Milan, Bologna e Roma prima di ritirarsi a vita privata all’inizio degli anni ’90. È scomparso nel 2018, all’età di 86 anni.
Fonte: Guerin Sportivo