Ha lasciato l’Italia da poco più di trent’anni eppure parla ancora un italiano quasi impeccabile. “Semplice, guardo la tv italiana e parlo con tanti amici”. Haris Škoro, punta bosniaca, ha vestito la maglia del Torino dall’88 al ’91 lasciando un buon ricordo di sè. Ora vive in Svizzera: “Ho chiuso la carriera nello Zurigo – ha raccontato a Tuttomercatoweb.com – mi sono sposato e sono rimasto qui anche con i figli. Ma non dimentico l’Italia e il Torino”.
Già il Torino: che cosa le viene in mente dell’esperienza granata?
“Intanto il campionato a quell’epoca era di livello elevatissimo, c’erano i migliori giocatori al mondo, squadre di valore assoluto come Juve, Inter, Milan, Napoli. Ti dava grande prestigio giocare in Serie A. Io avevo 26 anni ed ero nel periodo migliore della mia carriera. Mi piaceva giocare in quegli stadi sempre pieni, ti dava carica ed entusiasmo”.
Le soddisfazioni più belle?
“Aver potuto giocare davanti ad una tifoseria fantastica come quella del Toro. Ricordo le preparazioni verso il derby con la Juve, l’atmosfera che si respirava in città. E poi lo spettacolo che sapevano costruire allo stadio. Peccato per il primo anno: nessuno si aspettava di retrocedere ma poi ci siamo subito rifatti vincendo il campionato e tornando in A. Era un bel Toro: c’erano Müller, Lentini, Policano, Cravero, Marchegiani in porta”.
In B segnò il gol più veloce di sempre dopo nove secondi con l’Ancona, poi che altri gol si ricorda?
“Una rete contro l’Inter con un tiro dal limite nella nostra vittoria per due a zero (segnò anche Müller, Ndr) e poi tra le altre una alla Fiorentina con un tocco ravvicinato”.
Tra gli allenatori del Toro a chi è stato più legato?
“Radice è stato il primo che ho avuto, gran personaggio. Però poi mi sono trovato molto bene con Sergio Vatta: sono convinto che se fosse stato chiamato prima ci saremmo salvati. Ricordo con piacere anche Fascetti l’allenatore della promozione in A”.
Come mai poi lasciò il Torino?
“Fu abbastanza casuale. Fui operato al menisco, lo Zurigo iniziò ad interessarsi a me e alla fine si concretizzò il trasferimento”.
Adesso lei di cosa si occupa?
“Ho avuto per sei-sette anni una scuola calcio. Ora gioco solo con i veterani, facciamo partite e una volta all’anno di solito vado anche a Torino”.