Sabato 9 settembre 2006. Stadio Romeo Neri di Rimini. Siamo al minuto 74 di un intensissima prima giornata di campionato di serie B. A sfidarsi ci sono i padroni di casa del Rimini, in maglia biancorossa, guidati in panchina da Leonardo Acori, e la Juventus. Come la Juventus? Ebbene sì. I bianconeri sono stati retrocessi d’ufficio dopo lo scandalo Calciopoli, e si ritrovano quindi, per la prima volta nella loro storia, ad approcciarsi con il campionato cadetto.
In rosa hanno ancora alcuni giocatori della precedente squadra campione d’Italia. Da Birindelli a Marchionni, da Nedved a Trezeguet fino a Zalayeta. Ma soprattutto ci sono Del Piero, Buffon e Camoranesi, reduci dall’impresa di Berlino e neo campioni del mondo in carica. Minuto 74 dicevamo. La Juve conduce per 1 a 0 grazie a un gol del ragazzo di bottega Matteo Paro. Ma il Rimini sta mettendo in campo una enorme prestazione dal punto di vista agonistico, nonostante si ritrovi in 10 uomini per un brutto intervento di Cristiano ai danni di Nedved.
C’è una palla in verticale, apparentemente innocua. Boumsong e Kovač decidono di farsi un sonnellino. Ad approfittarne è Adrián Ricchiuti, idolo della tifoseria locale. Scippa la sfera ai due centrali bianconeri, si invola verso la porta è trafigge Buffon in diagonale. 1 a 1. Incredibile.
“Questa è la provincia. Benvenuti in serie B, maledetti!”. Come ci ricorda “Tacchetti di Provincia” nel suo articolo.
Adrián Ricchiuti è nato a Lanús. E se sei nato a Lanús, e di mestiere giochi a calcio, non puoi fare altro ruolo se non il trequartista. Come un suo illustre concittadino di nome Diego Armando, che qualcuno poi, a ragion veduta, soprannominerà “Il Dio Del Calcio”. Nessuno, probabilmente, meglio di lui avrebbe potuto dare il benvenuto in cadetteria alla Vecchia Signora, nobile decaduta. Lui che, arrivato in Italia per motivi lavorativi e lanciato dalle giovanili della Ternana, durante tutta la carriera ha fatto su e giù per lo stivale, inventando calcio nelle provincie più disparate: da Carpi ad Arezzo, da Pistoia a Chiavari. Ma che proprio a Rimini ha trovato la sua seconda casa.
Arriva in Riviera nel 2002, e con mister Acori riporta la compagine romagnola in serie B, nella stagione 2004-‘05, dove mancava da 14 anni. Se ne va nel 2009, insieme al mister, dopo aver sfiorato i playoff per andare nella massima serie. Torna a Rimini nel 2014, con la squadra in serie D, firmando un contratto annuale. 7 gol e tanti assist per riportare la squadra nel calcio professionistico. Dopo un cameo a Rovigo, ritorna una terza volta nel 2016, per rispondere all’ennesimo disperato sos della sua squadra del destino, ri-precipitata addirittura in Eccellenza. Il quarto ritorno è datato 2020, stavolta nelle vesti di allenatore. Delle giovanili prima e della prima squadra poi. Un incarico ad interim, nel mezzo della gestione del suo ex compagno Alessandro Mastronicola.
Il primo addio alla Riviera ha un motivo ben specifico. La possibilità di giocare in serie A. Lo prende, infatti, il Catania. In quegli anni colonia argentina alle pendici dell’Etna. Agli ordini di mister Atzori, infatti, trova un nutrito gruppo di connazionali: Spolli, Silvestre, Ledesma, Barrientos, Maxi López, Izco, Andújar, Llama… Lascerà gli etnei, da svincolato, nel 2013, con un bagaglio di 98 presenze e 4 reti. Il primo lo segna contro il Cagliari al Cibali, grazie a un ben orchestrato schema su calcio di punizione (all’epoca marchio di fabbrica dei rossoblu). L’ultimo al ChievoVerona, nella gara poi persa per 2 a 1.
Il più memorabile però, con ogni probabilità, rimarrà quello segnato l’11 aprile del 2010 a San Siro, alla Scala del Calcio. Quando un Catania spavaldo mette paura al Milan portandosi avanti 2 a 0 alla fine del primo tempo. Prima è Maxi López, a bucare il Diavolo con un preciso diagonale. Poi ci pensa proprio Adrián, addirittura di testa, finalizzando un assist al bacio del biondo compagno di squadra. La doppietta di Borriello, nella ripresa, renderà solo parziale l’impresa degli etnei.
In mezzo, come detto, tanta serie B e tanta provincia. Anni vissuti sempre da leader carismatico, tecnico e non. Un autentico trascinatore. Adrián Ricchiuti, infatti, non era il classico trequartista indolente, perennemente alla ricerca della leziosità, della giocata di fino. Che una volta ti riesce e le altre 19 no. Era un assatanato. In campo ha sempre messo tutta la garra che aveva in corpo. Non ha mai saltato mezza fase difensiva, si è sempre messo a disposizione di mister e compagni. Per tutti è Il Chico, e anche per queste sue peculiarità è sempre stato molto apprezzato anche dai suoi tifosi.
A fine carriera si è tolto due sfizi. Quello di giocare una competizione europea, partecipando al preliminare di Europa League con la maglia dei sanmarinesi de La Fiorita contro il Vaduz. Sempre con loro giocherà anche un preliminare di Champions contro il Linfield, formazione nordirlandese.
Partite poi perse in entrambe le occasioni. Il secondo: quello di diventare il giocatore con più presenze nella storia del Rimini, superando Gianfranco Sarti, fermo a quota 339. Questo avviene il 2 aprile 2017, lo stesso giorno in cui i romagnoli festeggiano la promozione in serie D.
Perché, in fondo, Rimini e Ricchiuti sono da sempre una cosa sola. E i successi di uno sono le gioie dell’altro.