Salvatore Carmando ha legato la sua carriera professionale ai colori azzurri del Napoli. Lo storico massaggiatore aveva un legame indissolubile con Diego Armando Maradona, il calciatore più grande di sempre: “Mi volle con lui al Mondiale, non credevo ai miei occhi”. Racconta un commosso Carmando ai microfoni di Radio Goal su Kiss Kiss Napoli: “L’ultima volta che l’ho sentito è stato il giorno del suo compleanno, il giorno prima, il 29 ottobre compio io gli anni, il 30 lui. Mi chiamò e disse: “Figlio di pu…. dove sei? Poi mi parlò di lui“.
Salvatore Carmando si commuove per parlare di Maradona: “Era la persona più buona che abbia mai incontrato nel mondo del calcio”.
“Dopo quella telefonata non l’ho più sentito perché è morto il 25 novembre successivo. Un uomo di sessant’anni non può morire in questo modo, era la persona più buona, generosa, altruista della terra. Difficile trovare nel mondo del calcio persone come Diego Armando Maradona, era incredibile. Vi racconto un retroscena, prima di quel famoso Napoli-Juve, quando segnò la punizione venne a chiamarmi, disse un sacco di parolacce, volle farsi un idromassaggio e un massaggino. Fece una previsione: “segnerò su punizione oggi”. Così fu, era incredibile”.
Trentadue anni dalla pietra miliare del secondo scudetto del Napoli: scolpita con impareggiabile maestria dai piedi fatati proprio di Diego, ma plasmata dietro le quinte pure dalle mani d’oro di Carmando, diventato un personaggio pubblico anche per il famigerato episodio della monetina di Bergamo. Nel 2020 Marco Azzi lo aveva intervistato su “Repubblica”. “Di questa storia se n’è parlato fin troppo e io non ne ho più voglia, dopo tanto tempo. Ripeto solo che feci la cosa giusta: Alemão venne colpito alla testa, lo invitai a rimanere steso e gli curai la ferita”.
Era l’8 aprile del 1990, il Napoli vinse 2-0 a tavolino contro l’Atalanta e tre settimane dopo arrivò il secondo scudetto.
“Strameritato, altro che ombre. Quella squadra era formidabile, andava convinta su ogni campo di essere più forte degli avversari e vinceva. Era la grande forza del Napoli, all’epoca. Maradona era il numero uno per distacco, ma aveva al suo fianco tanti altri campioni. Careca secondo me è stato il secondo giocatore più talentuoso del mondo. Un attaccante come il brasiliano non l’ho mai più visto”.
Prima dello scudetto del 1990, c’era stato quello del 1987. Quale è stato il più bello, Carmando?
“Lo spettacolo al San Paolo e in tutta la città, la gioia dei tifosi napoletani e le lacrime dei giocatori furono uguali. Non si può scegliere tra il primo e il secondo. Anche Maradona li amò entrambi nello stesso modo. Nel 1987 fu una festa di liberazione, il sogno di una vita che finalmente diventò realtà. Nel 1990 eravamo consapevoli dall’inizio di poter vincere, ormai il Napoli era entrato in un’altra dimensione. La squadra era formata da un gruppo di ragazzi fantastici e amicissimi tra di loro. Negli spogliatoi ci divertivamo tanto, uno scherzo dopo l’altro. Ma il clou fu il party sulla nave nel mezzo del Golfo, dopo la vittoria decisiva contro la Lazio. Mi ricordo che c’era tra gli ospiti pure Massimo Troisi. Si divertiva molto per le mie battute e mi disse: ‘Lo sai che sei un grande comico, più bravo di me’”. Anche il presidente Ferlaino la pensava così e gli diede ragione. Fu una notte di baldoria”.
I suoi sette anni con Maradona come furono, invece?
“Speciali. Con Diego diventammo amici praticamente subito, nel ritiro estivo di Castel Del Piano. Mi osservò per un po’ di tempo mentre lavoravo, in silenzio. Poi Maradona mi scelse: sarai tu il mio unico massaggiatore. Non si faceva toccare da altri e per stendersi sul lettino dei massaggi aspettava che tutti i compagni fossero andati via dallo spogliatoio. Restavamo lì, da soli. Per ore. Nacque così un rapporto personale, oltre che professionale”.
Estate 1986, racconti Carmando.
“Arriviamo in Messico e per dieci giorni la dissenteria non mi dà tregua. A un certo punto avviso Diego che non ce la faccio più e che voglio andare via. Lui capisce che faccio sul serio solo quando mi vede preparare la valigia: viene in camera mia e mi ferma. ‘Resisti almeno un altro po’, dai’. Un attimo dopo Maradona lascia il ritiro con un componente dello staff della nazionale argentina e ricomparire dopo un’ora, trascinando due cassette d’acqua minerale italiana. Non seppi mai dove le aveva trovate, Ma il mal di pancia mi passò”.
Valse la pena di resistere.
“Altroché, Maradona in Messico fece la storia del calcio. Il suo gol all’Inghilterra lo vidi da bordo del campo, anche se non mi era permesso di stare sulla panchina dell’Argentina. Ma quella fu la mia fortuna. Diego venne infatti a festeggiare proprio sotto la tribuna di fronte, dove mi trovavo io. Capii subito d’aver ammirato dal vivo un prodigio, la prodezza più bella di sempre: ci abbracciammo e piangemmo insieme”.
L’abbraccio tra Maradona e Carmando diventò un rito, da allora.
“Sì, specialmente con il Napoli. Prima di ogni partita Diego s’avvicinava per darmi un bacio sulla fronte, era un momento tutto nostro”.
Il bacio, e poi?
“Adesso posso rivelarlo, non l’ho mai detto. Recitavamo una preghiera, era la nostra benedizione prima della battaglia”.
Nemici mai, eppure a Italia ’90 le vostre strade si divisero…
“Ero entrato nello staff dell’Italia in quel Mondiale e Diego l’accettò, non provò nemmeno a farmi tradire la nostra Nazionale. Solamente prima della sfortunata semifinale al San Paolo mi rimproverò con dolcezza. Peccato che non stai con noi, disse. Vinse lui ai calci di rigore con l’Argentina e mi è rimasto un grande rimpianto, perché l’Italia era la squadra più forte del torneo e avrebbe meritato di alzare la Coppa. Avevamo attaccanti come Vialli, Baggio, Mancini, Schillaci. Ci mancò la fortuna”.
Fu il suo secondo Mondiale, Carmando.
“Grandi emozioni. Gigi Riva era il nostro team manager, le colazioni con lui le conservo nel mio cuore. Nel ritiro d’Italia ’90 bussava ogni mattina alle 6 precise alla mia porta: caffè e sigaretta. Non eravamo molto loquaci, ma ci intendevamo. Poi Riva si faceva preparare un’altra macchinetta intera e se la portava in camera. Amava la mozzarella e i frutti di mare, ricordo che li feci arrivare solo per lui da Salerno. I giocatori erano a dieta e non potevano mangiarli”.
Tornando a Maradona, invece, lui qualche stravizio se lo concedeva.
“Ma era un super atleta, fisicamente formidabile. Ritornò al top per i Mondiali nel 1994 ed ero di nuovo al suo fianco negli Stati Uniti, dove purtroppo lo incastrarono. È la festa del Napoli, però: via i cattivi ricordi”.