“Quanto guadagno? Settecento rubli al mese, il doppio di un chirurgo. Volete che mi lamenti? E poi quando gioco l’ultimo mio pensiero sono i soldi” le parole di Oleksij Mychajlyčenko in un’intervista del 1988, persona umile e sempre mai sopra le righe.
Il mediano ucraino arriva a Genova, sponda blucerchiata, nell’estate del 1990 per 6,5 miliardi di lire con grande aspettative da società e tifosi. Mychajlyčenko, titolare inamovibile nella Dinamo Kiev, era un calciatore polivalente, potendo occupare tutte le posizioni del centrocampo grazie alla grande tecnica, lancio e tiro accomunate alla giusta cattiveria agonistica.
La sua esperienza alla Sampdoria è però ostacolata da diversi infortuni e da un straordinario brasiliano Toninho Cerezo.
È stato definito dallo stesso Mancini come giocatore indispensabile. Alla Sampdoria l’ucraino è sceso in campo 39 volte tra campionato, Coppa Italia, Coppa delle Coppe e Supercoppa Uefa realizzando 4 reti. E soprattutto, vincendo lo storico Scudetto.
Per le ragioni già citate l’ex Dinamo Kiev non è riuscito ad incidere come avrebbe desiderato tutto l’ambiente blucerchiato, ma ha lasciato un bel ricordo a Genova che spesso ricambia in ogni intervista con affetto. Dopo lo storico scudetto passa al Glasgow Rangers per 4 miliardi di lire.
Ci viene sottomano una vecchia edizione di Repubblica, quando Giannio Brera rispondeva ai lettori. La data è quella del 17 agosto 1990.
“Gentile signor Brera, in attesa di conoscere la sua opinione ad inizio del campionato, le chiedo di anticipare un solo giudizio: tra tutti gli stranieri dell’ ultima ondata quale crede che riuscirà ad imporsi in un campionato tanto difficile come il nostro? Saluti e buone vacanze” Ugo Garfone, Asti.
“Per mettermi in pace con la mia coscienza (critica), avendo sempre stimato assai la scuola sovietica, vorrei tanto che il magnifico Michailichenko riabilitasse nella Samp il prestigio così malamente compromesso da Zavarov e Alejnikov nella Juventus. Quel prode centrocampista mi è sembrato di gran lunga il migliore nel solo incontro nel quale ho avuto occasione di seguirlo da presso, la semifinale europea Urss-Italia: se ben ricordo, ho scritto di lui cose mirabolanti: vorrei potermi ripetere adesso che gioca nella Sampdoria. E sia detto questo a conferma d’ un fatto incontrovertibile: che io sono genoano dall’ età di 5 anni e tuttavia apprezzo la Samp come l’ espressione più moderna del calcio giocato della mia seconda città, che è appunto Genova. A maggior chiarimento della mia posizione sentimentale, aggiungo che stimo buoni lombardi coloro che, tifando Inter, non sono contenti se va male il Milan e viceversa. Tutti gli altri sono faziosi di stampo medioevale: oppure meteci che si fingono tifosi di una squadra locale per meglio integrarsi con i cittadini fra i quali sono tenuti a vivere. Scusi la franchezza con cui mi esprimo sull’ argomento: la prego di credere che non è sicumera. La materia è delicata. Benché gli psicologi considerino la pedata ben poca cosa, fanno male a non tenerne conto: la psicologia razziale degli italiani è ancor oggi molto vaga”.