Calcio e politica in Italia spesso vivono similitudini e incroci suggestivi. Anziché essere la seconda a portare in piazza i cittadini per qualsivoglia forma di protesta, il più delle volte a farlo è il primo, cioè il calcio.
Il 18 maggio del 1990 ad esempio, a Firenze, in Piazza Savonarola scoppia una guerriglia tra tifosi della Fiorentina e forze dell’ordine. A inizio anni 90 Piazza Savonarola è la sede della Fiorentina, oggi trasferitasi a Viale Manfredo Fanti, praticamente allo Stadio Artemio Franchi.
Bersaglio della contestazione la famiglia Pontello, proprietaria del club. Motivo della contesa Roberto Baggio, uno dei giocatori più influenti e belli da vedere nella storia del calcio italiano. Il principio del panico nel capoluogo toscano comincia quando il giornalista Cesare Castellotti, in diretta tv alla Rai, dopo la messa in onda dei canonici goal della Serie A in una normalissima domenica, annuncia la notizia del passaggio di Baggio alla Juventus. Sarà smentito subito dopo dal collega in studio, ma col senno del poi la ragione sarà attribuita proprio a Castellotti.
Della vicenda Baggio e il suo clamoroso passaggio agli acerrimi rivali di sempre della Juventus conosciamo sicuramente tutti un episodio, quello della sciarpa lanciata al Divin Codino da un tifoso viola dalla Tribuna Coperta del Franchi, e poi subito raccolta dal fantasista. Ma la vicenda – come scrive Luigi Di Maso sul “Fatto Quotidiano” – affonda le radici molto prima e incrocia una serie di episodi abbastanza rumorosi.
Molti credono che l’odio tra Fiorentina e Juventus nasca da questo episodio, ma possiamo tranquillamente affermare che non è così (vedi claim “Meglio secondi che ladri”). Il passaggio di Baggio dalla Fiorentina alla Juventus ha semplicemente inasprito una rivalità che mette radici molto prima.
Roberto Baggio firma con la Fiorentina agli inizi di maggio 1985, un paio di partite prima di chiudere il campionato con la Lanerossi Vicenza. Peccato che due giorni dopo la firma del nuovo contratto si romperà il crociato nella partita contro il Rimini (allenato da Arrigo Sacchi), nel campionato di C1 1984-‘85. Il lungo calvario del Divin Codino con gli infortuni inizia esattamente in questo modo.
Così subentra nella storia anche la figura estrosa, o “particolare” come la definì Luca Cordero di Montezemolo, di Antonio Caliendo, il suo storico procuratore. Caliendo saputo dell’infortunio bloccò in maniera repentina il trasferimento di Baggio all’ospedale di Vicenza per richiedere in maniera imprescindibile le cure del dottore francese Bousquet, il “mago” di Saint Etienne.
“Durante l’intervento mi hanno bucato la testa della tibia col trapano, poi hanno tagliato il tendine, lo hanno fatto passare dentro il buco, lo hanno tirato su e lo hanno fissato con duecentoventi punti interni. Hai capito bene: 220 punti. Quando mi sono svegliato dall’anestesia, ho avuto paura. La gamba destra era diventata così piccola che pareva un braccio. Apparivo come una strana mutazione genetica, con tre braccia e una gamba”.
Se pensate che si tratti di sfortuna vera, sappiate che dopo il ritorno e qualche partita di coppa finalmente in maglia viola, Baggio si rompe di nuovo, posticipando alla fine della stagione i primi lampi di genio con la Fiorentina, e che lampi. Il primo dipinto in Serie A arriva quando Roberto arriva a pesare 56 chilogrammi, uno scricciolo che segna contro il Napoli, nel maggio della stagione 1986-‘87, il primo goal nella massima serie. Un calcio di punizione all’angolino basso davanti agli occhi di chi? Di un certo Diego Armando Maradona che quasi assiste meravigliato e compiaciuto.
Per altri 3 anni (saranno 5 in totale), Roberto Baggio incanterà ed esalterà il tifo viola facendosi incoronare genio totale e calciatore di una classe talmente esagerata che risulterebbe riduttivo definirla a parole o con una playlist di best skills su Youtube o qualsiasi social.
Per tirare fuori un dato statistico, nella stagione 1989- ‘90, quando ha soli 23 anni, termina il campionato con 17 goal, secondo solo ad un certo Marco Van Basten, ma meglio di gente come Maradona, Klinsmann, Mancini, Schillaci e Rudi Völler. Fu proprio quella stagione, quella del campionato che ci accompagnava verso le “Notti Magiche” del Mondiale di Italia ’90, a incantare la Juventus e l’avvocato Agnelli.
Il corteggiamento inizia prima, allo scoccare sul calendario del nuovo decennio. I primi mesi del 1990 la Juventus prova a intavolare la trattativa ma a ostacolare il lavoro del club torinese c’è il Milan di Berlusconi e Galliani che si sono mossi prima e hanno già la parola di Caliendo per la firma.
L’offerta del Milan è di più 2 miliardi, anche se risultano solo indiscrezioni. Quella della Juventus invece distrugge il muro del suono e arriva a 25 miliardi. Agnelli avanza quella che è la cifra più grande mai spesa per un calciatore fino a quel momento sia in Italia che in Europa. Tutti iniziano a vacillare, soprattutto la famiglia Pontello che ha intenzione di cedere la Fiorentina e vuole far cassa. La classica offerta che non si può rifiutare, ma alle radici di un affare che sembrava inizialmente impossibile c’è ben altro.
Come abbiamo detto prima, c’è un incrocio tra calcio, politica e soprattutto affari tra due grandi imprenditori italiani, Pontello e Agnelli appunto. La notizia della possibile cessione inizia a filtrare ufficiosamente a febbraio, esattamente il 25. Qualche settimana dopo Roberto Baggio si rende protagonista di un’intervista in cui senza mezzi termini pronuncia testuali parole: “Scriverà il mio no alla Juventus anche sui muri”.
È subito polemica a Firenze: a muoverla sarà il Collettivo Autonomo Viola con una protesta che riunisce 5.000 tifosi. È solo il preludio a qualcosa di più grande. Caliendo chiederà espressamente alla Juventus di ritrattare la parola data al Milan. A mettere le cose a posto sarà l’Avvocato Agnelli impegnato in prima persona in un tavolo composto da Cesare Romiti, Silvio Berlusconi e Adriano Galliani.
L’Avvocato garantisce un occhio di riguardo in futuro a Berlusconi, sia in chiave calcistica che di business. Berlusconi non ci pensa più di tanto considerato il periodo storico e il periodo d’oro del Milan. Per di più Berlusconi è già impantanato nei problemi causati dall’affare Mondadori e non ha bisogno di farsi altri nemici pesanti.
Sull’altro fronte la famiglia Pontello non ha poi tanti motivi per fare muso duro alla Juventus e alla famiglia Agnelli, con cui in un certo senso è impegnata in un giro di affari. La famiglia Pontello è impegnata nel settore dell’edilizia e nella costruzione delle autostrade. In questo settore sono a stretto contatto lavorativo per i progetti all’estero con la società Cogefar, società del gruppo Acqua Marcia, da poco passato sotto la gestione Fiat. Il legame nello specifico si verificò per la costruzione dell’aeroporto di Manila.
Dopo l’incontro e la tavola rotonda a 4, Galliani chiama Caliendo e libera il procuratore dalla parola data in precedenza, parlando di affari più grandi che si sono sovrapposti nella questione e su cui è impossibile metterci parola. Di lì in poi il destino di Roberto Baggio è segnato e traccia sempre di più la strada verso la Torino di parte bianconera.
La cartina di tornasole che rende fattibile un affare impossibile, come abbiamo spiegato prima, sta nell’intreccio di interessi e affari tra la famiglia Pontello e gli Agnelli, oltre alla cifra stratosferica messa sul piatto dalla Juventus.
Roberto Baggio passa alla Juventus grazie al contratto siglato la sera del 17 maggio. Caliendo organizzerà subito dopo una conferenza stampa assurda in cui il Divin Codino si rifiuterà di indossare la sciarpa della Juventus per le classiche foto di rito. Baggio è quasi incredulo e confesserà che gli unici a rimetterci in questo affare saranno i tifosi della Fiorentina. Anche perché Baggio ricaverà 2 miliardi di stipendio e Caliendo il 10% dei compensi del calciatore. Cifre fuori contesto per l’epoca.
È il giorno dopo che scoppierà la guerriglia fiorentina. Una parte del tifo viola si riversa sotto la sede della Fiorentina a Piazza Savonarola, molto vicino al centro della città. Agli scontri con i poliziotti e al lancio di pietre, si alternano cassonetti dell’immondizia incendiati. Tanti feriti e addirittura 30 arresti. I tafferugli durano parecchie ore e si interrompono per pochissimi minuti solo quando in piazza, per raggiungere la sede del club, arriva Giancarlo Antognoni, l’ultimo idolo rimasto immacolato nel cuore dei tifosi della Fiorentina ancora oggi. Gli scontri continuarono anche il giorno dopo ma si spostarono a Coverciano, sede del ritiro della Nazionale e quindi rifugio momentaneo di Baggio arrivato con tanto di scorta. Davanti la sede storica della Nazionale si recarono 2.000 tifosi.
Ora Piazza Savonarola è conosciuta per essere la location preferita degli under 30 che a pochi euro trovano nel chiosco di Rosy, un ritrovo per bere enormi cocktail miscelati male ma dall’alta concentrazione alcolica, in una piazza bella grande per “bighellonare” come direbbe un fiorentino. Un posto in cui fare festa e chiacchierare spensierati, tutto il contrario del clima istaurato dai tifosi viola il 18 maggio 1990 alle ore 10.
In quel periodo Firenze era al centro di una possibile rivoluzione culturale e urbanistica ad opera del Pci. L’idea era quella di creare e unire, grazie ad un tram costruito sul livello della strada, un enorme spazio urbano che avrebbe collegato gran parte dell’hinterland fiorentino. Fu proprio il politico Achille Occhetto a bloccare tutto. Dopo questo gesto arrivò solenne la morte del Partito comunista italiano, e successivamente il collasso del sistemo politico italiano smantellato dall’inchiesta Mani Pulite.
Servì un evento sociale e politico dall’impatto devastante per riportare la gente in piazza, pronta a inveire e protestare contro Craxi e tutto il sistema. Prima però ci riuscì il calcio. Ci riuscì Roberto Baggio, un fatto non solo di calcio ma anche di origine sociale.