A volte bastava una semplice stoccata. Igor Tudor lo dimostrò in Champions League, quando entrò dalla panchina e tirò una conclusione come un missile terra-aria verso la porta avversaria. Fu un gol decisivo, uno dei tanti ma i ricordi europei legati al difensore arrivano da una gara al 93’. Decisiva per il passaggio del turno, ma soprattutto emblematica della simbiosi tra il croato e la Juventus.
Un rapporto forte e deciso quello di Tudor ai colori bianconeri, prima da calciatore e poi da (vice) allenatore lo scorso anno con Andrea Pirlo. Il croato – come sottolinea Massimo Maneggio – è un uomo di poche parole, incute timore ancora oggi con molti capelli in mano ma lo stesso fisico da gigante.
In Italia arrivò nell’estate del 1998 e la sua prima partita d’esordio fu a Perugia, quando il mondo si accorse più dell’esordio di Hidetoshi Nakata nella vittoria esterna per 4-3 della Juventus. L’anno dopo al “Curi” perse uno scudetto, ma continuò a macinare prestazioni di sostanza nonché qualche gol. Ben più di uno perché riusciva a segnarne almeno cinque di testa in ogni stagione con Marcello Lippi e Carlo Ancelotti.
Proprio tra Lippi e Tudor si creò una sorta di rapporto speciale. Non certo due uomini da facili risate, ma abbastanza risoluti in un campo di calcio. Tudor era una sorta di trasposizione del Lippi calciatore, ma con più vigoria soprattutto nei calci piazzati.
Lippi prendeva proprio il croato come un riferimento: in allenamento praticamente era richiamato ogni volta che doveva spiegare uno schema, proprio come metro di paragone. L’aneddotistica si spreca, Igor Tudor alla Juventus arrivò da ventenne anche con una tinta bionda non proprio meravigliosa, poi proseguì il suo percorso giocando sia nella difesa a tre che in uno schieramento a quattro.
Così come era impiegabile a centrocampo, nei casi d’emergenza ma anche per far salire meglio la squadra, spesso dando sostanza a un reparto se serviva della muscolarità. Vinse poi lo scudetto con Lippi nel 2002 e nel 2003, rivelandosi spesso decisivo.
Fu confinato da Fabio Capello, andando così per un anno e mezzo in prestito al Siena, ancora il bianconero nel cuore. Per tornare poi nell’anno della Serie B, quando già il fisico chiedeva il conto di tanti anni di attività ad altissimi livelli.