Quando l’arbitro belga John Langenus ha fischiato la fine della finale della Coppa del Mondo del 1930, questo gesto avrebbe dovuto segnare l’inizio delle cerimonie post-partita che da allora hanno seguito ogni finale. Ma le cose erano molto diverse al primo Mondiale.
La Coppa del Mondo del 1930 fu per sua stessa natura un torneo di primati. Lucien Laurent ha segnato il primo gol ai Mondiali, Bert Patenaude la prima tripletta ai Mondiali… ma il posto d’onore va a José Nasazzi, che il 30 luglio di quell’anno è diventato il primo dei 29 giocatori fino ad oggi che hanno capitanato la loro squadra alla vittoria in una finale di Coppa del Mondo o Coppa del Mondo femminile.
A novantuno anni anni da quel famoso giorno a Montevideo, Nasazzi mantiene il suo status leggendario nel calcio uruguaiano e mondiale. Il trionfo della Coppa del Mondo è stato il culmine di sette anni incredibili per la Celeste, che è stata incoronata tre volte campionessa sudamericana e due volte campionessa olimpica. Durante quei sette anni, Nasazzi è stato una figura sempre presente e il capitano della squadra in ognuna di quelle occasioni. Ha schierato la difesa dalla sua posizione di terzino destro, guadagnandosi il riconoscimento di “El Gran Mariscal” (“Il Gran Maresciallo”).
Nato da madre basca e da padre italiano di Esino Lario, Nasazzi, soprannominato dal 1917 al 1937 totalizzò ben 850 presenze nel campionato uruguaiano, primato tutt’oggi imbattuto. La sua carriera calcistica, avviata nei club di Montevideo del Lito, del Rolando Moor e del Bella Vista, conobbe la svolta nel 1933, quando Nasazzi, già campione affermato, passò al Nacional, con cui peraltro aveva già militato per alcuni mesi nel 1925. Dei tricolores formò il baluardo difensivo insieme al brasiliano Domingos Da Guia, contribuendo alla conquista dei due titoli nazionali del 1933 e del 1934. Nasazzi giocò inoltre ben 63 partite (di cui 39 ufficiali) con la nazionale uruguaiana.
Ma questa che stiamo raccontando non è una storia sulle partite che si sono svolte in quel primo Mondiale. Facciamo invece luce su come, al primo Mondiale, i protocolli che ora diamo per scontati, dovessero ancora diventare prassi standard. Quando Langenus fischiò la fine della finale del 1930, i giocatori uruguaiani iniziarono un giro d’onore celebrativo, culminato con la squadra in piedi davanti all’imponente Torre de los Homenajes e salutando mentre la bandiera uruguaiana veniva spiegata in cima. Ma è qui che la storia di Nasazzi e della sua vittoriosa squadra uruguaiana prende una svolta inaspettata.
I frammenti di film che sono stati conservati mostrano la squadra che sfila con un trofeo intorno al campo. Ma non era quello della Coppa del Mondo! Una foto da terra ci offre qualche dettaglio in più di una grande coppa d’argento nelle mani di Pablo Dorado. Sembra che nessuno possa far luce su questo trofeo, da dove è venuto e dove si trova ora. Quello che sappiamo è che la coppa del Mondiale disegnata da Abel Lafleur e portata in Uruguay da Jules Rimet sul transatlantico Conte Verde non è stata consegnata a Nasazzi al termine della partita davanti agli spettatori dello stadio Centenario. Infatti, per i tre anni e mezzo in cui il trofeo la Coppa del Mondo è stata in Uruguay, si è distinta per la sua assenza! Con un’eccezione…
Il giorno in cui il presidente della FIFA Jules Rimet sbarcò dal Conte Verde all’inizio di luglio 1930, fu accolto da una delegazione della Federcalcio uruguaiana guidata dal suo presidente, Raul Jude. I due sono stati poi fotografati con il trofeo a un banchetto, celebre la foto apparsa sulla stampa il giorno successivo, domenica 6 luglio. Il trofeo scompare quindi completamente alla vista, apparentemente conservato nei sotterranei del Banco República a Montevideo, fino a quando non riappare in una fotografia durante il suo viaggio di ritorno in Europa nel 1934. Quindi, quello che avrebbe dovuto essere l’inizio dell’ormai consolidata tradizione di consegnare il trofeo della Coppa del Mondo al capitano vincitore non è mai stato un onore accordato a José Nasazzi, a differenza dei 28 che lo seguirono.
Ma la storia non finisce qui. Nella collezione del Museo FIFA, c’è una medaglia d’oro assegnata a Nasazzi dalla Federcalcio uruguaiana. Mentre non c’è niente di strano negli organi di governo che danno ulteriori segni di apprezzamento ai giocatori vincitori della Coppa del Mondo, anche il giorno della finale del 1930 erano assenti le medaglie dei vincitori e dei secondi classificati della Coppa del Mondo che tradizionalmente fanno anche parte del cerimoniale allo stadio.
Al Congresso di Budapest del 1930 a maggio, il Comitato generale della FIFA aveva approvato il conio di queste medaglie. Il verbale ricorda che “a ricordo dell’Uruguay sarà offerta una targa di bronzo. Agli 11 giocatori della squadra vincitrice e all’arbitro della partita finale saranno consegnati distintivi d’oro secondo il modello di questa targa, quelli d’argento alla squadra perdente in finale”.
Non si sa nulla sul conio di queste 23 medaglie da parte di Abel Lafleur, ma non hanno viaggiato con Jules Rimet e il trofeo in Uruguay. Solo quasi quattro mesi dopo, l’11 novembre, si è tenuta una cerimonia presso la sede della Federcalcio uruguaiana per consegnare le medaglie d’oro dei vincitori realizzate dalla FIFA agli 11 giocatori uruguaiani che hanno preso parte alla finale. Il passato, come si suol dire, è davvero un paese straniero.
Nonostante non ci fosse una foto di Nasazzi con in mano il trofeo della Coppa del Mondo, e lui e il resto della squadra dovessero aspettare che arrivassero le medaglie della FIFA, per Nasazzi il trionfo della Coppa del Mondo del 1930 rappresentò l’apice della sua carriera. Ma come sempre accade, l’epoca d’oro dell’Uruguay volgeva al termine.
Mario Bocchio