La storia di Massimo Ciocci ricorda un po’ quella attuale di Andrea Pinamonti. Enfant prodige del vivaio nerazzurro, si fece notare ed apprezzare per la sua vena realizzativa tanto da meritare ad un certo punto la stima e le attenzioni di Giovanni Trapattoni. Il Trap, così come aveva fatto a centrocampo con Minaudo (ricordate il suo goal nel derby?) lo inserì a poco a poco in pianta stabile nella rosa della Beneamata.
Ciocci era lesto e veloce e aveva caratteristiche tecniche che ben si sposavano all’inizio sia con Spillo Altobelli che con Karl Heinz Rummenigge, che poi anche con Aldo Serena. Da sedicesimo uomo (era quello il numero di maglia del primo attaccante di riserva) conquistò uno spazio considerevole, siglando anche qualche rete pesante.Specialmente nella stagione ‘87-88’, con il non disprezzabile score di 22 presenze e 4 goal, di cui due in una storica doppietta alla Roma di Nils Liedholm. Che, però, non gli valsero la conferma l’anno dopo, quando si decise di mandarlo in prestito altrove per farlo maturare ancor più.
Al suo posto un altro prodotto del vivaio: quel Dario Morello che fece poi una carriera anche migliore e che, subentrando dalla panchina, diede spesso fiato all’atomico duo Diaz-Serena nella celebre stagione dei record. Ciocci, dopo esperienza positive all’Ancona (18 reti) e al Cesena (13 reti) tornò in nerazzurro soltanto nella stagione ‘91-92’, con Corrado Orrico in panchina.
Doveva essere il momento della sua esplosione e, invece, salvo un inizio promettente (sua la rete del pareggio nella prima gara contro il sorprendente Foggia di Zeman), fu la fine della sua avventura all’Inter. Con quell’unica rete in saccoccia, nonostante ben 28 presenze stagionali. Di lui si persero gradualmente le tracce ed il “piccolo Buitre”, come era soprannominato all’inizio, scomparve dalla considerazione generale. Anche se la rete più grande la mise a segno anni dopo: sconfiggendo un tumore all’intestino. Una rete fuori dal campo, ma siglata con pari efficacia e bravura.
Christian Montanaro