Alberto José Poletti è nato il 20 luglio 1946 a Buenos Aires, Argentina. Fin da giovane entra a far parte delle giovanili dell’Estudiantes e nel 1964 viene promosso in prima squadra. Non ci volle molto per affermarsi. Ha vinto il campionato argentino nel 1967, la Coppa Intercontinentale nel 1968 (contro il Manchester United), la Copa Libertadores nel 1968 e nel 1969 e la Coppa Panamericana nel 1969.
Le sue prestazioni fecero presagire un brillante futuro. Ma… La finale della Coppa Intercontinentale del 1969 contro il Milan ebbe però per lui una brutta conclusione.
Gli argentini che già avevano nel mirino e particolarmente in odio il rossonero Combin, definito “traditore” perchè di origini argentine ma naturalizzato francese, iniziarono da subito a picchiare i giocatori del Milan ogni qualvolta uno di essi entrava in possesso di palla. Il vantaggio rossonero arrivò con Rivera che, alla mezz’ora di gioco, su passaggio filtrante di Combin scartò Poletti in uscita e depositò la palla in rete. Il gol, che di fatto mise in cassaforte il trofeo a favore dei rossoneri, infastidì in maniera particolare Poletti che perse la trebisonda e iniziò il suo personale e show: prima calciò il pallone raccolto in fondo alla rete verso il centrocampo con la chiara idea di colpire qualche giocatore rossonero e poi, non pago si scagliò sui rossoneri festanti colpendo il povero Lodetti.
Il portiere argentino colpì poi con un calcetto “simpatico” un giocatore rossonero infortunato a terra mentre il medico sociale Monti gli stava prestando le cure del caso. Ciò nonostante, Poletti la passò sempre franca con l’arbitro cileno Domingo Massaro che parve chiaramente poco adatto alla direzione di una gara di tale spessore. Nonostante due gol segnati dall’Estundiantes, il risultato finale di 2-1 per gli argentini, consentì al Milan di vincere il trofeo. Ci furono due espulsi tra gli argentini, Aguirre-Suarez, che mise ko proprio Nestor Combin con una violenta gomitata e poi Manera che sferrò un pugno a Rivera. Ma la conta più numerosa fu quella dei “feriti” rossoneri: il portiere Cudicini, Rivera, Maldera, Combin, Prati.
Fu una guerra più che una partita di calcio. Ma lungi dall’essere soddisfatto, il “buon” Poletti mise a segno il capolavoro finale allorchè pensò bene di unirsi ai festeggiamenti rossoneri scagliandovisi contro come un pazzo. Indubbiamente una “figuraccia” di fronte agli occhi di tutto il mondo del calcio puntati, quella notte, su Buenos Aires. Il giorno dopo quella guerra, la federazione di calcio argentina, che aveva nella dittatura militare il suo cuore pulsante, fu praticamente “costretta” a silurare il “buon” Poletti. Il portiere fu radiato a vita da ogni competizione per dare l’ “esempio” agli altri esagitati animi che si muovevano nel movimento calcistico argentino. Dopo poco meno di un anno da quella pazza notte di ottobre, tuttavia, Alberto Poletti fu graziato. Ma non per conto dell’Estudiantes, che lo ha liberato, con il risultato che Poleti ha firmato per Club Atlético Huracán. Giocò però poche partite per via della precedente inattività, sconfortato per aver fallito l’assalto alla maglia da titolare, verso la fine del 1971 andò a New York, dove si allenava da solo.
Poi, nell’aprile del 1972, arrivò la proposta dell’Olympiakos di Atene di Nikos Goulandris, che cercava avidamente un buon portiere per costruire un efficace reparto difensivo. Il “portiere volante” – come lo chiamavano i giornali per quanto aveva fatto vedere ai bei tempi dell’Estudiantes – accetta di andare in Grecia, dove viene allestita una grande festa per il “grande trasferimento”. Il costo del trasferimento raggiunse l’enorme cifra di 1.700.000 dracme per l’epoca e martedì 4 marzo 1972, quando Poletti sbarcò in Grecia, in aeroporto trovò una grande folla, così come l’intero Consiglio dell’Olympiakos ad accoglierlo.
Il giocatore si disse emozionato e orgoglioso di giocare per l’Olympiakos, che aveva conosciuto per via della grande vittoria sul Santos che “ha fatto scalpore in America Latina” . Lo stesso giorno andò al suo primo allenamento, alla presenza della stampa. Poletti, nello spirito dell’epoca, arrivò in Grecia come “espatriato” dall’Argentina. Scese in campo per la prima volta il 12 aprile, in un’amichevole con gli scozzesi dell’Aberdeen. La partita finì 2-2 con Poletti che realizzò dei buoni interventi e con gli scozzesi che fallirono diverse occasioni. L’allora allenatore della squadra, Alan Asman, fin dai primi giorni sembrava un po’ cauto, ma un po’ l’entusiasmo di Goulandris, un po’ del clima di euforia per questo acquisto, mitigarono le sue preoccupazioni.
Seguì un’altra partita, la vittoria per 4-2 sull’Anorthosis, in cui Poletti subì due gol di cui si assunse la piena responsabilità. Sia la stampa che i tifosi furono indulgenti, poiché ritennero che il portiere argentino avesse bisogno di tempo per ritrovare i piedi e la resistenza, dopo quasi un anno di inattività. Incominciarono i preparativi per la nuova stagione e iniziarono le amichevoli… L’Olympiakos il 13 giugno affrontò il Corinthians, dove giocò in prestito l’asso del West Ham, Bobby Moore. I brasiliani vinsero comodamente 0-2 con Poletti in generale positivo, anche se a volte in ritardo nelle uscite. Seguì l’amichevole con il PAOK tre giorni dopo, con l’Olympiakos sconfitto 1-0 e Poletti che prosegue con lo stesso schema strappa la sufficienza. Seguì un un’ulteriore serie di test culminata con il 2-2 con il Leeds il 7 agosto e l’1-3 con il Real, gara in cui Poletti mise in campo una bruttissima prestazione, in quanto invece di ritrovare la forma sembrò essere sempre più titubante e inefficace. Alan Asman, prima di andarsene dall’Olympiakos, aveva informato la dirigenza che Poletti aveva un problema a una gamba e il nuovo allenatore, Lakis Petropoulos, riscontrò lo stessodopo le due amichevoli sopracitate. Dopo diversi allenamenti, Petropoulos chiese a Goulandris di trovargli urgentemente un portiere in quanto i lievi infortuni di Poletti e la sua presenza in generale non ispiravano alcuna fiducia e così venne prelevato Panagiotis Kelesidis dal Panserraikos. In un’intervista del 28 novembre 1972, l’ex allenatore dell’Olympiakos, Alan Asman, confessò l’ovvio: “Nessuno aveva parlato di menisco o di qualsiasi altro problema. Ma con il primo allenamento mi sono reso conto che c’era qualcosa che non andava”. Poletti in pratica giocava solo con una gamba, perché l’altra gli faceva male e aveva poca sensibilità. In tali condizioni non poteva sicuramente fornire buone prestazioni.
Aveva bisogno di un intervento chirurgico. Accompagnato da Goulandris, Poletti si reca in Inghilterra per essere operato dall’ortopedico austriaco Sugert. L’operazione andò buon fine ma il periodo postoperatorio fu lungo e l’umore di Poletti venne meno giorno dopo giorno. Come previsto, il suo contratto con l’Olympiakos venne rescisso e il giocatore fu libero di tornare in patria. Il 13 giugno 1973 Poletti, prima di partire per l’Argentina, rilasciò un’intervista in cui, alla domanda su cosa avrebbe fatto al suo ritorno, disse in modo disarmante: “Non farò niente. Non ho un problema professionale o finanziario. Ho tre case. Ne affitto una e ricevo l’affitto. Ho un pezzo di terra, mi occuperò della sua coltivazione. Per il momento non posso giocare a calcio, se trovo una squadra come assistente, lavorerò come fanno tanti veterani”. Alberto Poletti ha lasciato il calcio all’età di 27. Come detto, si valutò il suo trasferimento in Grecia 1.700.000 dracme, ma Poletti affermò di aver firmato per $ 5.000 mentre la sua squadra aveva ricevuto $ 18.000. Nella proporzione del tempo, rispettivamente 150.000 e 540.000 dracme. Fino a 1.700.000, manca un intero milione di dracme. Calò così il sipario sulla carriera sportiva del portiere cattivo, che nel Vecchio continente in pratica giocò solo amichevoli e che, tornato in Argentina, alla fine si dedicò a coltivare la terra.
Mario Bocchio