E adesso non resta che aggrapparsi ai corsi e ricorsi storici. La Juventus perde contro il Sassuolo come era successo solo un’altra volta nella storia. Esattamente sei anni fa, il 28 ottobre 2015 al Mapei Stadium si consumò uno dei ko più storici per i bianconeri nell’era recente del club e non solo perché, all’epoca, perdere per la Juventus era davvero un evento più unico che raro. Non quell’anno, però, non in quell’inizio di stagione da incubo, che sembrò preludere al peggio dopo quel 2-1. E invece, toccato il punto più basso, Max Allegri, che proprio dopo una sconfitta contro il Sassuolo fu esonerato dal Milan nel gennaio 2013, fece partire una rimonta sensazionale e storica alla base del quinto scudetto di fila della serie di nove che si sarebbe chiusa nel 2020.
Già, ma purtroppo per i tifosi juventini il paragone tra i due momenti sembra reggere poco. Perché in primo luogo a non reggere è il parallelo tra le due rose. E forse anche dei momenti della carriera dello stesso Allegri. All’epoca la classifica era anche peggiore rispetto a quella di oggi, ma a fare la differenza da quella notte in poi fu la personalità di alcuni leader dello spogliatoio: da chi oggi non c’è più, come Gigi Buffon o Patrice Evra, a chi c’è ancora, ma non sembra più in grado di dare la scossa all’ambiente, come Giorgio Chiellini e Leonardo Bonucci.
Ecco allora che per Allegri la panchina numero 200 con la Juventus in Serie A, terzo allenatore a entrare nell’illustre club dopo Giovanni Trapattoni (402) e Marcello Lippi (258), si è trasformata in un incubo e in una litania di inevitabili confronti e di cifre da brivido. Proprio come nel 2015-‘16 la Juventus ha già perso tre partite delle prime 10 di campionato: nell’era dei tre punti era successo solo un’altra volta, nel 1996. In quel 2015 arrivò lo scudetto, mentre 25 anni fa a Torino a fine stagione misero in bacheca la Champions League.
Ricordi lontanissimi, così come il parallelo con la partenza dell’ultima stagione “allegriana” della Juventus: nel 2018-‘19 a questo punto della stagione i bianconeri avevano 28 punti, figli di nove vittorie ed un pareggio. Allegri sta però facendo peggio, anzi molto peggio, anche rispetto a Maurizio Sarri e Andrea Pirlo e sono proprio questi i paragoni più efficaci, in particolare quello con il Maestro, che aveva a disposizione una rosa di fatto identica a quella attuale, eccetto Cristiano Ronaldo in più ed un Locatelli ed un Kaio Jorge in meno. Dopo le prime dieci partite giocate in campionato un anno fa la Juventus aveva 20 punti ed era imbattuta, avendo messo insieme cinque vittorie e cinque pareggi.
La vetta era già lontana, di sette punti, mentre oggi il primo posto ne dista tredici. Sarri viaggiava già a 26 punti, il doppio di quelli attuali, ma più che i numeri della classifica è efficace marcare la confusione a livello di gioco. Le illusorie vittorie di misura contro Torino e Roma e il soffertissimo pareggio contro l’Inter avevano mascherato le difficoltà della squadra a fare la partita.
“Questa è una Juve da contropiede” aveva sentenziato Allegri, ma il teorema è fallito nella prima occasione in cui la squadra si è trovata in svantaggio e non ha potuto agire di rimessa dopo aver sbloccato il risultato o non ha potuto beneficiare di un episodio come successo a San Siro.
Appena si è trattato di cambiare spartito non solo nessuno in casa Juventus è riuscito a far cambiare passo alla squadra a livello di gioco, ma soprattutto nessuno ha saputo prendere per mano la squadra a livello carismatico. Paulo Dybala, capitano di serata, non è andato oltre qualche azione individuale, Federico Chiesa continua ad agire troppo lontano dalla porta per essere decisivo e a centrocampo, franato anche Locatelli, è emersa la totale assenza di trascinatori a livello tecnico e carismatico. Il 4-4-2 disegnato da Allegri non sembra essere l’abito più adatto alla squadra dal punto di vista tattico, ma a difesa dell’allenatore livornese va detto che la struttura stessa della rosa rende difficile individuare un modulo funzionale, viste le caratteristiche ibride di molti giocatori, su tutti quel Dejan Kulusevski impalpabile tanto quando gioca dall’inizio, come contro l’Inter, quanto quando subentra per dare la teorica scossa, come contro il Sassuolo.
Lo svedese, acquistato nel gennaio 2020 per 35 milioni, è allora il simbolo delle ultime, disastrose campagne acquisti operate dalla società. Quell’investimento è andato a sbattere contro quello effettuato soli pochi mesi dopo per Chiesa, privando di milioni utili per finanziare innesti in altri reparti, come il cuore del centrocampo o dell’attacco. La società con il presidente Andrea Agnelli in testa aveva sperato che la personalità di Allegri potesse bastare per rimettere la nave sulla rotta giusta. L’esperimento sembra avviato al fallimento: a fine ottobre lo scudetto è già utopia. All’allenatore il compito di far capire alla squadra che entrare in zona Champions è fondamentale soprattutto in ottica futura. Per mettere le basi di un nuovo ciclo.