Dici Lazio. Dici Inter, Dici 4-2 per i biancocelesti. Dici “scudetto perso all’ultima giornata”. Per i tifosi nerazzurri son dolori, i ricordi vanno immediatamente al pomeriggio del 5 maggio 2002, una delle pagine più nere nella storia del Biscione, un dramma sportivo vero e proprio. Un titolo che sembrava già conquistato, gli ultimi novanta minuti da giocare in casa di una Lazio senza più pretese. Poi i disastri di Gresko, i gol di Poborsky, le lacrime di Ronaldo, quel tricolore che sfugge dalle mani nerazzurre e prende la via di Torino, sponda bianconera. L’epilogo più incredibile della storia della serie A a girone unico.
Non c’è calciofilo italiano che non conosca la storia di quel 5 maggio. Forse però non tutti sanno ( e ce lo ricorda “Libero Palone“) che quel Lazio-Inter ha un precedente datato 1935, un precedente che per i nerazzurri, col senno di poi, suona beffardamente e tragicamente curioso. Proprio come quello del 2001-‘02, il campionato del 1934-‘35, il sesto a girone unico nella storia del calcio italiano, regala un finale mozzafiato, che a 180′ dall’epilogo vede ben tre squadre ancora in lizza per il titolo. Si tratta della Juventus, quella del Quinquennio, dell’Ambrosiana Inter del “Balilla” Peppino Meazza e della Fiorentina, sorpresa del torneo.
La popolarità del calcio nell’Italia fascista è ormai esplosa fragorosamente, merito anche dei Mondiali giocati nell’estate del ’34 negli stadi dello Stivale e vinti proprio dagli Azzurri di Vittorio Pozzo. Una vittoria non priva di polemiche: dall’estero in tanti sostengono che la vittoria azzurra sia stata favorita da arbitraggi non esattamente imparziali. Qualcuno parla di pressioni dall’alto, arrivate direttamente dal Duce, che non si sarebbe fatto scrupoli di sorta pur di vedere la sua Italia fascista in cima al mondo, sebbene si trattasse solamente del mondo del pallone. Tutt’ora non è chiaro quanto di vero ci sia in queste accuse e quanto sfoci nelle illazioni, ma questa è decisamente un’altra storia.
Il campionato di serie A ’34-’35 è quello dell’esplosione di Silvio Piola, autore di 21 reti con la sua Lazio, è il campionato che vede il romanista Henrique Guaita laurearsi capocannoniere con 28 reti, lui che qualche mese più tardi, dopo lo scoppio della guerra d’Etiopia, se la darà a gambe ritornando in Argentina per evitare l’arruolamento. La serie A vede al via per la prima volta 16 squadre e mantiene le forti tinte settentrionali: solamente Napoli e Palermo rappresentano il Mezzogiorno nella massima serie. Alla resa dei conti, come abbiamo detto, sono tre le squadre che ancora puntano allo scudetto. I Viola del marchese Ridolfi cercano il loro primo titolo, i nerazzurri milanesi vogliono centrare quello scudetto che manca dal 1930.
La Juventus, invece, ha nel mirino il quinto tricolore consecutivo, ma viene da una stagione più travagliata del previsto, una stagione segnata da uno scandalo che, ancora oggi, ha contorni poco chiari. Siamo nel dicembre del ’34, quando una notizia clamorosa sconquassa la Torino bianconera: Carlo Carcano, il condottiero dei quattro scudetti consecutivi, è stato licenziato. Eppure la Juventus è pienamente in corsa per lo scudetto, e non si hanno notizie di dissapori tra l’allenatore e i giocatori. Perchè, allora, procedere all’esonero di un tecnico che ha dato così tanto ai bianconeri? Le ragioni, si scoprirà tempo dopo, vanno ricercate fuori dal rettangolo di gioco: a risultare fatale a Carcano è la sua presunta omosessualità, aspetto che nel calcio rappresenta un tabù ancora oggi, figurarsi in epoca fascista. A una manciata di giornate dal termine del torneo, poi, anche “Mumo” Orsi, colonna dei successi bianconeri e azzurri, dice addio: anche lui, come Guaita e come tanti altri oriundi, preferisce fare ritorno nella natìa Argentina, per non rischiare di essere spedito a combattere in Etiopia.
I bianconeri, pur scossi da questi improvvisi cambiamenti, rimangono al vertice e arrivano in primavera in piena corsa per il quinto titolo consecutivo. Due giornate al termine, tre squadre in lizza, dicevamo. Al penultimo turno, però, la Fiorentina fa harakiri: ad Alessandria i Grigi vincono 2-0 e spengono le speranze viola. Nel frattempo, la Juventus si sbarazza della Pro Vercelli con un perentorio 3-0, mentre l’Ambrosiana sommerge il Torino con un 4-0 ancor più netto. La corsa a tre diventa un duello, un duello tra due squadre appaiate a 42 punti che designerà il suo vincitore nel pomeriggio del 2 giugno, che nell’Italia del 1935 è ancora un giorno come un altro. La Fiorentina, però, non è ancora del tutto esclusa dalla corsa scudetto: già, perchè nell’ultimo atto la Juventus sarà di scena proprio sul campo di Firenze, mentre l’Ambrosiana scenderà a Roma per affrontare una Lazio che non ha ormai più nulla da chiedere al campionato. Proprio come nel 2002.
E proprio come nel 2002, i nerazzurri sembrano partire favoriti. Anche la Fiorentina, per la verità, è ormai priva di obiettivi, ma i viola restano squadra ostica: basti pensare che sulla loro panchina siede Guido Ara, uno che ha coniato il detto “il calcio non è un gioco per signorine”. La Juve non avrà vita facile a Firenze. E lo scudetto sembra prendere la via di Milano quando al settimo minuto il nerazzurro Porta batte Blason, estremo difensore biancoceleste, e sigla l’1-0. Al 12′, però, Levratto, ex Ambrosiana ora in forza alla Lazio, pareggia i conti: 1-1, partita in parità e corsa scudetto di nuovo in equilibrio. Al 22′ il ribaltone: Silvio Piola segna ancora per la Lazio, 2-1 e scudetto che ora è virtualmente cucito sulle maglie bianconere. La Juventus, a Firenze, è bloccata sullo 0-0, ma un punticino, al momento, può bastare. Si va all’intervallo con questi parziali e con i bianconeri temporaneamente campioni d’Italia. Nella ripresa l’Ambrosiana ha l’immediata chance per rimettere le cose a posto: l’arbitro Scorzoni concede un rigore ai nerazzurri, ma Mascheroni si fa sopraffare dalla tensione del momento e fallisce clamorosamente.
Lo sconforto dei tifosi milanesi si trasforma in disperazione quando Ferrari, a Firenze, porta in vantaggio la Juventus a meno di quindici giri d’orologio dal termine. L’Ambrosiana crolla, Piola gonfia ancora la rete e fa 3-1. Ora serve un miracolo. Meazza non molla e segna il 3-2, mentre a Firenze si rimane sullo 0-1. Allo scadere la pietra tombale sui sogni nerazzurri: Silvio Piola firma il suo tris personale e fissa il punteggio sul 4-2. È la sera del 2 giugno 1935: la classifica della serie A recita “Juventus 44, Ambrosiana Inter 42”. L’Ambrosiana perde uno scudetto che sembrava già vinto, la Juventus completa il suo Quinquennio d’Oro ed entra nella leggenda del calcio italiano. I tifosi nerazzurri sperano che un incubo così non ritorni mai più.E invece tornerà, 67 anni dopo.