Se un giorno riusciste ad avere l’onore e la fortuna di scambiare due parole con Papa Jorge Bergoglio e gli chiedeste quale calciatore, nei 84 anni di vita, lo ha emozionato di più, la risposta potrebbe sorprendervi. Nè Messi nè Higuain: Papa Francesco non avrebbe esitazioni, e vi risponderebbe facendo il nome di Renè Alejandro Pontoni, attaccante argentino nato nel 1920 a Santa Fè, nel barrio della Facultad. Un’ammirazione, quella dell’attuale pontefice, nata nell’ormai lontano 1946. La Seconda guerra mondiale era da poco terminata, il mondo stava faticosamente cercando di rialzarsi dopo il sanguinoso conflitto: in Argentina, il San Lorenzo de Almagro, squadra di cui il piccolo Jorge Bergoglio è tifosissimo, domina e vince il campionato. Il centravanti e trascinatore del Ciclòn è proprio lui, Renè Alejandro Pontoni.
Non è stata un’infanzia facile, quella di Pontoni, che nelle vene porta qualche goccia di sangue italiano: il padre, infatti, è originario di Saluzzo, provincia di Cuneo, mentre le radici dei nonni materni affondano a Moretta, altro centro del saluzzese. Infanzia difficile, dicevamo: quando Renè ha quattro anni, il padre Hermenegildo muore. Ad appena dodici anni, quindi, il quinto figlio della famiglia Pontoni è costretto a trovarsi un lavoro. Il fratello maggiore decide di portarlo con sè a vendere uova: attività che, qualche anno più tardi, farà nascere il soprannome di Renè, “Huevito”. Nella vita del dodicenne argentino, però, non c’è solo il lavoro. Come tanti, tantissimi suoi coetanei, Pontoni ama tirare calci ad un pallone: lo fa nelle giovanili del Gimnasia y Esgrima, società di Santa Fè, con il quale debutta in sesta divisione. Le difficoltà economiche della sua famiglia, però, aumentano ulteriormente: Renè è costretto ad accantonare il calcio nel 1934 per dedicarsi al lavoro in un’officina. Ma il più giovane dei Pontoni col pallone ci sa proprio fare: è un attaccante completo, ha tecnica sopraffina, calcia con entrambi i piedi, e, fondamentale per un centravanti, vede la porta in maniera sensazionale. I dirigenti del Gimnasia non sono disposti a lasciarlo andare a cuor leggero, cercano di convincerlo a tornare sui propri passi.
E ce la fanno: Renè, però, durante il periodo di inattività, ha preso la bellezza di 30 chili. Un problema non da poco, se nei tuoi progetti c’è quello di fare il calciatore. Renè non è un tipo arrendevole: lavora duramente per mesi, fino a ritornare al suo peso forma. Il ritorno in campo ufficiale è datato 1937: si gioca Gimasia y Esgrima-Ferro Carril, Pontoni mette a segno quattro reti, i santafesini vincono e si coccolano il loro giovane campione. Un campione a cui, nel 1940, il Gimnasia permette di spiccare il volo: per la somma di 22 mila pesos Renè passa al Newell’s Old Boys, con cui il 30 giugno 1941 debutta in Primera Division giocando contro il San lorenzo. Quasi un segno del destino. Renè segna, segna tanto, nella sua prima stagione il suo Newell’s giunge terzo alle spalle di River Plate e San Lorenzo. Una vena che Pontoni non perde nelle successive stagioni: la sua esperienza al Newell’s si concluderà nel 1945 dopo 110 gare e 67 reti, per un “promedio” realizzativo dello 0,61%, il più alto nella storia del club di Rosario.Durante la sua permanenza al Newell’s Renè si toglie anche la soddisfazione di esordire in nazionale: il debutto è datato 25 maggio 1942, in occasione di Argentina-Uruguay.
L’albiceleste vince 4-1, Renè butta due palloni in fondo al sacco confermando il suo straordinario feeling con i debutti. Pontoni, a fine carriera, totalizzerà con l’Argentina 19 apparizioni e altrettanti gol: così, per non perdere il vizio anche lontano dalla sua squadra di club. Nel 1945, comunque, “Huevito” firma con il San Lorenzo de Almagro: l’esordio è, manco a dirlo, con il botto. E’ il 22 aprile 1945, si gioca San Lorenzo-Gimnasia La Plata, Renè segna una tripletta, gli azulgrana vincono 4-1.
Chi ben comincia è a metà dell’opera, Pontoni nel 1946 porterà il Ciclòn al titolo con 20 reti, andando a formare con i compagni Farro e Martino un tridente da sogno, che viene soprannominato “El Terceto de Oro”. È proprio in questa magica annata che i destini di Pontoni e del piccolo Jorge Bergoglio, che all’epoca ha nove anni, si incrociano: di quel campionato concluso in trionfo, il futuro pontefice non si perde nemmeno una gara casalinga. Pontoni è il suo idolo, un idolo che lascerà in lui un segno profondo. Quasi settant’anni dopo, il 13 agosto 2013, Jorge Bergoglio, nel frattempo diventato Papa Francesco I, accoglierà in Vaticano le delegazioni di Italia e Argentina, alla vigilia di un’amichevole da giocare all’Olimpico di Roma.
Il pontefice esordirà dicendo: “A ver se alguno de ustedes se anima a hacer un gol como el de Pontoni”. Tradotto, “Vedremo se qualcuno di voi sarà in grado di fare un gol come quello di Pontoni”. Il riferimento è ad una rete messa a segno da Pontoni in un 5-0 contro il Racing di Avellaneda: stop con il petto al limite dell’area, pallonetto ad eludere l’intervento dei difensori e tiro al volo.
Quell’amichevole finirà 2-1 in favore dell’albiceleste. Non ci è dato sapere se Higuain, Banega e Insigne, con le loro reti, siano riusciti a far rivivere al pontefice quelle emozioni che, all’età di nove anni, Renè Pontoni detto “Huevito” era in grado di regalargli. Quel San Lorenzo, però, non era solo Pontoni. Il Ciclòn era un vero squadrone.
A rendere l’idea della sua grandezza, i risultati che gli azulgrana fecero registrare durante la loro tournèe europea, a cavallo tra il 1946 e il 1947: 4-1 all’Atletico Madrid, che allora ancora portava il nome di “Atletico Aviacion”, 6-1 alla selezione spagnola, 10-4 alla selezione portoghese, 9-4 al Porto. Squadrone, appunto. Pontoni, nelle dieci esibizioni, mise a segno dodici reti.
La carriera di Renè si schiantò bruscamente nel 1948, quando un contrasto con Rodolfo De Zorzi, difensore del Boca Juniors, gli procurò al rottura del legamento crociato del ginocchio e la frattura di rotula e menisco. Al suo ritorno, nel ’49, Renè si trasferì all’Independiente Santa Fè, in Colombia. La media realizzativa fu buona, con 27 centri in 44 incontri, ma lo scintillante campione ammirato con la maglia del Ciclòn era ormai un pallido ricordo. Pontoni proseguì in Colombia nel Deportes Quindìo, prima di emigrare in Brasile, dove ad accoglierlo fu la Portuguesa. Nel 1954 l’ultima stagione da giocatore, con il suo grande amore, il San Lorenzo, prima di appendere le scarpette al proverbiale chiodo. Presenze 273, reti 165, per un invidiabile “promedio” dello 0.60 %: questi i numeri di “Huevito” a fine carriera. Pontoni, una volta salutato il calcio giocato, fece per qualche annata il direttore sportivo del Ciclòn, prima di aprire nel 1963 una pizzeria, “La Guitarrita”, a Buenos Aires, assieme al cognato Mario Boyè, compagno nell’albiceleste e avversario durante la sua militanza con il Boca Juniors. La pizzeria è aperta ancora oggi e gestita dai suoi nipoti.
Renè esalò l’ultimo respiro il 14 maggio del 1983. La storia di Renè Pontoni e del suo destino che si intreccia curiosamente con quello del nostro pontefice è raccontata nel libro di Lorenzo Galliani, giornalista bolognese collaboratore dell’Avvenire: “Renè Pontoni, il giocatore preferito del Papa Bergoglio” il titolo, Minerva l’editore. Molti giocatori hanno incantato le folle, molti hanno fatto incetta di trofei. Ma quanti possono vantarsi del titolo di “giocatore preferito del Papa”?