Un ruolino di marcia quello di Romano Cazzaniga che ha origine dalla Serie D nelle fila del Poggibonsi. Da lì una carriera che lo vede passare in Serie C con la Pro Patria, con cui ha già disputato le giovanili e dove rimane per tre stagioni per poi militare in Serie B con Monza, Reggina e Taranto.
In Brianza suo allenatore è Gigi Radice, che si ricorda di lui al momento di fare le valigie per allenare il Torino, scegliendolo come vice di Luciano Castellini. Da numero 12 Cazzaniga si dimostra il classico portiere di rincalzo, capace di rispettare le consegne senza causare dualismi con il titolare e di farsi trovare pronto in caso, peraltro non infrequente, di infortunio o indisponibilità del titolare.
La sua professionalità viene premiata con tre presenze nell’anno dello storico scudetto 1976 e quattro l’anno successivo, nelle quali ottiene un piccolo record, subendo complessivamente una sola rete dall’ascolano Silva (in realtà venne battuto anche da Bettega nel derby del 28 marzo 1976, ma la rete venne annullata dal giudice sportivo che assegnò ai granata la vittoria a tavolino).
Durante il precampionato 1977-‘78 per fare uno scherzo a dei compagni di squadra, cade dalla finestra dell’albergo dove alloggia il Torino, procurandosi svariate lesioni di grave natura, un incidente che mette fine prematuramente alla sua carriera agonistica. In carriera, oltre alle 7 presenze in A col Torino, ha totalizzato 174 apparizioni fra i cadetti. In seguito diventa viceallenatore. Guida come primo allenatore il Torino nella stagione 1980-’81, sostituendo l’esonerato Ercole Rabitti.
La professionalità che mostra facendo da riserva a Castellini senza creare polemiche, mantenendosi sempre pronto nelle poche occasioni che richiesero la sua presenza in campo – come detto – è stata la qualità che più ha contraddistinto Cazzaniga. Tecnicamente si dimostra un estremo abile nelle uscite e dotato di ottimo senso del piazzamento. “Luciano era come mio fratello, eravamo compagni di stanza e di notte, per la tensione, non si dormiva mai – racconta Cazzaniga -: per fare passare il tempo ci facevamo anche la barba di notte. Quel Torino era una famiglia, ogni lunedì andavamo con le famiglie a mangiare fuori insieme”.
Cazzaniga è un vaso pieno di ricordi ed aneddoti. Il primo è quello che gli costò la carriera: “Cercavo di frenare i ragazzi negli scherzi. Allora un giorno Santin mi obbligo a preparare un gavettone dal secondo piano della Villa Sassi dove eravamo in ritiro a Torino. Fu destino, caddi dalla finestra e riportai diverse fratture. Dopo quell’incidente scelsi di non ritornare a giocare, ma di seguire Radice come vice”. Il cordone ombelicale con il tecnico dello scudetto si formò quasi per caso: “Dopo un Treviso-Pro Patria venne a cercarmi negli spogliatoi per conoscermi. Scoprimmo di essere vicini di casa (Radice è di Cesano Maderno, Cazzaniga di Roncello N.d.R.) e da lì nacque la nostra amicizia”.
La quale sfociò professionalmente nella chiamata in granata. “Pulici era un artista in campo e fuori. Era lui che si preoccupava di portare i padelloni dei film per trascorrere le serate. Ora i giocatori hanno la playstation, i tablet, la musica nelle orecchie”. Cazzaniga, come allenatore dei portieri ha forgiato Zenga, Marchegiani, Cervone, Lorieri e Abbiati: “Quando li sento mi chiamano ‘vecchietto’!”.
Ma intanto lui ha allenato, soprattutto seguendo Radice nel ruolo di vice (dopo una lunga parentesi alla Tritium, ha smesso con la squadra del suo paese in Terza categoria) si mette ancora in porta (“Faccio il vigile urbano”), pedala per 100 chilometri e a casa è stato un nonno presente (due nipotine e un maschietto). Lui e la moglie Emerenziana (“Ci sta tutto il nome sul giornale?”) si conoscono dai tempi dall’asilo e mai lei lo ha seguito su un campo di calcio. Perchè tanto alla fine da Roncello è partito e a Trezzo è tornato.