In Inghilterra lo avevano capito prima di noi, era grande e grosso Luther Blissett ma in area non era proprio un rapace del gol. In patria lo ribattezzarono “Luther Miss it”, cioè “sbaglialo” perché le reti – specie quelle facili – le sbagliava più di quante ne facesse. Eppure nell’83 fu voluto fortemente dall’allora presidente del Milan Giuseppe Farina che lo pagò non poco al Watford di Sir Elton John. E lo stesso Blissett, presentandosi, autorizzò sogni di gloria dicendo: “Platini ha segnato 18 gol, io ne infilerò di più. Diventerò l’idolo dei giovani”. Visti i risultati – 5 reti in 30 presenze – presto Farina disse: “Blissett me lo ha consigliato un giardiniere di Londra”. A Datasport Blissett rivelò: “Un sacco di persone mi hanno chiesto perché scelsi di andare al Milan, ma quando un club come quello rossonero ti chiama – in un momento in cui il Watford veniva da un secondo posto e io ero stato il miglior bomber di tutta Europa – pensi solo a quale grande sfida e opportunità possa rappresentare un’esperienza in Italia”.
Ed ancora oggi Blissett ritiene di essere stato sfortunato: “Se c’è un rimpianto – anche se forse non è nemmeno giusto chiamarlo così – riguarda più che altro la tempistica della mia esperienza in Serie A. Se fossi arrivato due o tre stagioni dopo mi sarei confrontato con un’attitudine al gioco che stava già cambiando. Con l’ascesa di Arrigo Sacchi cambiò completamente il modo di approcciarsi al gioco in Serie A, esplorando strade impensabili fino a poco prima”. “Durante la mia esperienza al Milan il gioco italiano ruotava ancora tutto attorno ai concetti di catenaccio e possesso palla. Sacchi rivoluzionò tutto questo, come a suo tempo era accaduto col calcio totale olandese. I meccanismi della difesa, il passaggio al 4-4-2, la tattica del fuorigioco, attaccanti costantemente proiettati all’attacco con il supporto di percussori da centrocampo… Erano tutti concetti nuovi”. E ancora: “In Serie A ho imparato cosa volesse dire marcare a uomo, e questo non ha fatto altro che accrescere il mio bagaglio tecnico di calciatore. Mi ha reso un giocatore migliore e mi ha mostrato come fosse il calcio fuori dall’Inghilterra. Penso che tutti i giocatori inglesi che abbiano voglia di testarsi all’estero dovrebbero farlo senza remore. Non bisogna mai sottostimare quello che si potrebbe ricevere da una nuova esperienza”.
Blissett tornerà in Inghilterra nel 1984 al Watford e continuò a fare cose discrete poi passò al Bournemouth, al West Bromwich Albion e al Bury, fra prima, seconda e terza serie inglese. Nel 1994 decise di intraprendere la carriera di allenatore: fece parte dello staff tecnico del Watford dal 1996 al 2001 e successivamente sulle panchine di alcune squadre minori inglesi, tra cui York City e Chesham Utd. Una sua grande passione sono le auto. Nel 2007 ha dato vita al Team48 Motorsport con l’obiettivo di qualificarsi alla 24 Ore di Le Mans con la sua Alfa 156 costruita personalmente. Il suo nome si è anche legato ad un collettivo di performer, artisti e attivisti che lo usarono come pseudonimo per denunciare il sistema dei mass-media. Blissett divenne ancor più celebre con il romanzo Q del 1999.