Lo hanno trovato in un hangar abbandonato, a Domont, 20 chilometri a nord di Parigi. Aprile 2016. È’ morto così, come un clochard, a 43 anni, Joachim Fernandez, ex promessa di un calcio che lo ha dimenticato, ma che un tempo lo presentava come “il nuovo Desailly”. Traiettoria sfortunata di un senegalese che giocò all’Udinese, a Monza, sfiorò il Milan, prima di chiudere la carriera nel 2001 in Indonesia, a 29 anni, per un infortunio al ginocchio, come ricorda il mensile So Foot che gli aveva dedicato tre pagine.
Fernandez era arrivato in Francia a 20 anni. Al Bordeaux si fece un po’ di spazio, giocando proprio contro il Milan in Coppa Uefa nella celebre – in Gironda – vittoria sul Milan per 3-0, ai quarti. Quella inventata da Zidane, con cui il senegalese si allenava, insieme pure ai vari Lizarazu, Dugarry che in quella nottata del ’96 firmò una doppietta. L’anno dopo Fernandez sbarcò all’Udinese di Zaccheroni a 24 anni: “Un personaggio fuori dagli schemi”, scrisse allora la Gazzetta. Un giocatore che citava Rijkaard come esempio di vita: “Un autentico modello, come uomo prima che come calciatore”. Un giocatore collettivo, come amava definirsi il senegalese, che poi passò per il Monza e al Milan senza mai portare la maglia del club rossonero che lo girò al Tolosa. Poi il Dundee e l’ultima tornata in Asia.
Problemi di famiglia, una separazione, un figlio ventenne che non vedeva mai, ne hanno forse accelerato il declino e la depressione, nonostante il patentino di allenatore e qualche sfortunata esperienza lavorativa. Da qualche tempo viveva a Domont, senza fissa dimora, ma al mercato del paese lo conoscevano tutti, senza però sapere del suo passato di promessa mancata del calcio che conta. I suoi amici di strada lo hanno trovato avvolto tra le coperte, una mattina di gennaio, dopo una notte gelida che se l’è portato via. Il corpo è stato rimpatriato in Senegal.