Quando il 23 novembre del 1980 un suo gol al Bologna portò il Napoli al secondo posto in classifica, venne il terremoto. Sembra una barzelletta ma la stagione più bella di Claudio Pellegrini in azzurro fu proprio quella segnata dalla terribile tragedia del sisma in Campania. A Napoli era arrivato nel ‘78 e ci era tornato nell’80 dopo essere stato ceduto in prestito all’Avellino e deve buona parte della sua fortuna a Rudy Krol. Quel Napoli che Marchesi modellò con saggezza e intuito aveva uno schema base: palla all’olandese, lancio di 50 metri per Pellegrini e gol. Divenne per mesi un uomo copertina ma al Mattino confessò: “L’unica cosa che non ho mai capito è quel Claudio Pellegrini III sulle figurine. Se scrivevano Claudio, perché mai mettere pure che ero il terzo dei fratelli?”.
Il calcio però era nel dna di famiglia: cinque fratelli e su 4 maschi tre giocavano a calcio. Quel Napoli che sfiorò lo scudetto fu l’unica consolazione per una città devastata dal terremoto: “La paura delle scosse era continua. Noi eravamo un bel gruppo, si scherzava tra di noi e poi era fatto per esaltare le doti mie e di Oscar Damiani che in contropiede volavamo. In mezzo c’era un talento unico del nostro calcio, Gaetano Musella. E sulla fascia ricordo uno dei pochi che correva come me, Marangon, provavamo a scherzare sull’argomento. All’ora del terremoto, il 23 novembre, non eravamo in città, tornavamo da Bologna dove avevamo pareggiato e io fatto gol. Ma vedevamo Napoli in grande difficoltà. Tuttavia quello che vidi, che ho vissuto, mi ha aiutato ad affrontare quello che mi è capitato dopo…”.
Cinque anni a Napoli, 33 gol nelle sue stagioni in azzurro e quel tricolore solo sognato. Un incubo il ko col Perugia già retrocesso a 5 giornate dalla fine, come si legge sempre nell’intervista a Il Mattino: “Ci ripenso spesso. Rivedo il palo che io colpii praticamente a porta vuota. Lo sogno anche la notte. Sono sicuro che pure se avessimo giocato fino al martedì dopo, un gol non lo avremmo mai fatto quella domenica. Ma fu un miracolo, arrivare a pari punti con loro a cinque giornate dalla fine”.
Il grande rimpianto però non è questo, lasciò il Napoli proprio quando arrivò Maradona “E chi non avrebbe sognato di giocare con l’argentino? Solo che mi diedero alla Fiorentina per ingaggiare Bertoni. Un po’ ci rimasi male… Con il Pibe de oro a farmi gli assist magari la mia carriera si allungava”.
È la delusione più grande? “No, la più grande ad Avellino. Ero secondo in classifica alla guida della Primavera, l’Avellino ultimo in B. Bruno Conti mi chiama ‘ora ti danno la prima squadra, vedrai’. Lo stesso giorno mi chiama Antonio Sibilia. Ma era per cacciarmi”. Da calciatore intanto nell’estate del 1984 passa alla Fiorentina dove va a segno una sola volta in campionato (“mi trovai male con Agroppi, mentre di tutti gli altri allenatori che ho avuto conservo un buon ricordo, in particolare desidero ricordare la figura di Gennaro Rambone” disse a Pianeta Napoli). Nell’autunno successivo al Palermo, in B, dove viene coinvolto marginalmente nello scandalo dell’86, per il quale subisce una squalifica di un mese; poi nell’estate del 1986 passa al Nola in C2 dove gioca l’ultimo anno della sua carriera.
Oggi ha scelto di vivere nelle Marche, a Camerino: “Ho dato vita a un’associazione sportiva, la Futbol3 che coinvolge un centinaio di bambini di alcuni piccoli Comuni delle Marche. Ma un altro terremoto ha segnato la mia vita: quello dell’agosto del 2016 che mi ha costretto ad andare via, a lasciare la mia casa e a vivere a Porto Recanati da mia figlia Giorgia. Come hanno fatto tanti sfollati. Ma appena una settimana dopo quella scossa terribile, io avevo riportato tutti i miei bambini sul campo di gioco. Sono anche istruttore di Gyrotonic, un’attività che mette insieme i movimenti della danza, dello yoga, delle arti marziali, con una resistenza costante e senza interruzione”.