Lo sapeva anche lui che sarebbe stato difficile pronunciare il suo nome. Andrés Guglielminpietro già in patria, in Argentina, si faceva chiamare Guly come si sarebbe poi conosciuto in Italia. Dai natali calcisticamente nobili (a San Nicolas sono nati anche Sivori ed Hernandez) questo esterno ambidestro nasce punta, ma deve la sua fortuna al tecnico del Gimnasia che gli cambia ruolo e lo sposa sulla fascia.
Di famiglia agiata (il padre ingegnere petrolifero, la madre casalinga, la sorella avvocato) arriva al Milan nell’estate del 1988 per 10 miliardi di lire. Una carriera dignitosa in rossonero con una coccarda speciale che può mettersi sul petto: il gol-scudetto a Perugia nell’anno di Zaccheroni. Quella rete che divenne ancor più famosa per l’esultanza smodata e cinematografica di Galliani in tribuna che fece ricordare il Gassman de “I mostri” e che neanche il suo imitatore più celebre, ovvero Teo Teocoli, avrebbe potuto immaginare più scenografica. Il 17 luglio 2001, per via del poco spazio riservatogli dai tecnici, passa all’Inter in uno scambio con Cristian Brocchi.
A Inter Channel confessò: “Credevo sarebbe stato più strano passare dall’altra parte e invece mi sono trovato subito molto bene: dev’essere perché qui, all’Inter, mi sembra proprio di poter avere le stesse identiche possibilità di vincere qualcosa”. Invece non solo non vincerà niente ma con il connazionale Hector Cuper in panchina, Guly non riesce mai ad incidere e nell’estate del 2003 viene ceduto al Bologna.
In Emilia in 18 partite realizza 2 reti: la più famosa delle due è quella segnata con la mano all’Udinese, che fece indignare tutti. L’episdio: Guly si trova in area avversaria; si allunga su un cross di un compagno e colpisce la palla con la testa, facendola carambolare in rete. Grande esultanza ma quasi tutti l’hanno visto deviare nettamente la palla con le mani. Quasi tutti tranne l’arbitro. Lui si dichiara incredulo ed il gol viene convalidato. Ma la moviola darà ragione ai giocatori dell’Udinese: dalle immagini si noterà benissimo l’argentino che devia la sfera con la mano in maniera intenzionale. A fine stagione, gli arriva il ben servito. Ritorna in patria, al Boca, per provare poi la carta degli Emirati Arabi Uniti, come ultima spiaggia. Decide di ritirarsi nel 2007, ad appena 32 anni, chiudendo la carriera con il Gimnasia La Plata, la squadra che lo aveva lanciato nel calcio che conta. È poi subito entrato a far parte dello staff tecnico degli odiati rivali dell’Estudiantes.
Oggi è diventato allenatore, con la speranza di seguire le orme del Cholo Simeone, con il quale ha collaborato, una volta appese le scarpe al chiodo. Ha allenato il Club Atlético Douglas Haig, poi la Nueva Chicago, il Central Cordoba e dal 2017 è tornato sulla panchina del Douglas Haig, con cui aveva iniziato la carriera di allenatore.