Ha un palmarès che ancora oggi in tanti possono invidiargli: due scudetti e una Coppa delle Coppe, ma Roberto Tavola avrebbe sperato comunque in una carriera diversa. Due volte ha avuto l’occasione di sfondare con la Juventus, lui prodotto verace dell’Atalanta, e due volte si è dovuto accontentare di essere solo un rincalzo. I ricordi belli non mancano, come un gol nelle coppe europee premiato con l’Eurogol per la rete più bella, segnata ai polacchi del Lechia Gdańsk.
A Juventus Story lo raccontò così: “Dopo dieci minuti provoco un calcio di rigore e me ne dispero; pochi istanti più tardi mi spingo in avanti e, su un cross di un compagno, colpisco al volo di sinistro da fuori area in maniera impeccabile. Ne scaturisce un missile imparabile che lascia di stucco il portiere avversario. Una soddisfazione enorme e indimenticabile per chi, come il sottoscritto, ha certamente raccolto meno del dovuto”.
Nelle prime tre partite del campionato 1979-‘80 alla Juve a Tavola fu assegnata addirittura quella maglia numero dieci che in precedenza era stata di Capello e Benetti. E non sfigurò.
Poi, dopo un po’ di panchina: “A un certo punto iniziai senza motivo a farmela sotto; quindi andai militare, e questa concomitanza contribuì a rendermi ancora più insicuro. Quando finalmente ripresi fiducia nei miei mezzi, mi spaccai un menisco: quello che doveva essere per me fanno della consacrazione si rivelò invece un mezzo fiasco. Il più grande difetto? Nella vita, come nel calcio, sono sempre stato incapace di mordere: quando, a soli ventidue anni, arrivai a Torino con ottime prospettive, non mi resi conto di essere in grado di confrontarmi con i vari Cabrini, Gentile, Tardelli, Cuccureddu, Causio e Bettega. Avrei dovuto essere più sfacciato. Invece mi rassegnai, non so perché, alla parte del rincalzo. Il carattere non è mai stato il mio punto di forza”. “Arrivavo a Torino nelle stagioni dispari, per poi ripartire in quelle pari: dal ‘79 al ‘83, in tre riprese, ho messo insieme una quarantina di presenze. Ma non era facile giocare, in mezzo a tanti campioni. Io però non mi sono mai illuso e ho sempre tenuto i piedi per terra. Forse mi ha un po’ penalizzato il fatto di essere troppo poco presuntuoso”.
Dopo una stagione in A con il Cagliari, Tavola è richiamato una seconda volta alla Juve e a La Stampa ricorda: “Ero in prestito, per cui mi toccava ubbidire. Il fatto è che ogni volta che tornavo, prendevo sempre meno soldi. Per motivi vari, sia nel 1981-‘82 sia nel 1983-‘84 ho giocato davvero poco, ma ho imparato moltissimo. Anche se ero sempre di cattivo umore, perché le cose non andavano come volevo io. Però, grazie al cielo, qualche soldo l’ho guadagnato”. Dopo l’ultima parentesi in bianconero per lui si aprirono prima le porte della Terza Serie (Avellino, Reggina, Spal, Catanzaro, Ischia) e poi l’Interregionale: “Scesi in C pur di giocare ma Angelillo, l’allenatore degli irpini, mi spedì sin da subito in panchina. Fu una grossa delusione, dalla quale non mi ripresi più. Il carattere mi aveva fregato ancora una volta. A quel punto mi resi conto che sarebbe stato assai difficile risalire e, dopo qualche stagione al Sud, decisi che pur di tornare a Torino avrei smesso di giocare. E così è stato. Certo, ero proprio un orso: una volta, quando avevo già più di vent’anni, mi chiesero un autografo. Ed io, nel prendere in mano la penna, iniziai a sudare come un pazzo. Mi sembrava impossibile un tale attestato di stima”.
Dopo aver gestito per otto anni una boutique in pieno centro (“Avevo aperto in centro alcuni negozi di abbigliamento che purtroppo non sono andati bene e che qualche anno dopo ho dovuto chiudere”), Tavola avrebbe voluto allenare: “Ho il patentino da allenatore di terza categoria, per ora ho guidato al massimo squadre di Promozione, e questa esperienza mi ha arricchito non poco; certo, non è facile insegnare la tecnica ha chi ha più di vent’anni e un difficile rapporto con i fondamentali… È troppo tempo che sono fuori dal giro; e poi, salvo rare eccezioni, non ho mai coltivato rapporti con gente del mio ambiente”. Meglio pensare al sodo: “Ora gestisco per conto di un’azienda milanese le edicole di alcuni grandi supermercati della città. Sveglia alle cinque, ma poi ho quasi tutto il pomeriggio per me”. E la Juve? In che rapporti è rimasto? “Nessun legame, tanto che pago regolarmente i biglietti per le partite. Non sono il tipo che ama chiedere favori”.