Faccia d’angelo era un belloccio dai tratti dolci, ma quando andava in campo era una furia. Faccia d’angelo era un lottatore nato, uno dei migliori difensori che l’Italia abbia avuto: il classico giocatore cuore, grinta e muscoli, di quelli che ormai chi li vede più. Faccia d’angelo era Roberto Rosato, uno che è stato costretto a combattere anche nella vita. E l’avversario era di quelli che fa paura solo a sentirli nominare: il cancro.
Si è arreso soltanto nel 2010, dopo dieci anni di battaglia. “I medici – ricorda la figlia Carola – non si sarebbero aspettati tanta resistenza. Papà è sempre stato un grande combattente e prima di essere un grande calciatore è stato un uomo grandissimo”.
Un uomo grandissimo che ha fatto la fortuna del Milan. Diventa rossonero nel ’66 dopo sei anni a Torino e vince uno scudetto, quattro Coppe Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale e due Coppe delle Coppe. Praticamente tutto, anche perché giocava con Cudicini, Schnellinger, Anquilletti e Trapattoni, una delle difese più forti di sempre.
E del suo talento si è servita anche la Nazionale. Rosato è stato campione europeo nel 1968 e vicecampione del Mondo nel 1970. Ecco, proprio al Mondiale messicano è legata una delle immagini più belle del Faccia d’angelo calciatore: durante Italia-Germania 4-3 Rosato, con Albertosi battuto, salva sulla linea un tiro di Gerd Müller. Lascia il Milan nel ’73 e chiude la sua carriera al Genoa.
Gigi Riva, suo compagno in azzurro: “Era un gran marcatore e una gran brava persona. Io lo ricordo come un leone per il coraggio, nel calcio ma anche nella vita. Abbiamo passato una vita insieme, in nazionale. Ho ancora nella mente la finale del ’70, a lui spettava Pelè: ci mise tutto il suo coraggio, fino alla fine, oltre il vantaggio del Brasile”.
Roberto Rosato era nato a Chieri, in Piemonte, il 18 agosto 1943, stesso giorno, mese e anno dell’amico e compagno di squadra Gianni Rivera.