Dal mito grigio a quello blanco. Dall’Alessandria al Real Madrid. È la parabola ascendente di David Bettoni, ex centrocampista francese che giocò nei Grigi nei campionati 1997-’98 e 1998-’99, e che è finito a lavorare niente poco di meno che al Real Madrid, una delle squadre più blasonate al mondo. Come dire: come ti cambia la vita (e anche il conto in banca) in pochi istanti! Il flop di Rafa Benitez nel 2016 alla fine costrinse il presidente merengue Florentino Pérez a chiamare Zinédine Zidane – esempio di madridismo certificato – nell’intento di mettere ordine in uno spogliatoio che era diventato una polveriera. Se è vero che sarebbero stati CR7 e compagni a decidere le sorti dell’ex tecnico di Inter e Napoli.
Zidane – che all’esordio vinse 5-0 contro il Deportivo La Coruña – volle subito come suo vice Bettoni, che lo aveva già affiancato nel Castilla, la storica succursale dei Blancos. D’altronde Zizou ha sempre considerato il Dav la sua mano destra nell’ombra. I due sono amici insuperabili, da quando l’ex grigio aveva fatto da fratello maggiore alla futura stella francese nel Cannes. Come nei film romantici, scoppiò il colpo di fulmine. “Io viaggio molto per vedere ciò che viene fatto altrove. Voglio imparare, ho questo desiderio di imparare” dice con umiltà Bettoni.
Alla Ciudad Deportiva si aggira sui campi di allenamento del Real per osservare, imparare, imparare. D’altronde lo ha sempre fatto: in Francia, come in Italia. Ad Alessandria ricorda gli allenatori che ha avuto, Zoratti e Maselli, ma sa vedere i lati positivi anche in Orrico.
Oggi Bettoni si sente pronto ad allenare ad alto livello. Ma continua ad essere l’uomo fidato nello staff di Zidane,e con lui ha vinto tre Champions. “In tutti questi anni ho avuto modo di lavorare con calma, di guadagnare un po’ più di fiducia in me stesso”.
Come dicevamo, l’amore a volte ha bisogno di un clic. Il suo è l’amore anche per la maglia grigia, “che per i valori che sa trasmetterti è come quella del Real. Non la potrò mai dimenticare”. Tanto che, dopo averne ricevuta una personalizzata nel 2018 in occasione della sfida di Torino contro la Juventus, l’ha indossata sotto la tuta del Real nella notte della spettacolare rovesciata di CR7.
“Mi ricordo il giorno in cui Guy Lacombe mi predisse una carriera da allenatore”. Da sempre Bettoni ovunque è andato ha posto due condizioni:“Ho bisogno della cultura del gioco e dell’ avventura umana. Il contatto è molto importante per me”. È sempre stato attratto dalla Spagna e dall’Italia, gli piacciono Marcello Lippi e Carletto Ancelotti.A volte sembra che gli uomini siano tutti uguali. Bettoni non è come gli altri. “Devi sempre ricordare da dove sei venuto. Ho iniziato in piccoli club e ho lavorato duro. Sono consapevole di avere la fortuna oggi di vedere la mia piccola carriera premiata, ma – sia chiaro -, io non ho mai rubato nulla“. Ha una propria definizione di “un buon allenatore”: “È certamente quello che sa come mostrare adattabilità, intelligenza, abilità e fortuna, ma io voglio aggiungere prima di tutto il quinto elemento mancante: la passione”. Senza passione, l’amore è niente: “Sì, è vero. Beh, se riesco, sarà il mio motto”.
Riassumendo: Bettoni a Cannes incontra e influenza profondamente e positivamente un diciannovenne Zidane. Da allora sono inseparabili. Quando Zidane va alla Juve nel 1996, il suo amico lo segue in Italia, giocando prima ad Avezzano, poi ad Alessandria, quindi nel Novara, nella Lucchese e nel Brescello. Ha esordito in maglia grigia in Coppa Italia il 6 dicembre del ’97 in Alessandria-Modena 0-0.
Otto giorni dopo il debutto in C1 contro il Prato. Confermato nella rosa anche dopo la retrocessione, realizzò il suo unico gol in grigio esattamente un anno dopo il suo debutto in riva al Tanaro. Il 6 dicembre del ’98 l’Alessandria vinse 2-1 a Sanremo: andò in vantaggio con lo stesso Bettoni, raddoppiò Scaglia e poi accorciò le distanze Bifini su rigore. Quando Zidane divenne il gioiello della corona della Galassia, firmando per il Real Madrid nel 2001, Bettoni lo raggiungeva molto spesso nella capitale spagnola.
Quando la stella si ritirò nel 2006 dopo il Mondiale in Germania, Bettoni – che nel frattempo era ritornato al Cannes – aveva già chiuso con la carriera giocata. Al suo ritorno a Madrid come assistente di Ancelotti, Zidane persuase il tecnico italiano a reclutare Bettoni come osservatore. Oggi il grande calcio, quello che lui stesso all’inizio aveva solo sognato, lo vede addirittura sulla panchina dei Blancos. In fondo è tutta una questione di un clic.
Mario Bocchio