Centouno presenze in sei campionati con la maglia della Sambenedettese a cui è rimasto molto legato tanto da tornare in vacanza a Martinsicuro “nello stesso complesso residenziale che negli anni ’70 e ’80, oltre a me ospitava le famiglie di Gigi Cagni, Franco Caccia, Sergio Taddei, Massimo Pedrazzini e tanti altri”. Stiamo parlando di Antonio Pigino, piemontese classe 1951 nato a Torino e con una passione innata per i cavalli, portiere dei rossoblu dal 1975 al 1981. “Detengo un record di imbattibilità durato 777 minuti e interrotto a Pistoia con un gol involontario di Ferrari di spalla alla fine del primo tempo” ricorda il 73enne che degli anni in Riviera mantiene un’istantanea vivida e appassionata. Anche se gli inizi non furono dei migliori. A ripercorrere la sua carriera sono Nazzareno Perotti e Carlo Fazzini su “Riviera Oggi”.
“Ricordo che ebbi un impatto difficile e durante il primo anno alternai delle buone prestazioni a brutte partite. Fu per me una novità questa città, non ero abituato a vivere una realtà come San Benedetto, ero abituato alla mentalità del Nord fatta di ritiri, preparatori dei portieri ecc. Arrivai qui d’estate e sembrava un’eterna vacanza”.
Inizia infatti in Piemonte Pigino, la sua terra, giocando prima in D nella Pro Molare, poi nell’Asti Ma.Co.Bi nei primi anni ’70 dove ebbe per compagno di squadra anche Giancarlo Antognoni. Poi il passaggio al Torino, sua squadra del cuore e l’esordio in un derby con la Juve, in sostituzione dell’infortunato Castellini, nel quale mantenne la porta inviolata (la partita finì 0-0).
È la stagione 1974-‘75, il Torino finisce al sesto posto e sei sono le presenze del 23enne in quell’anno prima della cessione alla Samb. Pigino sfiora quindi lo storico settimo scudetto dei granata del ’76 sotto la guida di Gigi Radice ma, parola sua, il passaggio alla Samb “non fu per me un declassamento, ero giovane e a quell’epoca potevano considerarsi portieri da Serie A solo quelli di una certa esperienza”. A Torino però Pigino è comunque considerato un pezzo di storia importante dei granata soprattutto per il contributo dato dopo aver appeso scarpe e guanti al chiodo.
È stato infatti per molti anni allenatore e responsabile del settore giovanile e sotto le sue redini si sono formati tanti calciatori che attualmente calcano o hanno calcato i campi di Serie A “da Quagliarella a Semioli, passando per Sorrentino, Comotto e tanti altri” sottolinea l’ex portiere che ha dato l’addio al Toro dopo l’arrivo di Urbano Cairo. Dicevamo però degli anni alla Samb, sotto la guida di Marino Bergamasco “si preoccupava poco dell’avversario e pensava solo al gioco della sua squadra” ricorda Pigino che poi torna a sottolineare il clima particolare di quegli anni “in cui ci si allenava poco ma si arrivava alla domenica e quasi inspiegabilmente sfoderavamo grandi prestazioni, corsa e bel gioco specialmente in casa”- grazie anche a una formazione offensiva- “con due ali vere, Ripa e Basilico, un trequartista come Simonato e un grande centravanti come Francesco Chimenti”.
Anche se il calciatore più forte con cui Pigino ha giocato in riviera “fu senz’altro Sandro Vanello sia per i ritmi e per quello che faceva in campo, sia per il suo carisma fuori, un ragazzo che provenendo da una famiglia ricca vedeva il calcio in altro modo, come divertimento e non come fonte di sopravvivenza”.
E poi gli aneddoti. Belli e brutti: come quella volta che Mauro Agretti si avvicinò, nel tunnel del Ballarin, al forte attaccante del Modena Roberto Bellinazzi “spalmandogli gli occhi di sifcamina (una pomata riscaldante NdR) nel tentativo di impedirgli l’ingresso in campo”. E poi sempre al Ballarin quel 7 giugno 1981, la sua ultima partita a San Benedetto da riserva di Walter Zenga nel finale di campionato contro il Matera, il giorno della tragedia in cui persero la vita, nel rogo dello stadio, Carla Bisirri e Maria Teresa Napoleoni. “La più brutta esperienza mai vissuta in un campo da calcio” -ricorda Pigino- “cercavamo di prendere al volo le persone che si lanciavano dalla rete, giocammo quella partita senza sapere delle vittime. Fu davvero una tragedia e anche l’inizio di un calvario per un grande presidente come Ferruccio Zoboletti”. La Samb fu però anche scuola e luogo di formazione per il Pigino dirigente. “Ricordo che la società si fidava molto di noi dello zoccolo duro e ci chiedeva consigli coinvolgendoci anche nelle scelte societarie, un metodo che ho fatto mio anche dopo aver smesso col calcio giocato”.
Erano gli anni di Ciabattoni e Valeri, “i deus ex machina della Sambenedettese” li definisce l’ex estremo difensore, “due validi dirigenti che portarono a San Benedetto tantissimi calciatori stringendo intelligenti alleanze con Genoa, Bologna e Inter facendo sbarcare qui calciatori come Sabato, Tacconi, Zenga, Odorizzi e anche Battisodo a cui ero molto legato e che fu perfino mio testimone di nozze”. Gli anni di San Benedetto furono insomma belli e importanti per Antonio Pigino che ancora oggi passa le sue estati a Martinsicuro. Nel frattempo, dopo le estati, ritorna nella sua casa di Palazzolo Vercellese, a 30 chilometri da Chivasso, città natale di Fabio Pegorin, anche lui portiere, anche lui estremo difensore della Samb.
Pigino venne squalificato per la vicenda delle scommesse: “Lo ritengo un errore di gioventù per il quale non ho cercato mai scusanti. Uno sbaglio che pagai con due anni e mezzo di squalifica (inizialmente erano tre) ma che mi ha forgiato e aiutato a crescere. Un’esperienza che definirei ‘utile’ anche se in tutta quella storia io non ho mai preso una lira. Prima bastava pochissimo (in effetti il mio fu un peccato veniale) per subire punizioni molto più severe rispetto ad oggi. Non ho alcuna difficoltà a parlarne e se un giorno ci vediamo per un caffè sarò più dettagliato”. Dobbiamo dire che abbiamo gradito molto la risposta in tempi in cui quasi tutti negano anche l’evidenza.