Ufficialmente era soltanto l’assistente del commissario tecnico Ernst Happel. In realtà, nella prosaica Olanda che nel 1978 sfiorò il titolo mondiale in Argentina, quattro anni dopo il secondo posto in Germania Ovest della Brilliant Orange, Jan Zwartkruis ebbe un ruolo di primo piano a partire dalla seconda fase. Il tecnico, originario di Elst, classe 1926, ha respirato calcio sin dall’infanzia. Nell’Amersfoort, negli anni 50, tra i suoi compagni di squadra c’era anche Joop van Basten, il padre di Marco. Da allenatore ha svolto tutti i tipi di incarichi, iniziando come preparatore dei portieri nell’UtrechtDos e subito dopo diventando allenatore di alcuni club della regione di Amersfoort, tra cui lo Spakenburg. Nel 1962 è assistente di Elek Schwartz (tecnico della nazionale olandese) e responsabile della squadra militare in anni in cui quella selezione era un serbatoio prezioso per il calcio arancione. Sotto la guida di Zwartkruis, dipendente del Ministero della Difesa, si sono formati Jan van Beveren, Jan Mulder, Henk Houwaart, Willy van der Kuylen, Rob Rensenbrink e Barry Hulshoff.
Un percorso foriero di tanti elogi per il suo modo di lavorare. La sua grande occasione gli arriva nel ‘76 dopo l’addio alla nazionale maggiore di Knobel, in seguito al terzo posto europeo in terra jugoslava. Viene chiamato a guidare l’Olanda per due partite, incarico esteso per altrettanti incontri dell’anno successivo. Il nuovo Ct ripristina gradualmente la disciplina, tratta i suoi giocatori come se fossero nelle forze speciali, mostrandosi accondiscendente in altri frangenti e concedendogli una maggiore libertà di espressione all’interno dei confini tattici. Strategie gestionali che assicurano a Zwartkruis fiducia e rispetto. Nel febbraio 1977 guida l’Olanda alla vittoria di prestigio di Wembley contro gli inglesi. Primo successo Orange in Inghilterra. La mossa vincente per battere gli albionici Zwartkruis la matura negli spogliatoi, schierando Jan Peters, giocatore dell’AZ ’67 e futuro genoano. Gli inglesi non hanno mai sentito parlare di lui. Cruijff asseconda la decisione del tecnico. L’Olanda vince 2-0, con il “profeta del gol” e Neeskens incontenibili. Le due reti le segna proprio Peters, mettendo ko la nazionale di Don Revie, con Kevin Keegan in campo costretto ad un’umiliante resa. “L’Inghilterra non è stata semplicemente battuta per la prima volta dall’Olanda, è stata fatta a pezzi”, dirà il commentatore britannico Jeff Powell. Gli olandesi si qualificano senza problemi alla fase finale del Mondiale 1978. Dopo un inizio titubante, contrassegnato da una vittoria di misura a Reykjavik contro l’Islanda (0-1) e da un 2-2 casalingo al cospetto dell’Irlanda del Nord, la nazionale di Zwartkruis cambia marcia a partire dal marzo ’77, con il 2-0 esterno inflitto al Belgio (reti d’autore di Rep e Cruijff), il poker casalingo agli islandesi e due successi di misura, contro irlandesi e belgi, firmati da Willy e Renè van de Kerkhof.
Nonostante una qualificazione senza intoppi, dietro le quinte sono in atto le trame che porteranno alla rimozione del commissario tecnico. Una situazione simile a quella che quattro anni prima aveva portato al defenestramento del cecoslovacco František Fadrhonc, considerato troppo morbido, sollevato dai suoi doveri dopo una soffertissima qualificazione per far posto a Rinus Michels. Zwartkruis viene declassato a componente dello staff di Ernst Happel, l’allenatore del Bruges, già capace di portare per la prima volta in Olanda, nel 1970, la Coppa dei Campioni alla guida del Feyenoord. Vice dell’austriaco è Rob Baan, durante la prima fase mondiale Zwartkruis si occupa dei portieri che tiene sotto la sua ala protettrice: il lanciere Piet Schrijvers, il trentasettenne Jan Jongbloed, e Pim Doesburg dello Sparta Rotterdam. Happel e Zwartkruis hanno vedute contrapposte su quasi tutto, dal punto di vista tattico vivono su galassie lontanissime e contrapposte. Sono uniti dall’alta capacità nella gestione del gruppo. Entrambi riescono ad ottenere il meglio dai giocatori: Happel puntando più sull’aspetto difensivo, Zwartkruis con un approccio che predilige la fase d’attacco. L’austriaco, molto noto in ambito internazionale a differenza dell’olandese che al di fuori dell’Olanda è quasi uno sconosciuto, deve riportare ordine in un gruppo paragonabile ad un cavallo imbizzarrito, privo del pezzo più pregiato, Johann Cruijff, che ha deciso di rinunciare alla fase finale del mondiale per ragioni di sicurezza personale. Nella sua autobiografia, Cruijff ricorda che “Happel venne apposta a trovarmi a Barcellona per convincermi ma non dubitai mai della mia decisione, nemmeno per un secondo. Poiché la polizia mi aveva consigliato caldamente di non parlare dell’episodio, a Happel spiegai che non mi consideravo in grado, a livello fisico e psicologico, di partecipare a un torneo così importante. Notai che stentava a credere alla mia spiegazione – il mondiale è un evento di altissimo livello, un’opportunità ambita da ogni giocatore. Un grande uomo di sport come Happel sentiva che qualcosa non tornava, ma anche a lui non rivelai niente della mia situazione familiare”.
C’è anche un altro forfait, altrettanto pesante: quello di Wim van Hanegem che rinuncia a due settimane dal Mondiale perché Happel non gli avrebbe garantito il posto di titolare. Uomo di poche parole, maestro di calcio tanto testardo quanto vincitore, l’allenatore austriaco punta a rimuovere qualsiasi “complesso Cruijff” (legato da buona amicizia con Zwartkruis) presente tra i suoi giocatori. In allenamento suole ripetere una frase ai suoi: ”Dimentica, gioca e basta”. Gli olandesi non convincono, sono lontani anni luce dalle vette del Mondiale precedente. Le tre sfide della prima fase, disputate a Mendoza, a parte il 3-0 contro il modesto Iran, vedono i vicecampioni in carica balbettanti, costretti dal Perù ad un rischioso 0-0 e battuti di misura dalla Scozia(3-2).
La qualificazione arriva solo per la miglior differenza reti rispetto alla Tartan Army scozzese. Nelle sue memorie, pubblicate nel 2008, Zwartkruis ha raccontato i difficili giorni argentini. “L’intero torneo è stato un orrore. Ero contrario a tutto quello che decideva Happel, era impossibile collaborare con lui. Dopo la fase a gironi, Happel ha dovuto accettare che fossi io a guidare la squadra”. Zwartkruis ha sempre coltivato il dialogo con tutti i giocatori.
Quando Happel era nei paraggi, spesso arrabbiato, si parlava molto poco. L’olandese gentile, allegro e socievole riesce a spuntarla sul burbero austriaco. Tra i più convinti a perorare il cambio tecnico in corsa c’è Ruud Krol, sostenuto da influenti dirigenti federali. A pesare è stata soprattutto la capacità di integrazione dei giovani Piet Wildschut ed ErnieBrandts. Zwartkruis lascia il ruolo di supervisore, diventando di fatto il commissario tecnico anche se ufficialmente tutto rimane come prima, con Happel formalmente in cabina di comando. Le fonti riferiscono di una sorta di colpo di stato tecnico silente. In campo l’Olanda sembra trasformata. Se ne accorgono gli austriaci che già prima dell’intervallo devono ammainare bandiera bianca dopo le reti di Brandts, Rensenbrink e Rep. Alla fine i gol saranno cinque. Contro i campioni in carica della Germania Ovest finisce in parità la rivincita della finale ’74: Haan e Renè van de Kerkhof firmano la doppia rimonta. Lo stadio Olimpico Chateau di Cordoba vede un’Olanda rivitalizzata.
L’accesso alla partita decisiva per il titolo mondiale impone uno spostamento al Monumental di Buenos Aires per affrontare la bella Italia del Vecjo Bearzot, costretta alla vittoria per arrivare in finale. Gli azzurri sbloccano il risultato ma si fanno raggiungere e superare. Nella ripresa Zoff resta quasi ipnotizzato da un bolide di Haan da distanza siderale. Una rete che il portiere italiano si porterà dietro come una croce. Zwartkruis, commissario tecnico dell’Olanda in tutto tranne che nel nome, capace di portare il cavallo di legno alle porte della città da conquistare, si arrende in finale contro i padroni di casa argentini. Solo i suoi giocatori sapevano del suo vero ruolo. I vertici calcistici olandesi l’ultima cosa di cui avevano bisogno era uno scandalo davanti alla stampa internazionale.
Happel sciorinava tattiche mentre il suo collaboratore era a tutti gli effetti il Ct. L’impresa mondiale arancione si ferma al palo colto da Rensenbrink allo scadere contro l’Argentina di Menotti. Zwartkruis passa alla storia del calcio come l’uomo che, in sordina, stava per diventare re. Sarebbe stato l’architetto del primo titolo mondiale olandese, posizione inimmaginabile dopo il declassamento subito nonostante una qualificazione agevole nel biennio 1976-‘77.
La vulgata continua a riconoscere ad Ernst Happel il merito di aver raggiunto la finale di Buenos Aires. Una cosa che mandava Zwartkruis su tutte le furie. “Questa storia dovrebbe essere raccontata. – ha scritto nella sua autobiografia – Tutti parlano sempre degli Oranje del 1974 e ’88 ma saltano il 1978”. Guida l’Olanda agli Europei del 1980, qualificazione raggiunta dopo una grande rimonta contro la Germania Est, battuta a domicilio. L’edizione italiana del campionato continentale vede gli arancioni eliminati già al primo turno. Zwartkruis resta sulla panchina olandese fino al Mundialito uruguaiano, tra fine dicembre ’80 e l’inizio del 1981. La sua ultima partita da Ct si chiude con un pareggio contro l’Italia. La sua carriera di allenatore la conclude guidando per un breve periodo la nazionale di Trinidad e Tobago e, nei primi anni 90, la selezione delle Antille Olandesi, la rappresentativa dell’omonimo arcipelago che con Zwartkruis raggiunge il miglior piazzamento nel ranking Fifa, posizionandosi al 98° posto. Muore il 7 marzo 2013 a 87 anni. Riposa nel cimitero di Soesterberg, nella provincia di Utrecht. L’ex nazionale Jan Poortvliet ne ha evidenziato la ferrea disciplina. “Uno difficile da ingannare ma che al di fuori del calcio palesava un’indole di uomo dolce e simpatico. Gli devo molto”, ha aggiunto l’ex nazionale olandese. Jan Jongbloed, che con Zwartkruis ebbe un buon rapporto calcistico, lo ha definito “un uomo molto simpatico con cui lavorare, un professionista con un grande senso dell’umorismo. Una persona amabile ma che sapeva prendere provvedimenti quando le circostanze lo imponevano”.
Jongbloed ha confermato l’acredine con Happel. “I due non andavano d’accordo. Si sono evitati, Zwartkruis non era uno arrendevole ma un vero soldato che ha portato alla fine tutto quello che aveva iniziato”. Zwartkruis come Palamede, l’eroe greco oscurato da Ulisse, ignorato dai poemi omerici ma ricordato da Gorgia, pur avendo coraggio e autorevolezza per superare persino il figlio di Laerte.
Zwartkruis ha prediletto il fare all’apparire, lavorando sodo, dialogando con i giocatori ma con la personalità di chi sa di dover poi decidere. Un uomo mite che da cattolico soleva spesso citare a memoria il “discorso della montagna” di Gesù Cristo. Il calcio di Jan Zwartkruis è stato all’insegna della semplicità.
Del resto, la complicazione, nel football come nella vita, è l’altra faccia della stupidità, spesso nascosta sotto una coltre di malafede.
Tratto dal libro “All’ultimo respiro, storie di miracoli in zona Cesarini”, di Sergio Taccone, (prefazione di Filippo Grassia, Edizioni della Sera, 2019)