A due passi dallo stadio del Leyton Orient gli hanno dedicato una statua. Se la meritava, Laurie Cunningham, “il più grande giocatore britannico dai tempi di George Best”, come disse Ron Atkinson, il primo calciatore di colore ad avere indossato la maglia della nazionale maggiore inglese. Nato ad Archway, quartiere del nord di Londra, l’8 marzo 1956, all’età di 18 anni – come racconta Paolo Avanti sulla “Gazzetta dello Sport” – viene ingaggiato dal Leyton Orient per poi passare, tre stagioni dopo, al West Bromwich Albion. Trascinati dal “trio nero” Cunningham-Regis-Batson, i “Three Degrees” come li soprannominò Atkinson prendendo spunto da un gruppo soul dell’epoca composto da tre cantanti di colore, i Baggies in quegli anni diedero spettacolo.
E in particolare Laurie, funambolico centrocampista, dotato di velocità, tecnica e eleganza fuori dal comune tanto da attirare le attenzioni niente meno che del Real Madrid, colpito da una sua prestazione a Valencia in coppa Uefa. E nell’estate del 1979, spendendo l’iperbolica cifra di 950mila sterline (allora la più alta nella storia del Madrid), i blancos si aggiudicarono il talento londinese, primo inglese ad indossare la camiseta blanca.
“Visto quanto è costato dev’essere l’attaccante più forte del mondo”, commentò caustico il leggendario Di Stéfano. “Con lui non possiamo che fare il double”, annunciò spavaldo il presidente madrileno Luis de Carlos. E così fecero. La tecnica, la velocità e la fantasia di Cunningham innestata in una squadra robusta e molto fisica fu un mix letale: il Real vinse Liga e Copa del Rey Cunningham conquistò tutti. Da ricordare, in particolare, l’esibizione dell’8 febbraio 1980 al Camp Nou quando l’inglese uscì tra gli applausi (avete letto bene: applausi dei tifosi del Barcellona a un giocatore del Real!) dopo una prestazione maestosa nel Clásico. La prima stagione spagnola fu un trionfo, destinato però a durare poco.
All’inizio della seconda stagione, in una partita contro il Betis, Cunningham si fratturò un dito del piede. Fu l’inizio di un lungo calvario fatto di infortuni e anche qualche dissapore con il club. Dimesso dall’ospedale dopo l’operazione al piede, Laurie pensò bene di andare a festeggiare in una discoteca. Il Real la prese malissimo e lo sospese per due mesi, una decisione solo simbolica, visto che in quel periodo il giocatore era ancora infortunato, ma di inusitata durezza.
Il Real quell’anno, nonostante l’inglese giocasse pochissimo, giunse in finale di Coppa Campioni e Cunningham, che non era ancora al cento per cento, fu costretto a scendere in campo.
Tra alti e bassi disputò tutti i 90 minuti ma i blancos dovettero arrendersi al Liverpool. Il calvario degli infortuni non ebbe fine, purtroppo. E con il limite di due stranieri per squadra, il Madrid decise di liberarsi dell’inglese che da allora cambiò otto squadre in sei anni.
Prima in prestito al Manchester United di Atkinson, poi, in sequenza, Sporting Gijon, Marsiglia, Leicester City, Rayo Vallecano, Charleroi, Wimbledon (entrò dalla panchina nella storica finale di FA Cup vinta sul Liverpool) e ancora Rayo Vallecano nella stagione 1988-’89, una girandola di squadre senza mai lasciare il segno. Il 5 luglio 1989, a Madrid, perì in un incidente stradale. Aveva 33 anni. Lasciò la moglie spagnola, un figlio e il rimpianto di una carriera e di una vita sfortunata.