Graziani e Pulici erano centravanti veri, Sergio Brio e i difensori di quelle Juventus avevamo un compito difficilissimo: “quando te li trovavi davanti facevi il segno della croce”. A dire il vero anche poi quando ti trovavi davanti Aldo Serena in versione granata.
Sergio Brio, se diciamo derby della Mole qual è il primo pensiero che le viene in mente?
«Il mio primo derby, ovvio. Era il 25 marzo 1979, avevo esordito un settimana prima in Serie A contro il Napoli e Trapattoni mi confermò anche la domenica successiva contro il Torino. Ero strafelice, non avevo ancora 23 anni e c’era tanta concorrenza interna, poter giocare quella sfida significava molto per me. E poi vincemmo 1-0 con gol di Cabrini proprio nei minuti finali».
Tutti dicono che quelli erano derby veri: che differenza c’è con quelli di adesso?
«Erano più sentiti, non c’è dubbio. Nella settimana che precedeva il derby in città non si parlava d’altro, tra sfottò e rivalse, e il giorno della partita al Comunale non ci stava neppure uno spillo tanto era strapieno. Eppoi, con tutto rispetto, quello era un altro Toro, con grandi campioni come Pulici, Graziani, Zaccarelli, i Sala. Adesso ci sono 32 punti di differenza in classifica tra Juventus e granata, ai miei tempi le due squadre lottavano per lo scudetto e qualche derby l’abbiamo pure perso, non c’era il predominio bianconero. Sono stati capaci di ribaltare una stracittadina in cinque minuti: vincevamo 2-0 e abbiamo perso 3-2».
Dalle sue parole emerge un po’ di nostalgia.
«Beh, quando il Toro andò in B mi dispiacque, la stracittadina mi mancava. I granata avevano una grande tradizione, l’attaccamento alla maglia, la cultura dell’aggressività, della cattiveria agonistica, sostenuti come non mai dai tifosi. E’ un calcio che manca».
Ci racconti un aneddoto.
«Derby d’andata del 1984-’85, marcavo Serena. Mi ero operato di menisco e rientravo dopo 20 giorni, un record allora. Su un calcio d’angolo Serena mi spinge, va sul primo palo e segna. mancava un minuti alla fine e perdemmo. Era stato proprio fregato, in genere ero io quello che spintonavo, invece… Sono sincero, ci rimasi male. L’anno dopo Serena venne ingaggiato dalla Juve, appena arrivato si sedette con noi a tavola e io gli dissi “Avrai un anno di inferno, ti massacrerò”. Manfredonia si mise a ridere, alla fine io e Serena diventammo grandi amici».
Memorabili sono le sue lotte con Graziani.
«Io dovevo marcare Graziani, a Gentile toccava Pulici. Quelli erano anni difficilissimi per i difensori. Quando entravi in campo e ti trovavi loro due davanti facevi il segno della croce: erano uno delle coppie “più sporche”, centravanti veri. Con Graziani ricordo le litigate e gli insulti in campo: andavamo di parolacce, quante ce ne dicevamo. Lui era uno tosto, non ti dava mai punti di riferimento. Nessuno ci stava a perdere, men che mai un derby. Anche perché, oltre alla sconfitta sul campo, c’era poi da gestire una settimana di insulti se perdevi. Allora non c’erano i social, le prese in giro erano dirette, te le beccavi per strada…».