C’è un ricordo bellissimo che Franco Cerilli ci ha voluto regalare per rinverdire i suoi anni nel Vicenza, con i”magnagatti” ad un passo dal sogno scudetto nella stagione 1977-’78, terminata al secondo posto a pari punti con il Torino (a quota 39) e a cinque dalla Juventus tricolore.
Un ricordo dalle tinte nerazzurre dell’Inter, quando Cerilli, appena maggiorenne inizia il precampionato con il club meneghino, un pomeriggio, in un’amichevole contro un club di serie C: “Sandro Mazzola, ormai alla fine della sua carriera, mi disse delle parole che sono state un faro per me: questa (toccandosi la maglia, ndr) la devi rispettare sempre, contro chiunque”.
Non vogliamo ogni volta polemizzare su come sia cambiato il calcio da allora ad oggi, ma quelle parole, dette da un campione come Sandro Mazzola ad un giovanissimo Franco Cerilli, sono un trattato su come si debba vivere la professione del calciatore. Da quella frase, si va avanti e accorgendosi di come la poesia di questo sport si è macchiata dell’odore dei soldi.
Un tratto importante di Cerilli lo abbiamo ritrovato nelle immagini di quegli anni: un’Italia più povera, dove il calciatore era un simbolo avvicinabile e i bambini potevano parlare, giocare, farsi firmare il pallone dallo stesso. Non semidei, ma persone semplici. E questa immagine di naturalezza e spensieratezza viene fuori con dirompente facilità nei video, alcuni in bianco e nero di quel calcio.
Giocare era un desiderio e una passione che solo in un secondo momento diveniva professione: i soldi erano importanti, ma non erano tutto. C’erano regole chiare per tutti e chi sgarrava conosceva lo spogliatoio nella sua rigidità, capace di incanalarlo nel giusto sentiero. Lo spirito di gruppo nasceva anche da questo.
Protagonista di quegli anni, è stato anche Cerilli.
Quando nel 1976 iniziò la sua avventura con il Vicenza, non furono tutte rose e fiori: la stampa locale, in particolar modo “Il Giornale di Vicenza” imbastì una campagna stampa contro gli acquisti dell’allora patron Giussy Farina: i vari Giorgio Carrera dalla Reggiana, Paolo Rossi e Luciano Marangon dalla Juventus e lo stesso Franco Cerilli dall’Inter, tutti ritenuti poco idonei al progetto di un ritorno in A del Vicenza.
Messosi in evidenza appena ventenne nella Massese in Serie C nell’estate del 1974 Cerilli venne acquistato dall’Inter col pesante compito di raccogliere l’eredita di Mario Corso. Esordì in Serie A coi nerazzurri nel campionato 1974-’75, rimanendo a Milano per due stagioni ma deludendo le aspettative, collezionando solo 19 presenze.
Passò quindi nel 1976 al Lanerossi Vicenza con cui ottenne la promozione in massima serie. Tornato alla casa base a fine stagione, venne girato al Monza, ma dopo pochissimi mesi tornò a Vicenza, dove fu tra gli artefici della straordinaria annata del cosiddetto Real Vicenza, segnata dallo storico secondo posto in A. L’anno successivo, dopo la retrocessione in Serie B dei vicentini, rimase in massima serie passando al Pescara, con cui disputò due campionati, il secondo dei quali in B.
Nel 1981 andò in Serie C1 al Padova, contribuendo alla promozione in Serie B dei biancorossi. L’anno successivo giocò 11 partite nel campionato della promozione in A, poi cancellata per uno scandalo scommesse che colpì la squadra euganea. Cerilli tornò quindi nuovamente al Vicenza in C1, dove militò per altre due stagioni centrando due promozioni consecutive. Il ritorno in massima serie venne però vanificato dallo scoppio nel 1986 del Totonero-bis, di cui Cerilli fu tra i protagonisti: al Vicenza venne negata la promozione in A, mentre Cerilli a causa di alcune intercettazioni telefoniche fu squalificato per cinque anni, chiudendo con quest’ombra la carriera da calciatore.
Daniele Mosconi