Sfatare un pregiudizio è sempre molto complesso, nel calcio come in qualsiasi altro ambito. Uno dei principali luoghi comuni del football europeo degli ultimi anni lo si può trovare a Madrid, precisamente fra due fontane distanti poche centinaia di metri. Difatti al Paseo del Prado, zona centrale della capitale spagnola, la Fuente de Cibeles e la Fuente de Neptuno si trovano una di fronte all’altra. Entrambe sono diventate celebri nel corso della storia recente poiché attorno ad esse le due principali tifoserie madrilene festeggiano le vittorie dei rispettivi club: dal dio del mare si recano in pellegrinaggio i tifosi dell’Atletico, mentre Cibeles, la dea della fertilità e dell’agricoltura, è teatro dei festeggiamenti del Real.
Chiaramente – come scrive Giacomo Van Westerhout – c’è una netta sproporzione che non si può non rimarcare: il Paseo del Prado, nel corso della sua storia, ha visto passare accanto certamente molte più sciarpe blancos rispetto a quelle colchoneros, dato che le statistiche e i freddi numeri sono tutti dalla parte del Real Madrid, la squadra più vincente di Spagna (e non solo). La retorica odierna, e su questo intende focalizzarsi il nostro discorso, vuole che l’Atletico Madrid sia la squadra anti-establishment sia in Spagna, poiché si intromette nel decennale dualismo Real Madrid – Barcellona, sia in Europa, perché combatte ad armi pari contro le ricchissime superpotenze continentali. L’allenatore colchonero Diego Pablo Simeone, vero e proprio capopopolo ritratto ultimamente anche con tratti cheguevareschi, alimenta questa retorica molto frequentemente, rimarcando la differenza economica che intercorre tra il suo Atletico e le rivali. Posta come vera e accettata questa sproporzione di forze da un punto di vista strettamente economico, va però sottolineato come la sponda biancorossa di Madrid abbia poco o nulla di rivoluzionario e proletario.
Invece la storia del Real Madrid e di cosa rappresenti e soprattutto abbia rappresentato nel corso del ‘900 è abbastanza nota, in particolare per quanto concerne il periodo dal 1939 al 1975. Negli anni della dittatura franchista, il Real diventa di fatto un eccezionale strumento di propaganda del caudillo, dato che i blancos vincono e rivincono trofei nazionali e soprattutto continentali. In particolare le cinque Coppe dei Campioni consecutive negli anni ’50 mostrano all’Europa intera il volto soddisfatto e piacente del gèneral Francisco Franco: la Spagna che vince è quella madrilena, centralista, unitaria, appoggiata anche dalla monarchia (non dimentichiamoci che il Madrid è per l’appunto Real) e certamente non quella indipendentista catalana, rappresentata magnificamente dal motto blaugrana Mès que un clùb.
A differenza di Barcellona, nella sponda biancorossa di Madrid durante la dittatura si sceglie da che parte stare: e quella parte è chiaramente quella del potere. Difatti i tifosi del Real hanno sempre accusato i rivali cittadini di essere questi ultimi i veri protetti dal caudillo, ricordando come effettivamente i colchoneros si trovassero in segunda division prima dell’arrivo di Franco e abbiano vinto la maggior parte dei loro trofei proprio durante la dittatura. In epoca franchista l’Atletico è la squadra dei militari e riesce a vincere il primo titolo della sua storia proprio nel 1940, il primo campionato svoltosi nella Spagna del dopoguerra civile.
Quella squadra è piena di giovani calciatori in età da servizio militare: essi vengono prelevati da ogni parte della penisola iberica e costretti a giocare nella squadra dell’esercito, la quale replica l’anno successivo il primo trionfo del 1940. Due titoli nel primo biennio di dittatura: forse basterebbe questo per delineare un certo grado di collusione con il mondo falangista.
Alla sua nascita del 1903, l’Atletico rappresenta davvero la squadra della classe medio-piccola. Tale spirito però si perde presto. Il suo stadio nel primo decennio di vita si trova a Vallecas, storico quartiere operaio di Madrid, oggi sede di quella che è realmente l’unica squadra proletaria della capitale spagnola, il Rayo Vallecano, attualmente in segunda division dopo anni di onorato servizio nella massima serie. Nel nuovo corso della Spagna calcistica post-regime persiste soltanto una grande rivalità, quella fra e il Real e il Barcellona; l’Atletico, di fatto, sparisce presto dai riflettori.
In quegli anni ’80 però si forma all’interno della curva locale un gruppo ultras noto come Frente Atletico. Per dare un’idea del pensiero degli ultras colchoneros basta sottolineare come in tutti gli stadi spagnoli intonino Cara al sol, celebre inno franchista da cantare rigorosamente con il braccio teso. In questo non si distinguono dai rivali Ultras Sur, gruppo che, al contrario, guarda le partite al Santiago Bernabeu, tempio del Real. I due collettivi seguono una chiara e ben definita ideologia d’estrema destra, rimpiangendo di fatto i tempi d’oro della Spagna non democratica di Francisco Franco. Nemici, certo, ma con parecchie similitudini e analogie: come i due club, d’altronde.
Il Frente è salito alla ribalta recentemente a causa di un triste fatto di cronaca. Nel novembre del 2014, alla vigilia del match Atletico – Deportivo la Coruña, si sono verificati violenti scontri fra le due tifoserie, opposte soprattutto politicamente in quanto gli ultras galiziani sono tra i pochi collettivi spagnoli d’estrema sinistra. A farne le spese è stato proprio un tifoso del Depor, ucciso brutalmente negli scontri e successivamente gettato nel Manzanares, il fiume che divide in due la capitale spagnola. Si è oltrepassato il limite e ovviamente la presidenza dell’Atletico per un certo periodo vietò al Frente l’ingresso al Vicente Calderòn. Il divieto è però durato pochi mesi, difatti oggi è sufficiente alzare lo sguardo verso quella curva per identificare facilmente i simboli e le bandiere del gruppo ultras più violento e temuto di Spagna.
Al di là della questione relativa ai gruppi organizzati, la quale è certamente un fenomeno molto complesso e difficilmente analizzabile in poche righe, ciò che va certamente sottolineato è che il derby di Madrid è senz’altro uno scontro fra buoni e cattivi. Al di fuori della penisola iberica, Italia compresa, spesso viene ripetuto il ritornello che indica l’Atletico Madrid squadra del popolo e anti-sistema, quando in realtà la storia del club evidenzia il contrario. In particolare la collusione con la dittatura franchista e la rivisitazione nostalgica dei loro tifosi più caldi delinea certamente una storia molto simile a quella dei rivali cittadini del Real. Gli ultimi derby sono soprattutto la rivincita dell’ultima finale di Champions League, quando a San Siro le due squadre madrilene dovettero attendere i calci di rigore prima che venisse decretato un vincitore. Era una serata di fine maggio.
Pianse Neptuno.
Rise Cibeles.