Spesso l’ultimo posto viene visto, nella migliore delle ipotesi, come una forma di esaltazione del noto adagio decoubertiniano che recita “L’importante non è vincere, ma partecipare”. In realtà, arrivare in coda significa, per chi è coinvolto in una qualsiasi competizione, una rassegnata ammissione della propria inferiorità rispetto agli altri contendenti a dispetto dell’impegno profuso per raggiungere un determinato obiettivo, grande o piccolo che sia.
Il nostro calcio, e le storie talvolta bizzarre che lo accompagnano, spesso regala dei paradossi per cui l’ultimo posto equivale al punto più alto raggiunto da una squadra nella propria ultracentenaria storia. Fermandoci ad un’era calcistica relativamente recente il pensiero corre sicuramente alla Pistoiese del 1980-’81 che nell’unica esperienza vissuta in A si classificò ultima nonostante la presenza di tante vecchie glorie (i compianti Frustalupi e Rognoni ma anche Bellugi e Marcello Lippi) e di uno sgraziato brasiliano spacciato per fenomeno (Luis Silvio); ora, provate a moltiplicare questo per tre ed avrete come risultato la storia del Legnano nel più alto gradino del calcio nazionale.
Non tutti probabilmente lo sanno, ma il club nato durante il giorno di capodanno del 1913 detiene un record difficilmente eguagliabile: nelle sue uniche tre presenze nella Serie A a girone unico è riuscito sempre a piazzarsi all’ultimo posto, senza neppure avere la magra consolazione di agganciare la penultima di turno a pari punti. Le uniche capace di avvicinarsi – solo lontanamente – a questo singolare primato sono Ancona, Salernitana e Ternana, anche se in questo caso parliamo di squadre che, oltre ad avere una partecipazione in meno nella massima serie rispetto ai lilla, sono riuscite a evitare di indossare la cosiddetta maglia nera in almeno una circostanza.
Va altresì detto che prima dell’avvento della Serie A a girone unico, risalente alla stagione 1929/30, il Legnano era squadra di tutto rispetto: una decina di anni prima era in grado di mettere in fila sia Inter che Milan aggiudicandosi la vetta del girone lombardo e accedendo così ad una poule-scudetto a cui avrebbe poi rinunciato stremato da un’estenuante sfida-spareggio contro il Torino (che ebbe uguale sorte), mentre negli anni a venire il suo rendimento, per quanto altalenante, avrebbe avuto comunque come palcoscenico quello dell’allora Prima Categoria. La struttura calcistica di allora, tuttavia, era spesso soggetta a modifiche legate alla formula dei campionati, condizionata dal numero di squadre partecipanti che risultava essere eccessivo se si voleva contenere lo svolgimento di una stagione nell’arco di qualche mese. Una volta ristretto il campo, per quanto riguarda i lombardi – che possono comunque vantarsi di essere stati una delle prime squadre di A che rappresentavano una città non capoluogo di provincia – i momenti di gloria si sono decisamente ridotti.
La prima edizione della Serie B, tuttavia, li vide protagonisti di una grande stagione che regalò la prima storica promozione ai legnanesi; va sottolineata la singolare coincidenza per cui, nelle tre volte in cui i lilla sono stati promossi in A, si sono classificati sistematicamente al secondo posto nella serie cadetta.
Al loro debutto nella più alta competizione nazionale, i lombardi misero insieme un bottino in verità abbastanza modesto (19 punti in 34 partite), ma furono capaci di togliersi alcuni sfizi come quello di bloccare sul pari in casa propria l’Ambrosiana (cioè l’attuale Inter, quinta classificata) e la Roma (seconda) oltre che di sconfiggere il Napoli (sesto) nella gara di chiusura del campionato. L’ala Giorgio Cidri (nato nell’attuale Croazia, ma allora italiano a tutti gli effetti) e l’attaccante Tullio Aliatis furono i migliori marcatori di quella squadra con sei reti a testa. L’ultimo posto del Legnano fu conseguenza della scarsa incisività del proprio attacco (con sole 30 reti fatte il peggiore del campionato) e della scarsa tenuta difensiva (ben 71 i gol presi, alla pari con l’altra squadra retrocessa di quell’anno, il Livorno).
Da allora in poi, per il Legnano sarebbero trascorsi una ventina d’anni di anonimato tra la B e la C, categoria da cui riemerse nel periodo post-bellico grazie a un ripescaggio d’ufficio. Per quanto la promozione in cadetteria sia maturata a tavolino (altro piccolo record: il Legnano non ha mai raggiunto il salto di categoria dalla terza alla seconda serie sul campo), i lombardi si sarebbero mostrati squadra decisamente attrezzata nelle stagioni a venire. Il secondo posto raggiunto nell’annata 195-’51 valse alla squadra della provincia milanese una nuova opportunità di mettersi in mostra nel massimo campionato nazionale.
L’aumento del numero di squadre da 18 a 20 rispetto alla prima stagione disputata in A, tuttavia, non ebbe alcun riscontro sulle possibilità di miglioramento degli standard della compagine lilla. Dopo un girone d’andata vissuto con grosse difficoltà, alla prima giornata del ritorno i tifosi legnanesi si sarebbero distinti in negativo per uno spiacevole episodio riguardante l’arbitro di Legnano-Bologna Bruno Tassini. Il fischietto veronese, reo di aver decretato un rigore per gli ospiti agli ultimi minuti, venne aggredito dapprima all’interno dello stadio e successivamente alla stazione centrale di Milano, dove riportò la rottura di otto denti. La sconfitta a tavolino, sommata alla pesante squalifica del campo che regalerà ai lilla il poco invidiabile primato di aver avuto il proprio terreno di gioco in ben dieci stadi diversi tra Lombardia, Piemonte ed Emilia durante una singola stagione, comprometterà ulteriormente il campionato della squadra allora guidata da Innocenti.
Poche le note liete di quella stagione: l’ala Bruno Mozzambani, che quell’anno avrebbe conosciuto l’ultima delle sue sei annate da idolo dello stadio Carlo Pisacane, sarebbe stato in grado di segnare 9 volte in 31 gare. Non andò male neanche lo svedese Palmer, messosi in evidenza con la propria nazionale ai mondiali del 1950: il minuto centrocampista fu capace di siglare 6 gol in 32 presenze; dopo ben sette campionati in lilla passò alla Juventus, dove schiacciato dall’ingombrante presenza di Boniperti e Sivori giocò pochissimo in un’epoca in cui ancora non esistevano le sostituzioni, ma riuscì comunque a fregiarsi della conquista di una Coppa Italia. Meno celebrato ma altrettanto degno di menzione è l’altro svedese Eidefjäll, autore di 29 partite e due segnature.
Il vittorioso spareggio contro il Catania della stagione successiva avrebbe consentito al Legnano di presentarsi ai nastri di partenza della Serie A edizione 1953-’54. Stavolta, pur rimanendo in corsa per la salvezza sino all’ultima giornata che li vedeva appaiati a pari punti con Spal, Palermo e Udinese, i lilla vennero condannati dopo il pari esterno contro il Novara, che sarebbe stato agganciato a quota 26 punti in caso di affermazione. Le contemporanee vittorie delle altre tre squadre coinvolte condannarono i lombardi alla terza e ultima retrocessione dalla massima serie.
Rispetto all’esperienza precedente, tuttavia, i ragazzi di mister Galluzzi abbandonarono la categoria a testa altissima: l’Inter, che a fine stagione si sarebbe aggiudicata il titolo, non sarebbe andata oltre il pari sia all’andata che al ritorno; inoltre, Juventus, Milan e Roma rispettivamente seconda, terza e sesta classificata, quell’anno non sarebbero riuscite a espugnare il Pisacane venendo anch’esse fermate sul pari, mentre il Napoli – quinto al termine della trentaquattresima giornata – sarebbe addirittura stato sconfitto per 1-0. A condannare i legnanesi fu qualche sconfitta di troppo negli scontri diretti, dato che tra le mura amiche andarono a punti squadre che navigavano prevalentemente nella parte medio-bassa della classifica.
Oltre ai citati Palmer e Eidefjäll, le eccellenze di quell’anno furono il sempre presente mediano Luciano Lupi e l’ala Nereo Manzardo (a segno 11 volte su 32 occasioni): il primo è il giocatore con più gettoni e il secondo quello con più segnature nella massima serie per quanto riguarda i lilla. Inoltre si segnalano anche le buone performances di Motta (8 reti in 32 gare), ala scartata dal Torino, di Sassi (centrocampista, 7 gol in 29 presenze) e di Bercarich, viveur friulano che segnò per sei volte in 24 partite.
Dopo il fuoco di paglia della stagione successiva in B, chiusasi al terzo posto, iniziò il definitivo declino per i legnanesi che nel 1956-’57 sarebbero addirittura scesi fino in serie C, dando avvio a una fase di oblio che dura sino ai giorni nostri.
Nicola Adamu