Siete ingenerosi con Graziano Pellè. Anche troppo. Che un rigore lo si possa sbagliare, lo ammettete anche voi scandalizzati, però non è che puoi permetterti di sfottere il portiere numero uno al mondo, capitano – fino all’ingresso di Schweinsteiger – della Mannschaft di Germania, l’inaffondabile corazzata bianca che ha conquistato il mondo in Brasile. Ci vuole rispetto, dite. E in nome del “rispetto” inteso quale robaccia da pubblicità progresso che piace tanto all’Uefa e alla Fifa finite per mancare di rispetto al calcio stesso che, per definizione, è mancanza di rispetto. Mi hanno insegnato, persone estremamente pratiche di sport e di buon senso, che di pallone possono parlare tutti. Persino io. Perché tanto tutti, in un modo o nell’altro, avranno sempre ragione. Anche stavolta è così solo che, sui social, la folla attizza gli animi dei singoli che – come un fiume umano inquinato di bile – sfogano la rabbia contro un calciatore che t’ha tenuto a galla per un’intera edizione degli Europei. La cantilena è talmente lunga e noiosa che grava pesante sullo stomaco già gonfio di collera per un’eliminazione fin troppo beffarda. E ha addirittura tre ritornelli da bilanciare con una doverosa appendice.
Primo. “Se fai il gesto del cucchiaio, poi lo devi fare”. E c’ha pure ragione chi lo ha detto. Pensate un po’ se Pellè l’avesse fatto davvero, lo scavetto, consegnandoci la vittoria. Ci sarebbero già sette cause di canonizzazione aperte in Vaticano per San Graziano. Invece ha provato a piazzarla, cercando di distrarre il Guardiano del Cancello tedesco, l’ha ciccata ed è precipitato tra le anime dannate. Senza speranza di redenzione perché è Pellé lui, mica il celebratissimo e incazzoso Ibrahimovic che se lo criticate vi picchia pure.
Secondo. “Se non sei un campione non ti puoi permettere di sfottere Neuer”. Bravo a chi l’ha pensato, ma sia coerente. Se Pellé non può sfottere Sigfrido di Germania perché calcisticamente non alla sua altezza, ebbene manco i suoi detrattori – quique de populo come chi scrive – possono sfottere Pellé per la stessa identica ragione. E, allargando il concetto, è vietato da oggi fare pernacchie ai trilaureati (che ne capite, voi), ai tecnocrati (che ne sapete, voi?), a Juncker, ai censori della Brexit e pure a Matteo Renzi, a chiunque. Sostenere la posizione del “se sei uno qualsiasi non puoi parlare” è da radical chic, cacciatori di gufi o da aspiranti Fantozzi.
Terzo. “Pensava di essere Totti?”. Ma, a sostituzione, varrebbe uno qualsiasi da Pirlo fino a Roberto Baggio. Strano, però. Il Divin Codino sbagliò il rigore decisivo nella finale contro il Brasile a Usa ’94. Meno male che allora non c’era internet perché se no sai quante contumelie. A proposito, se avessimo avuto uno qualsiasi di questi campionissimi in squadra non saremmo arrivati ai rigori. Però vale anche il detto, sempre, che il nonno sarebbe potuto essere un flipper se solo fosse stato nato trigonadico. A proposito, Pellé, nel rettangolo verde, poteva pensare pure di essere la reincarnazione di Ferenc Puskas con la visione di gioco di Attila Sallustro. Come cantava Renato Zero è sempre meglio fingersi acrobati che sentirsi dei nani.
Appendice: qui si difende Pellè e non Zaza – pure brutalmente massacrato dalla folla social – e c’è un motivo. Zaza ha avuto paura, s’è rimpicciolito davanti a Neuer e la sua danza, quella che all’oratorio faceva il più dotato tecnicamente prima di calciare giusto per darsi un tono, ha espresso la grandezza del portiere avversario che è l’incarnazione perfetta dell’apollineo nel calcio visto coi guantoni (mentre il nostro Buffon è l’apice del dionisiaco tra i pali e Mesut Ozil, rigoraccio sbagliato, ce ne ha dato conferma). Pellè voleva essere una pernacchia dell’Italia proletaria ai multimiliardari in euro del Bayern Monaco travestito da nazionale tedesca. E gli è andata male.