Quando si parla dei calciatori più dotati dal punto di vista tecnico che abbiano mai indossato la maglia del Bari, il pensiero di ogni tifoso biancorosso corre immediatamente a Pietro Maiellaro. Originario di Candela, in provincia di Foggia, debuttò nelle giovanili del Lucera. Nell’81’ fu acquistato dall’Avellino, vestì le maglie di Palermo e Taranto, fin quando nel 1987 arrivò la chiamata del Bari che lo pagò di 2 miliardi e 300 milioni di lire più due giocatori. Giocatore dotato di grande fantasia e di un tocco di palla sopraffino, nelle quattro stagioni trascorse con la maglia dei Galletti mise a segno 26 reti in (13 in Serie B e altrettante in Serie A) facendo sognare i tifosi. Memorabile il goal del 24 marzo 1991 al Bologna, segnato con un tiro da 40 metri che non lasciò scampo al malcapitato Valleriani.
Dopo essersi messo in luce con la maglia del Bari arrivò la grande chance con la Fiorentina, in viola però non riuscì a imporsi e continuò a girare per l’Italia. Venezia, Cosenza, di nuovo Palermo e persino una parentesi in Messico con la maglia del Tigres, prima di chiudere tra Benevento e Campobasso una carriera in cui avrebbe potuto senz’altro raccogliere di più visto l’enorme talento di cui disponeva.
Intervistato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, lo Zar, ha spiegato il suo grande legame con la piazza barese senza nascondere un pizzico di rammarico per ciò che poteva essere e che non è stato, dalla mancata chiamata in Azzurro al sogno europeo con i Galletti.
“Sono sempre stato consapevole di quanto valevo e di ciò che, forse, non ho raccolto per mie responsabilità – ha raccontato Maiellaro -. Mi è mancata la nazionale: l’ho sfiorata e non ho coronato il sogno di acciuffarla perché il ct Azeglio Vicini trovò una scusa per non convocarmi dopo che saltai una gara per un problemino fisico. È pur vero che la concorrenza all’epoca nel mio ruolo portava i nomi di Baggio, Mancini, Zola. Oggi il livello è diverso: in tanti arrivano in azzurro con tre buone prestazioni. Ho ammesso tante volte il mio errore: essere andato via da Bari. Lì avevo trovato la mia dimensione ideale, avevo tutto. Ho giocato in città importanti, mi sono divertito, ma il Bari è stata la squadra della mia vita”. E ancora: “Il Bari mi ha portato in serie A, mi ha dato l’opportunità di confrontarmi con grandi campioni, la gente mi ha fatto sentire speciale. Se fossi rimasto, forse saremmo davvero riusciti ad acciuffare quel sogno chiamato Europa”.
Ecco invece quello che ha avuto modo di raccontare a Repubblica. “Quando ho giocato nel Bari, mi è capitato spesso che i campioni delle altre squadre a fine partita si avvicinassero per propormi di giocare con loro nella stagione successiva. Me lo dicevano in tanti, ma scelgo un nome su tutti: Diego Armando Maradona. Io e Maradona insieme a centrocampo? Io pur di giocare accanto a lui, mi sarei messo anche a correre come un mediano”.
Come Maradona, anche lei segnava gol incredibili. “Sì, non mi posso lamentare. Ma la volta che mi sono sentito davvero simile a lui è stato in un’amichevole sul campo della Sambenedettese. Presi palla nella nostra metà campo e cominciai a saltare gli avversari come birilli: ne misi cinque con il sedere per terra, scartai anche il portiere, ma posizione molto angolata calciai sul palo. Fosse entrata quella palla, sarebbe stato il gol più bello della mia carriera”.
Info: “LaBariCalcio”