Ci sono giocatori di cui ti chiedi cosa avrebbero potuto dare al calcio senza incappare nell’infortunio che gli ha cambiato in peggio la carriera. Giuseppe Pepito Rossi è di sicuro uno degli ultimi esempi. Sul finire degli anni ’80, piace, o meglio spiace, ricordare Graziano Mannari. Sfortunato attaccante di scorta del primo Milan vincente di Sacchi e Berlusconi con grandi potenzialità purtroppo inespresse.
Graziano Mannari è nato a Livorno il 19 aprile 1969. Classico attaccante brevilineo dotato di buona tecnica, aveva una grande velocità e un discreto senso del gol.
Era capace di giocare sia come prima che come seconda punta adattandosi anche nel ruolo di attaccante esterno. Dopo le giovanili dalle parti di casa tra Rosignano e Follonica viene portato dall’allora presidente del Milan, Giussi Farina, nelle giovanili rossonere.
Il futuro del Milan. Sarà proprio il Milan la squadra in cui Mannari si metterà in luce. Infatti di lì a poco la società passa nelle mani di Silvio Berlusconi che chiama in panchina il semisconosciuto Arrigo Sacchi da Fusignano, l’uomo che cambierà il calcio dell’epoca. Graziano fece il suo esordio in serie A nel secondo tempo di Milan-Cesena del 7 febbraio 1988 entrando al posto di Ruud Gullit dolorante al ginocchio. Si mette subito in evidenza, propiziando il gol del raddoppio di Evani.
Scudetto amaro. Tre giorni dopo subisce il primo, grave infortunio (rottura di tibia e perone), e non colleziona altre presenze in campionato. Con quella unica partita il giovanissimo Mannari si cucirà addosso il primo scudetto della nuova era vincente del Milan berlusconiano e sacchiano.
Il ritorno, il gol al Bernabeu, la doppietta alla Juve. La stagione successiva Mannari torna alla stragrande andando già in rete nel precampionato contro il Real Madrid in amichevole al Bernabeu. Timbra il tabellino anche nella finale di Supercoppa Italiana nel 3-1 alla Samp. Si guadagna spazio nella gerarchia della panchina rossonera. Gioca di più, saranno 17 in totale le presenze con una domenica da ricordare. Il 12 marzo 1989 a San Siro c’è un Milan-Juventus che sarà dominato dalla squadra di Sacchi. 4-0 il risultato finale. A completare il poker ci penserà proprio Graziano con una doppietta da favola: prima di testa in tuffo su assist di Donadoni, poi dribblando anche Tacconi. Sarà quello l’anno della prima Coppa Campioni rossonera.
L’addio al Milan e il lento declino. Arrigo Sacchi credeva molto nell’entusiasmo e nella disponibilità ad imparare concetti e movimenti da parte di Graziano Mannari. Ma quell’infortunio al ginocchio, in un’epoca in cui le tecniche mediche erano ancora perfettibili, specie in ambito sportivo, aveva finito per ridurne l’esplosività. Nell’estate ’89 si presenta un bivio, per lui e per il Milan. “Avrei dovuto rimanere, ma volevo giocare e con tutti quei campioni non era possibile… peccato” avrebbe dichiarato anni dopo. Il Milan lo scambiò con Marco Simone col Como in B. Mannari torna in A con il Parma di Scala l’anno dopo ma anche qui gioca poco, solo 12 gare, spesso spezzoni, e nessun gol. Comincia una sorta di peregrinaggio in giro per l’Italia con diverse ricadute e altre operazioni al ginocchio. Scende di categoria e gioca sempre meno. Le ultime squadre saranno, sul finire degli anni ’90, la Pistoiese con promozione in B e un gol pesante per andare ai playoff, e Pontedera. Chiude poi in Eccellenza con Sorianese e Acquaviva.
Soprannomi, da Pier Silvio a Lupetto. Il suo primo soprannome, arrivato al Milan, fu Pier Silvio, per la somiglianza con il figlio, del presidente Berlusconi. Poi fu Ruud Gullit che stravedeva per lui a dargli il soprannome di Speedy Gonzales per la sua velocità in campo. Ma per tutti Mannari è Lupetto nickname affibbiatogli dal telecronista milanista Carlo Pellegatti che lo aveva derivato dal cognome: Mannari – lupo mannaro – Lupetto.
Lo storico spot. Ancor prima di scendere in campo con la maglia del Milan in prima squadra, il giovanissimo Mannari, di bell’aspetto, viene scelto dalla Fininvest per uno spot contro la violenza negli stadi. Mannari scende dagli spalti di San Siro per togliere una miccia accesa sotto il pallone al centro del campo. “L’idea della spot – ha raccontato Graziano – venne in mente al presidente Berlusconi dopo la partita Milan-Roma persa a tavolino per il lancio di un petardo a Tancredi nell’anno dello scudetto. Furono fatti molti provini e fui scelto io”.