Antefatto: Italia, metà anni ’80. Le cervicali dei giovani non si flettono sugli smartphone, si piegano (quasi solo) sui fumetti. Fra questi è esplosa – come una granata in un campo fiorito – la saga del personaggio di Massimo «Zanna» Zanardi. Sono gli anni in cui riviste come Frigidaire; Corto Maltese, Alter Alter (dove la striscia nasce e si sviluppa) spopolano. E in queste «Zanna» è un must. Colori psichedelici, volto affilato dal naso come una spada; occhi che luccicano, sorriso che fende. Cattiveria diffusa. Nei modi, nei gesti, nello stile di vita di un personaggio (surreale per la ferocia) che è l’antitesi della bontà. Del «politicamente corretto»: si droga, picchia e viene picchiato; rapina, uccide. Tradisce e viene tradito. Nella sua «cricca inquietante»; nel milieau immaginario di una Bologna contemporanea. Irreale nei suoi toni foschi; eppure realistica. Anche per quella «Banda della Uno bianca» che da lì a poco seminerà morte e terrore in Emilia-Romagna. Zanna diventa il «male ipotetico» in un Italia che ha bisogno di dimenticare. Di sentirsi rassicurata. E tutti a chiedersi da dove arrivino quei tratti somatici così «calzanti» di uno Zanardi annoiato e feroce.
Lo disegna un genio assoluto del fumetto nazionale. È il poco più che venticinquenne Andrea «Paz» Pazienza (1956 -1988), nato a San Benedetto del Tronto, cresciuto fra San Severo (il paese del padre) e – dai dodici anni – Pescara. Dove è andato a scuola e, ben presto, ha rivelato tutto il proprio talento. Nel capoluogo abruzzese frequenta il Liceo Artistico “Giuseppe Misticoni”, sviluppa idee di «ultra-sinistra», crea i suoi primi fumetti, (molti ancora inediti), dipinge e ogni fine settimana scende in provincia di Foggia. Prima di iscriversi al corso di laurea in Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo (Dams) a Bologna. È protagonista negli anni della contestazione bolognese legata al Movimento del ’77 e da lì prende ispirazione per il primo fumetto di grande successo: «Le straordinarie avventure di Pentothal» (il nome è un programma). Spicca il volo verso il «gotha» del fumetto nazionale. Nel frattempo ha già disseminato la sua vita di disegni meravigliosi, amicizie (alcune equivoche), brutti «vizi» e idee artistiche rivoluzionarie. Carattere aperto e socievole, fisico asciutto, capello corvino, viso da ragazzo scanzonato. Le donne lo adorano. Il successo lo premia – malgrado i demoni e gli stravizi -; le amicizie lo ispirano. Per anni a Pescara «Paz» frequenta un giovane calciatore delle giovanili biancoazzurre. Ha due anni in meno, una talento differente, una identica (e silente) capacità autodistruttiva. I due per un lungo periodo diventano inseparabili. Stesse abitudini (non tutte «sane»), stesse inquietudini socio-politiche; simili destini e una faccia a unirli. Per sempre. Sì, lo stesso Pazienza lo ammette, molti amici comuni lo testimoniano (anche negli anni): quel volto di «Zanna» – di una goliardia perfida e malefica – è disegnato sui tratti somatici del suo amico-calciatore. Naso aquilino, sguardo malizioso, ciocche curate e abiti di tendenza (fra i «dandy»); camice variopinte e sciancrate, soprabiti attillati. Una differenza: l’amico a cui si ispira non è certo un cattivo; un (troppo) buono, piuttosto.
Lui è Marco Masoni (1958-1998), un padre calciatore (Farnese, anche del Napoli di Achille Lauro, oltre che del Pescara), un grande talento che sembra pronto a esplodere. Studia e gioca, gioca e sale i vari livelli delle giovanili biancocelesti. Sembra un predestinato: entra nel giro della prima squadra. È un finto estroverso: ride e scherza con tutti, fa il compagnone, ma cova quella malinconia di chi si sente sempre, perennemente, solo. Gioca a calcio come pochi: è un interno di mediana ambidestro, accarezza il pallone, vede e prevede. La chiamano «visione di gioco»: lui ce l’ha. Gino Stacchini, ex ala della Juve di Boniperti, lo segue nelle minors dei Delfini: «Diventerà un campione».
Stagione di B 1976-’77: Giancarlo Cadè, è l’allenatore allenatore del Pescara che insegue la (prima) serie A, rompe gli indugi e se lo porta in prima squadra. Ci siamo. Marco è convocato in panchina, prima, e scende in campo poi (quell’anno 4 spezzoni di gara in serie B). Intanto il 9 gennaio esordisce fra i cadetti con un botto: al 70′ sostituisce Prunecchi, 14 minuti dopo porge a Repetto il gol della vittoria: 0-1. L’avversario? È il Vicenza che sfoggia la prima punta Paolo Rossi (capocannoniere)… È il giorno più bello del Masoni calciatore: il ragazzo devolve il premio-partita a Lotta Continua. Non vuole che il calcio confonda i propri valori: va alle manifestazioni cittadine, lo si incontra agli angoli delle strade a distribuire volantini. Diventa amico del più politicizzato dei calciatori, Paolo Sollier.
Si vede e si sente con il «Paz». Il Pescara sale in A, Masoni c’è. Ma fino a un certo punto: a inizio stagione «la combina». Convocato da Cadè, non si presenta per una trasferta a Cesena: «Sto male». In realtà: la ragazza lo ha mollato e se n’è andata a Bologna (con un altro), lui la segue, fa l’autostop e… Incrocia sull’autostrada il pullman del Pescara che viaggia verso la Romagna: s’infratta, ma viene visto. Coi suoi «Delfini» è finita. Comincia invece a circolare la voce che sia solo un capellone inaffidabile. E comunista. Il Pescara se ne libera: va alla Casertana di Tobia, passa da Casoria, Sassari (Torres), Pontedera, approda all’Akragas (’83-’84) di Franco Scoglio, lì è compagno di squadra di quel Pietro Puzone che poi sarà l’amico fraterno di Maradona al Napoli; e vive (a metà anni ’80) forse il suo periodo calcistico più sereno. In serie C. Un talento sprecato. Ma dura poco: si rompe un ginocchio e chiude. Fra scelte controcorrente, demoni personali e delusioni cocenti – vorrebbe insegnare calcio, tenta il corso a Coverciano; non viene accolto; ripetutamente – la sua vita scivola via; la malinconia ha il sopravvento. Diventa depressione, dolore. A quarant’anni si toglie la vita. Circa un decennio dopo la scomparsa del suo amico «Paz» Pazienza, che sarà trovato morto un giorno di giugno del 1988, per sospetta overdose (mai confermata dalla famiglia). A soli 32 anni. Andrea e Marco, vite tragiche, parabole di talenti solo in parte veramente espressi in mondi tanto lontani dal «fare un giro completo» e finire per toccarsi. Nel nome dell’amicizia, nel segno del più perfido dei personaggi da fumetto.
Bibliografia: Andrea Pazienza e Marco Masoni, il calciatore che ispirò il volto di «Zanna» Zanardi, Fiorenzo Radogna