“Aldo è un amico ma non ha mai voluto ammettere quel pugno alla palla in area di rigore”. Chi parla è Silvano Fontolan, 69 primavere ben portate e 143 partite col Verona e 4 gol. Lui è lo stopper dello scudetto, lui giocò nell’Inter ma fu il fratello Davide a lasciare il segno con la maglia nerazzurra. “Adesso lo posso dire – ricorda – venivano qua a casa mia in taverna a suonare con Ruben Sosa. Se l’avesse saputo l’Osvaldo”.
Ride il “Fonto’” l’Osvaldo è mister Bagnoli. “Avrei dovuto seguirlo quando andò al Genoa. Mi chiese di fargli da secondo”.
Era il 6 novembre del 1985. Lo scudetto sul petto l’aveva il Verona. Bianconeri presenti in Coppa perché l’avevano vinta l’anno precedente. All’andata al Bentegodi con Galbagini l’Hellas aveva colpito una traversa ma poi finì zero a zero. Al Comunale di Torino si giocava a porte chiuse, gli incidenti dell’Heysel. Elkjaer unica punta, libero di andarsene per le praterie juventine, centrocampo più robusto con Sacchetti (non c’era Fanna) e più tecnico con Vignola numero 9, Galderisi in panchina.
Il piano tattico del generale Bagnoli vacillò dopo 20 minuti scarsi, quando l’arbitro Wurtz, stavolta sì, fischiò un rigore alla Juve. Francese lui, francese Platini, “Oui, c’est plus facile“. Era la Juve di Tacconi e Favero, di Brio e Scirea, di Manfredonia e Laudrup. Non era una grandissima Juve, s’era capito anche all’andata. “Dovevamo vincere, li abbiamo messi sotto” ricorda Fontolan. Era finita 0-0, “ma giocammo meglio noi e solo per sfortuna la Juve riuscì a passarla liscia“.
A porte chiuse, fu un’altra cosa. “Un’atmosfera strana, irreale” osserva Fontolan. “Un clima difficile da immaginare per una partita di quella importanza. Anche se poi, quando sei dentro, pensi solo alla partita“. Successe di tutto. È come se Wurtz sapesse di agire nell’impunità, come se l’assenza di pubblico fosse anche assenza di giustizia. Di dignità. La Juve era in castigo, per via della tragedia dell’Heysel. Ma in castigo finì in realtà il Verona. Ferito e umiliato, espulso dalla Coppa per questioni che niente c’entravano col calcio.
La partita, se mai era cominciata, finì nello stesso momento in cui il fischietto di Wurtz non fischiò per il fallo di Serena. Proprio Serena, sempre lui, chiuse il conto in avvio di ripresa.
Bibliografia: “Calciohellas.it”, Alessandro Tata