Centosei anni fa, nonostante le strategie scellerate e visioni ottuse di generali come Luigi Cadorna l’Italia vinse la Prima guerra mondiale. Un secolo fa Tenente degli Alpini era Vittorio Pozzo che porterà poi l’Italia a vincere due Mondiali di calcio Evidentemente gli anni con l’otto finale gli hanno sempre portato bene.
Centodue anni fa anche lui trionfava con l’Italia e con gli italiani dopo un conflitto sanguinario vinto nonostante gli errori e le strategie scellerate che portarono alla morte di persone incolpevoli, messe in atto dagli alti ufficiali, proprio come Cadorna, che la storia oggi sta affossando e colpevolizzando.
Vittorio Pozzo, torinese di origini biellesi, giornalista e unico Commissario tecnico della Nazionale azzurra di calcio a vincere due Mondiali (1934 a Roma e 1938 a Parigi) ed un oro olimpico a Berlino (1936) era tenente del 3° Reggimento Alpini ed era tra quei soldati ad uscire dalle trincee dopo esserci rimasti per mesi e mesi schiacciati come topi. Pozzo imparò in quel tragico conflitto uno stile di vita che poi porterà in allenamento.
Venne chiamato alle armi mentre allenava il Torino. Scrisse sul suo taccuino a proposito del mestiere di allenatore: “Lavorare in modo chiaro, lineare, schietto in tono e sostanza tale da dare al giocatore la sicurezza assoluta dell’onestà e della dirittura di condotta nei suoi riguardi. Dividere col giocatore lavoro, fatica e sacrificio. Comandare con l’esempio. Non abbandonarlo mai. Essere con lui cordiale e gioviale anche, pur mantenendo, in modo che esista senza che quasi la si senta, la distanza che sempre deve intercorrere tra superiore e interiore”.
Alla vigilia della finale della Coppa Internazionale nel maggio del 1930 a Budapest contro l’Ungheria l’allenatore portò gli azzurri a Redipuglia (Friuli Venezia Giulia) per visitare l’immenso cimitero militare dove sono sepolti più di centomila militari morti durante la Prima guerra mondiale. “Quello che hanno fatto i soldati che si trovano sepolti qui è ben altra cosa rispetto a quello che dovremo fare noi a Budapest. Ma il comune sentire dell’amore per l’Italia deve essere d’ispirazione per tutti noi”.
Oggi lo si definirebbe un motivatore, ma Pozzo era di più. E l’Italia rifilò ai magiari una cinquina. Durante una trasmissione su Rai Storia l’ex Ct azzurro non negò, causa i suoi metodi severi “di aver fatto piangere più di qualche calciatore”. Dopo aver vinto il Mondiale del 1934 giocato in casa, più di qualche detrattore sostenne che “c’era lo zampino del regime fascista”. Ma venne subito smentito perchè quattro anni più tardi, siamo nel 1938, l’Italia riconquistò il Mondiale, questa volta in terra di Francia.
E il tenente-allenatore resta sempre un vincente. Nell’Italia che vinse nel 1934 c’erano anche i rappresentanti della scuola calcistica del “Quadrilatero piemontese”, precisamente: Luigi Bertolini, Felice Borel, Umberto Caligaris, Giuseppe Cavanna, Attilio Demaria, Giovanni Ferrari, Eraldo Monzeglio e Virginio Rosetta. Nel 1938 i piemontesi erano Pietro Rava, Giovanni Ferrari, Pietro Ferraris, Eraldo Monzeglio, Silvio Piola e Piero Pasinati. Alle Olimpiadi di Berlino c’erano Pietro Rava e Giulio Cappelli. Tra i convocati, mai scesi in figuravano anche Adolfo Giuntoli e Carlo Girometta. Tutti giocatori che Vittorio Pozzo ha sempre considerato come dei figli.