Li aspetta la storia, forse la leggenda. Li aspetta Wembley. E forse hanno un po’ di paura. In fondo tre anni fa erano solo in serie B. Manca un mese esatto alla finale quando Tino Asprilla fa due capriole in faccia all’Atletico Madrid e parte per la Colombia. E’ Pasqua e poi lì c’è sua madre che sta male. Tino torna ingessato per uno squarcio al polpaccio e scoppia il putiferio. Si parla dell’ennesimo botto con la macchina , di agguati nella notte , coltellate. Non è tutto vero, ma ormai è troppo tardi.
Lui era quello più in forma, l’arma impropria. E la paura così non va via. Si vede nel ritorno con gli spagnoli. Nevio Scala non s’impressiona: “Manca Asprilla? Giocherà un altro. Non c’è problema”. Sorride e torna all’allenamento. Un pomeriggio, Tino Asprilla passa dal Tardini: ha sempre il gesso, ma guida un motorino. Ormai nessuno si sconvolge più. Nemmeno quando lo vede sfrecciare con le stampelle in aria.
Una settimana alla finale e squilla il telefono: è morta la mamma di Tino. E’ la pugnalata ai suoi sogni e forse a quelli dei compagni.
Che adesso devono dimostrare di saper giocare ad alti livelli anche senza di lui.
Con Taffarel ufficialmente disperso, sarà una squadra senza sudamericani. Perchè in questi giorni di interminabile attesa, Nevio spinge il gruppo a raccogliersi intorno a quelli della serie B. Cancella gli alibi, responsabilizza gli uomini. Smonta e rimonta. Per ricordare da dove si è partiti. Lui, si sa, è uomo di campagna . Sa che la finale è un punto di cesura e azzera tutto per creare la sua tana. Dove la paura , anche quella irrazionale e l’ansia , anche quella di vincere, pian piano svaniscono: “Ho fiducia . I nostri successi non sono legati solo ad Asprilla . Non siamo arrivati per caso a una finale europea, ma seguendo la strada del collettivo, della programmazione e del lavoro quotidiano”.
Per il posto che si è liberato Nevio ripesca l’immusonito Marco Osio, che ha già le valigie pronte. Poi ricarica Melli, un altro che vuole andar via. Forse cambiano idea. Perchè Nevio tiene la barra dritta : “ Dobbiamo giocare in distensione. Cercando anche di divertirci. E poi la formazione l’ho già in mente : tra gli undici non figura Asprilla. Nemmeno in panchina ”. E non parla più fino alla vigilia.
Intanto Tino Asprilla dalla Colombia chiede un maglia. La Parmalat gli mette a disposizione un aereo privato. Lui insiste, vuole giocare. Per Nevio non se ne parla nemmeno. Ma nell’allenamento di rifinitura Tino sembra pronto: corre , scalpita.
Niente. E decide che è il momento di implorare.
Nevio gli fa una carezza con la manona. Poi assegna la maglia numero 16 L’ultimo in lista : “Non gioca , fosse anche Maradona o Pelè”. Quella che schiera è per cinque undicesimi la squadra di tre anni fa.
A proposito di fronte c’è l’Anversa. E il Parma lo lavora ai fianchi: a destra, dove fruscia subito Antonio Benarrivo, testa di Melli e il portiere Stojanovic si arrangia in corner. Senza tregua: Osio lo taglia stupendamente, Stojanovic esce e resta a metà strada. Se la perde. Non è prudente lasciarla lì, sul sinistro di Minotti: 1-0.
Ma nel Parma c’è qualcuno che è molto emozionato: è Daniele Zoratto . Proprio lui, quello coi capelli bianchi su cui si può sempre contare, quello del massimo due tocchi, il mister in campo. Va in tilt sul pressing dei belgi ed è pareggio.
L’Anversa ci riprova: Ballotta sicuro. Potrebbe saltare tutto. E tornare la paura. Nevio richiama Zoratto, per di più stirato e mette Pin.
E la squadra riprende i fraseggi a memoria e gl’ interscambi. Poi più veloce, è un Parma abarth. L’Anversa si ritrae, come spaventato. Ancora sindaco Osio gira intorno a due uomini e centra: l’uscita di Stojanovic è fuori tempo e fuori misura. Forse anche fuori luogo . Perché è già passato Sandro Melli: 2-1.
Serve anche il repertorio delle palle inattive. Come fosse l’esercitazione del venerdì con il mister. Lo schema è semplice, troppo semplice. E quasi impossibile. Ma vien fuori limpido con la palla che viaggia ad alta quota e Melli che incrocia a volo: 3-1. Wembley è una bolgia. Sono tutti eccitati . Anche il guardalinee che sbraccia e annulla uno dei gol più belli di sempre della Coppa delle Coppe . Prendendo un colossale abbaglio e disonorando il tempio del calcio.
Nella ripresa l’Anversa butta solo palle nel mucchio. E Melli divora tre match-point. Cambio nel Parma: fuori il sindaco. Negli spazi potrebbe andar a nozze Asprilla, ma Nevio lo lascia lì, seduto. Entra Fausto Pizzi, curiosamente il sesto in lista che viene dal Parma della serie B. E i belgi sono sulle ginocchia.
E’ il momento di Stefano Cuoghi, lottatore efferato: perché a quasi trentaquattro anni e dopo la solita partita senza mollare un millimetro, ne ha ancora. Più di tutti. Prima affonda in una difesa spettrale, poi si guarda attorno e vede solo Stojanovic: lo mette a sedere, 3-1 scolpito.
Adesso Nevio può uscire dalla tana. E manda i suoi ragazzi (ancora senza la coppa) sotto la curva dell’Anversa ad applaudire il pubblico degli sconfitti. Perché lui è questo : “E’ anche la vittoria di Tino Asprilla”.
Tre giorni dopo lo fa giocare in campionato. Ma solo per un tempo.
Ernesto Consolo