Lo hanno sempre chiamato “il Barone”: a chi deve il soprannome? A un giornalista di Torino, Fulvio Cinti, perché diceva che aveva stile in campo e fuori. A lui, però, piaceva anche il soprannome “Brazil”, inventato da un altro giornalista, Vladimiro Caminiti. Stiamo parlando di Franco Causio.
Che vinse il Mundial dell’82 e anche la famosa partita a scopone sull’aereo del presidente della Repubblica Sandro Pertini: come ha fatto? “Il presidente voleva giocare. Io ho chiesto di stare col Vecio, lui ha scelto il capitano, Zoff. Abbiamo vinto grazie a una mia mossa, estrosa come quelle che facevo in campo e anche lì c’è stato di mezzo un 7, il mio numero, che ho calato al momento giusto. Che uomo Pertini! Un anno dopo era in visita a Udine e ha mandato un’auto dei Carabinieri a prendermi, per stare tutto il pomeriggio con me”.
Franco Causio, essenzialmente ex centrocampista di Juventus e Udinese, anche se ha giocato anche nella Sambenedettese, nella Reggina, nel Palermo, nell’Inter, nel Lecce e nella Triestina. Alla Juve aveva iniziato a giocare con la maglia numero 8, la maglia numero 7 arrivò con Trapattoni, quando fu spostato a destra e Tardelli faceva il trequartista.
Quella variazione tattica è stata la sua consacrazione: “ero un regista con la maglia numero 7. La Juventus è stata la mia vita, sono arrivato a 16 anni e ho avuto le giuste persone che mi hanno insegnato lo stile Juventus come l’avvocato Agnelli e il presidente Boniperti. Lo stile Juventus non riguardava solo l’aspetto esteriore, ma dovevamo essere un esempio di professionalità per i ragazzini più giovani”. Quando lo hanno mandato via dalla Juventus, si è trasferito trasferito all’Udinese dove ha trascorso tre anni alla grande. Eppure all’inizio lui in Friuli non ci voleva andare.
E pensare che non ci voleva venire. Rileggere, per credere, il suo sfogo, del 16 luglio 1981 all’aeroporto di Linate, il giorno dopo essere stato ceduto dalla Juve. In arrivo dalle vacanze, per incontrare Franco Dal Cin, amministratore delegato dell’Udinese, Causio storse il naso: “avevo indicato cinque squadre: Milan, Inter, Napoli, Fiorentina e Bologna, l’Udinese non è tra queste”.
Poi, una volta all’Udinese, tra le prime telefonata ricevute c’era quella di Enzo Bearzot, che aveva incontrato per la prim volta quando era molto vicino al passaggio al Torino a 16 anni, periodo in cui militava nella Sambenedettese. Nel frattempo fece un provino a Forlì con la Juventus e decisero di prenderlo. Finito il campionato andò in vacanza e gli arrivò una telefonata di suo padre che lo informava di un telegramma da Torino, si aspettava la chiamata dei granata ma invece era la convocazione della Juventus.
“Non sarei mai andato via dalla Juventus, ma mi ritrovai all’Udinese, ripeto la prima telefonata fu di Bearzot, che mi disse di giocare al meglio e di realizzare ottime stagioni perché avrei fatto parte dei 22 per il mondiale in Spagna, dove avrei dovuto dare una mano allo spogliatoio e farmi trovare pronto”.
Mario Bocchio