Le foto sono sbiadite dai decenni trascorsi, ma nella ultracentenaria storia c’è un’immagine che sembra aver fermato il tempo. È quella scattata allo stadio Menti di Vicenza il 12 dicembre 1954 nel famoso derby in serie B contro il Padova, disputato sotto la pioggia e passato poi alla cronaca perla “quasi invasione di campo” causata dal cedimento delle reti di protezione. E la successiva fermezza dell’arbitro Orlandini di Roma (una specie di istituzione in quel periodo, come poi successi negli anni a venire con Concetto Lo Bello) che, dopo essersi accertato che le linee bianche si vedevano decise di portare a termine la gara pur con gli spettatori vicinissimi alle linee laterali.
Il Vicenza vinse 1-0, con gol vincente di Motta (foto a fianco) che allo scadere del primo tempo segnò di precisione sfruttando un assist di Manzardo e un liscio di Lazzarini. Per la cronaca ecco il tabellino, in cui è evidente sulla panchina del Padova la presenza di quello chenegli anni a venire diventerà il “paron” Rocco:
L.R. VICENZA: Sentimenti IV, Giaroli, Pavinato, Moro, Lancioni, Bonci, Manzardo, Campagnoli, Testa, Miglioli, Motta. All.: Aldo Campatelli
PADOVA: Panizzolo, Lazzarini, Zorzin, Matè, Scagnellato, Mori, Agnoletto, Pison, Bonistalli, Chiumento, Stivanello. All.: Nereo Rocco
Rete: 42′ Motta (V).
Arbitro: Orlandini di Roma
Alla fine di quella stagione Vicenza e Padova salirono a braccetto in serie A, con i biancorossi protagonisti di una stagione trionfale, con uno score eloquente: ventidue vittorie in trentaquattro partite, dieci punti di vantaggio sulla terza in classifica e la conquista matematica ottenuta con cinque giornate di anticipo. Chi non può dimenticare i derby Vicenza-Padova è sicuramente l’avvocato Sergio Campana, classe 1934, bassanese, da sempre presidente dell’Associazione Italiana Calciatori. «All’Appiani segnai il mio primo gol in serie A, come non ricordarlo», dice Campana, che invece non disputò il famoso derby con i tifosi a bordo campo. «Probabilmente ero infortunato – il racconto dell’avvocato – ma quell’episodio fu un fatto storico. Orlandini era un grande arbitro, ricordo che in campo lui accettava di parlare con i giocatori e anche questo particolare ha creato in qualche modo il suo mito e la sua classe».
Detto che in quel campionato di B Campana
(foto a fianco) collezionò 15 presenze e 6 gol, il ricordo più bello, come detto, risale al campionato successivo, nell’anno dell’esordio serie A. «Il primo gol arrivò solo nel girone di ritorno (il 4 marzo 1954, ndr.) proprio allo stadio Appiani. Ricordo che mi marcava Sarti, ma riuscii a beffarlo e a segnare da pochi passi. Alla fine un derby dolce e amaro, perché negli ultimi 7 minuti subimmo due gol e finì 3-1 per il Padova». Sergio Campana segnò al Padova, anche nel campionato successivo, quello dello stagione 1956-1957, sempre in serie A. E anche qui finì con una beffa. «Segnai alla fine del primo tempo con un colpo di testa da centro area su corner di Motta e poi conservammo in vantaggio sino a 2′ dalla fine, quando al Padova fu assegnato un rigore, su cui protestammo, trasformato da Moro».
Azeglio Vicini, classe 1933, fu uno dei protagonisti con Campana e Gigi Menti della doppia vittoria al Torneo di Viareggio, proprio alla metà degli Anni Cinquanta. Anche lui non partecipò al famoso derby, anche se in quella stagione collezionò 17 presenze con 6 gol all’attivo, proponendosi come uno dei giovani più promettenti del calcio italiano. «Quello del 1954-1955 – ricorda Azeglio Vicini, che risiede nel Bresciano ma alla città del Palladio è sempre rimasto legato in quanto la moglie è vicentina di origine –per me fu l’anno del servizio militare, che svolsi ad Orvieto. Per tutta la settimana ci si allenava in caserma, per fare rientro a Vicenza solo il venerdì sera in vista della partita della domenica. In realtà questo non succedeva sempre, in quanto spesso giocava la Nazionale militare, che ovviamente aveva la precedenza».
Una volta lasciato il Vicenza, Azeglio Vicini
(foto a fianco) , negli Anni Ottanta tecnico della nazionale italiana under 21 e poi alla guida della nazionale A ai mondiali di Italia 1990, segnò altri gol contro il Padova. «Il primo lo segnai quando giocavo con la Sampdoria e fu una grande gioia perché in quel momento il Padova di Rocco era secondo in classifica. Il secondo gol al Padova lo realizzai a fine carriera con la maglia del Brescia». Luigi “Gigi” Menti (Menti IV per gli almanacchi calcistici, visto che era l’ultimo dei quattro fratelli), classe 1934, vanta invece trascorsi in entrambe le squadre, avendo militato sia nel Vicenza che nel Padova. «Quella in maglia biancoscudata – racconta Menti
(foto sotto) , residente in città – fu un’esperienza non proprio positiva in quanto fui prestato dal Vicenza al Padova e proprio per questo motivo fui schierato solo nell’ultima partita, in quando bisognava valorizzare i giovani di proprietà. Tuttavia ricordo il buon rapporto con mister Nereo Rocco che, passato l’anno successivo alla guida del Milan, cercò di portarmi con lui».
Una vicenda inedita, quest’ultima, che merita di essere raccontata. «Durante la pausa estiva un mio compagno di squadra del Padova, Secco, mi disse che Rocco doveva parlarmi. Ma siccome non avevo il telefono a casa, il “paron” nel tragitto in treno tra Milano e Trieste si fermò a Vicenza e venne a trovarmi nella mia abitazione in corso Padova. Ovviamente dissi di sì e anche con l’ingaggio, 16 milioni di lire per due anni, sembrava tutto a posto. Qualche giorno dopo la Gazzetta dello Sport intitolò “Menti al Milan” e lì qualcuno cominciò a storcere il naso, in primis Gianni Rivera, per il quale si era parlato di un suo passaggio al Vicenza in prestito. Alla fine non se ne fece nulla e io restai in biancorosso con un ingaggio annuo di 5 milioni».
E il derby Vicenza-Padova dell’invasione campo? «Seguii la partita dalla tribuna in quanto ero infortunato – conclude Gigi Menti – ma non per uno scontro di gioco, ma per un incidente in moto che mi capitò qualche settimana prima con Pavinato, mio compagno di squadra. Stavamo andando a mangiare il pesce a Casale, con lui alla guida, quando uscì di strada in una semicurva. Lui restò incolume, io mi feci male a un piede e subii un taglio al sopracciglio suturato con 8 punti».
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