Quando si dice “mi tolgo il cappello” sta a significare un gesto di grande rispetto nei confronti di qualcuno o per qualcosa che ha fatto. In questo caso, noi ce lo togliamo dinnanzi alla carriera di un grande, un grandissimo. Leggenda del calcio spagnolo ed europeo capitano e bandiera del Real Madrid, la storia della Champions League, campione di classe pura e cristallina . Raúl Gonzalez Blanco… basta solo il nome. Di lui ci parla Marco Razzini nell’articolo dal titolo “Raúl González Blanco, una historia ‘galáctica’”. E’ il 27 giugno 1977, Madrid. Maria Luisa, casalinga, ha appena messo al mondo il piccolo Raúl. Come da tradizione prende il cognome González di papà Pedro e Blanco della mamma. Raúl González Blanco diventerà uno dei più grandi attaccanti spagnoli della storia, solo che nessuno ancora lo sa. Pedro è un elettricista, ma soprattutto è tifosissimo dell’Atletico Madrid, l’altra della città.
Dunque impazzisce di gioia quando il piccolo Raúl entra nelle giovanili dell’Atletico. I numeri sono clamorosi fin da bambino. Segna 65 gol nel primo anno giocando a centrocampo, vincendo il titolo da imbattuti. Sale di categoria e vince ancora.
Quando tutto sembra pronto per spiccare il volo, arriva l’interruzione. Tale Jesús Gil, presidente dei Colchoneros dal 1987 al 2003, decise di smantellare senza troppi ripensamenti tutto l’impianto giovanile del club. Il talento di Raúl era ormai cosa nota, e passa poco tempo prima che arrivi la chiamata.
E la chiamata arriva. Al telefono è il Real Madrid, è il 1992. Sta per iniziare una carriera lunga 18 anni con la maglia Blancos.
Giocando sempre con ragazzi più grandi registra dei numeri totalmente irreali. 71 gol in 33 partite al primo anno, passano poco meno di due anni e arriva al Real Madrid C, dove segna 13 gol in 7 partite, arrivando all’apice. Viene aggregato al Real Madrid B, all’epoca nella seconda categoria spagnola, ma con un piede già in prima squadra, partecipando ad alcuni allenamenti e alle amichevoli. E’ il 29 ottobre 1994, Zaragoza. Raúl esordisce in prima squadra a soli 17 anni. Il Real perde quella partita, ma c’è la sensazione generale che quel giovane ragazzo possa diventare uno dei più grandi. Jorge Valdano lo conferma titolare per la partita successiva.
Arriva il debutto allo stadio Santiago Bernabéu. Contro chi? Ovviamente l’Atletico Madrid. Quella partita consegna Raúl alla storia dei Blancos per due motivi. Arriva il passaggio di consegne con chi fino a quel giorno era il leader della squadra, Emilio Butragueño, che avrebbe smesso di giocare di lì a poco. Inoltre, arriva la consacrazione di un giocatore che avrebbe segnato il calcio spagnolo negli anni a venire.
Quel derby il Real lo vinse 4-2, e Raúl fu decisivo. Guadagnò un rigore, servì l’assist per il raddoppio e segnò uno splendido gol per il momentaneo 3-1. Da qui parte una carriera ricca di gol e trionfi, con una delle squadre più forti di sempre e con una serie di compagni di altissimo livello. Da qui nasce la leggenda dei Galacticos.
In 18 anni di carriera al Real, Raúl è diventato il giocatore con più presenze nella storia di Madrid, giocando 741 partite ufficiali, in cui ha segnato 323 gol, record superato da Cristiano Ronaldo pochi anni fa.
Tutto questo vincendo sei campionati, tre Champions League, due mondiali per club (all’epoca Coppa Intercontinentale), una Supercoppa Europea e quattro Supercoppe di Spagna.
Quello che ha contraddistinto Raúl era la sua grandissima intelligenza calcistica. Non era quel tipo di giocatore che faceva giocate clamorose, che aveva quei lampi di genio che infiammano le folle.
Era uno di quei giocatori che quasi non noti, capace di non toccare il pallone per molti minuti e riuscire comunque a creare gioco, a muovere spazi ed equilibri. Riusciva a fare la differenza in tutte le zone del campo e per tutta la durata della partita. E se poi riceveva palla dentro l’area avversaria, quasi sempre bisognava raccogliere il pallone dal fondo della rete. Dentro l’area di rigore era come a casa. Magari non aveva un tiro forte (i gol da fuori area sono davvero limitati), ma riusciva a trovare gli angoli come pochi altri, oltre ai suoi marchi di fabbrica come il pallonetto e l’aguanís, perfettamente espressa nel capolavoro contro il Vasco da Gama.
Come sempre, tutte le storie hanno una fine. Quella di Raúl è graduale, impossibile liberarsi di un giocatore così da un giorno all’altro. Però gli anni passano, si accumulano infortuni che pregiudicano le prestazioni, il Real continua a comprare super giocatori che piano piano sfilano sempre più minuti alla leggenda dei Blancos.
La rottura definitiva arriva con l’acquisto record di Cristiano Ronaldo. Sarà lui a guidare la squadra per gli anni a venire. Volente o nolente Raúl è chiamato alla stagione finale con la maglia del Real Madrid, in cui segnerà l’ultimo gol al Romareda di Zaragoza, proprio dove tutto ebbe inizio 16 anni prima.
Chiuso il capitolo madridista, Raúl cerca fortuna in Germania, dove gioca due anni con la maglia dello Schalke 04, per poi passare all’Al Sadd e appendere definitivamente gli scarpini al chiodo dopo l’esperienza americana con i New York Cosmos.
Adesso Raúl ha iniziato la carriera da allenatore proprio nelle file del Real Madrid, di cui allena la Castilla, con discreti risultati.
Quello che resterà nella storia del calcio è un giocatore fenomenale e silenzioso, capace di risolvere e decidere partite senza farsi notare. Resterà una seconda punta con uno stile moderno che ha unito due generazioni, favorendo l’evoluzione di un gioco che oggi è l’idea principale del nostro calcio. Resterà Raúl González Blanco, el Ángel de Madrid.