Riuscì a fare la foto del ritiro precampionato insieme a Diego Armando Maradona ma non riuscì a sfuggire alla morte per un fatale incidente in una notte d’estate del 2008. Potrebbe riassumersi così la vita, sfortunata ma da idolo della provincia calcistica italiana, di Gianni De Rosa, da Cerignola, la stessa città di un altro attaccante che anni dopo avrebbe indossato la maglia di un Napoli altrettanto mediocre, Nicola Amoruso, croce e delizia di tifosi alle prese con le sofferenze di un campionato segnato da una tragica retrocessione, quello di Zeman e Mondonico. Davide Morgera ha voluto sottolineare un aspetto della sua carriera, contenuto nell’articolo dal titolo “De Rosa, l’idolo di Palermo che a Napoli non sfondò”.
La Puglia, terra di olio, grano e ortaggi, il Tavoliere offre molti prodotti che vanno per la maggiore nella cucina italiana. Se non sfondi nel calcio, rischi di fare il contadino, l’operaio, il manovale, l’impiegato, un destino che De Rosa evitò accuratamente. Aveva stoffa il ragazzo, iniziò nelle giovanili del Milan, poi fu spedito a farsi le ossa nelle serie minori. Con qualunque maglia lo si vede in foto, Gianni il “cerignolese” ha sempre la stessa espressione facciale. Accigliato, con gli occhi piccoli ma vispi, un naso da pugile appena sceso da un ring, una folta capigliatura che solo ogni tanto veniva sfoltita. Il centravanti pugliese incarnava il bomber che viveva per il gol. Non importa dove, se su un campo con l’erbetta rasata perfettamente o su un gibboso rettangolo di provincia. Spedire la palla nel sacco come finalizzazione ossessiva della manovra della squadra era il suo mestiere, Gianni aveva un fiuto della rete che in altri contesti gli avrebbe fatto fare caterve di reti ma capitò a Napoli nell’anno sbagliato.
Accasatosi, a fine carriera, alla soglia dei 40 anni, nel Cattolica in Eccellenza, dove fu anche l’allenatore, De Rosa aveva trovato la pace e la serenità in terra romagnola. La notte del 2 agosto del 2008, però, il suo scooter, nel tratto di strada tra Rimini e Riccione, si scontrò frontalmente con un minibus e la ancor giovane vita del bomber di provincia non fece più gol. Vana fu la corsa in ospedale. L’ex giocatore, a soli 51 anni, vi arrivò morto. I messaggi di cordoglio più toccanti arrivarono proprio dai tifosi del Palermo dove Gianni aveva giocato per due stagioni mettendo a segno 29 reti in 60 partite (il primo anno, con 19 marcature, fu capocannoniere della B e vinse il Premio Chevron), una media molto ragguardevole per la serie cadetta di allora. Furono quei gol, spesso spettacolari, come quello da fuori area contro il Verona in uno scontro che poteva valere la serie A, ad attirare le attenzioni degli scout del Napoli. Ammesso che Ferlaino mandasse osservatori sui campi di B.
De Rosa entrò nel Napoli in punta di piedi così come, senza far rumore, se ne andò. Fu acquistato da Juliano general manager alle prese con un’opera di svecchiamento che non fu mai completata. I ritorni di Casale e Palanca, bilanciati solo da giovani come Masi, Caffarelli, Frappampina e Boldini, non entusiasmarono la tifoseria. Unico colpo vero fu Dirceu, anche lui destinato a prematura scomparsa per un incidente stradale, che diventò il secondo straniero dopo Rudy Krol, al canto del cigno in maglia azzurra.
Allenava Piero Santin, giovane ma non adatto ad una piazza come Napoli. Fu, infatti, sostituito da Marchesi alla ventesima giornata quando la barca stava affondando. Fortunatamente, per un solo punto, la ciurma azzurra arrivò in porto sana e salva grazie al sigaro del trainer milanese che si riguadagnò la riconferma e fu il primo allenatore di Maradona.
La stella di Gianni De Rosa brillò solo una stagione ma fu capocannoniere della squadra azzurra con 6 reti, tutte importanti e mai banali. La sua parabola napoletana diede, però, ragione a chi non credeva che un capocannoniere di Serie B potesse sfondare anche in Serie A. Il salto di categoria non portò bene all’attaccante pugliese che soffrì più del dovuto il passaggio da Dio delle aree di rigore a Palermo alla calda arena di Fuorigrotta. Questione di carattere, direte. La sua stagione napoletana non fu pari alle attese.
La prima volta che il suo nome fu segnato nel tabellino dei marcatori fu poco prima di Natale dove si sbloccò contro la Lazio con una doppietta al San Paolo. A Napoli impattò il gol di Platini per il pari azzurro contro la Juventus, un mese dopo una sua rete valse un pari per 2 a 2 ad Ascoli, successivamente portò il Napoli in vantaggio a Pisa (raggiunti poi da un autogol di Krol).
Il vero capolavoro, però, lo fece col pesce d’Aprile ai tifosi del Milan andando a sbancare San Siro con una bella inzuccata di testa su imbeccata di Casale che sbloccò la gara. Poi “baffo” Dal Fiume chiuse la pratica in uno stadio che fischiò sonoramente i rossoneri.
Dopo questa risicata salvezza De Rosa sentì profumo di … scudetto. Infatti iniziò la stagione 1984-’85, quella dove furono messe le basi per arrivare al tricolore, col Napoli, si allenò con Maradona, Bagni e Bertoni ma poi ad ottobre fu mandato al Cagliari che aveva bisogno di un bomber.
E chissà, se “El Pibe de oro” riuscì a mandare in rete perfino Penzo, qualche gol forse lo avrebbe fatto anche De Rosa, bomber e uomo sfortunato.