“Maurizio, parlo a te: eri il mio condottiero, depositario di valori che forse ancora ti appartengono, ma non sei più simbolico. Dove c’era un Comandante vedo solo un uomo molto bravo a organizzare una squadra di ragionieri. Sei andato con loro, col potere che giocavamo a sfidare”.
Lo aveva scritto su Facebook il cantante Anastasio, commentando il passaggio di Maurizio Sarri alla Juventus. Prima della sua partecipazione e vittoria a X Factor, il giovane rapper napoletano (che all’epoca si faceva chiamare Nasta) scrisse la canzone “Come Maurizio Sarri”, inno al Sarrismo che gli diede la prima vetrina di popolarità, prima appunto del trionfo allo show tv. Oggi ci chiediamo: ma esiste ancora il sarrismo? La Juventus ha esonerato ufficialmente Sarri dopo l’eliminazione dalla Champions League per mano del Lione.
Tra i tanti in queste ore, riteniamo sensato il ragionamento di Simone Spada nel suo articolo “La fine del sarrismo”. In fondo tecnico e società bianconera non si sono mai presi, così come il toscano non ha mai legato con la squadra.
Le parole spese da Gianluigi Buffon nel post Juventus-Lione, la sua amarezza, valevano un messaggio chiaro alla dirigenza. Bisognava cambiare, ritornare allo stile Juve, lasciar perdere i ghirigori delle altre squadre. C’è una frase che non morirà mai nell’ambiente bianconero: “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”.
L’ha detta Giampiero Boniperti, che di palmarès e di successi e di come raggiungerli se ne intende. Ecco, nell’anno in cui tutti si aspettavano la Champions, l’uscita agli ottavi contro una formazione abbordabile fa evidentemente male.
Si chiude qui l’era del sarrismo. In realtà si era già chiusa con la partenza da Napoli, le polemiche, l’arrivo al Chelsea (e le polemiche). Alla Juventus, Sarri ci è arrivato portandosi addosso il peso di dover dimostrare seriamente che il bel gioco era possibile anche allo Stadium.
Non era obbligato, ma l’hanno obbligato, dandogli una rosa non adatta al suo stile, con giocatori molto radicati nella dirigenza e in grado di decidere l’inizio o la fine di una storia. Non stupisca poi che non sia mai scoppiato l’amore che tutti pensavano di vedere. La Juventus ha giocato spesso male, non ha mai interpretato il calcio di Sarri (e non poteva farlo), ed ha vinto a stento uno scudetto grazie ad una seconda parte di stagione monstre di Cristiano Ronaldo.
Il portoghese non ha intenzione di perdere un altro anno a sognare di vincere la Champions League e probabilmente se ne andrà. Sarà un sacrificio necessario, nel caso: c’è la necessità di svecchiare la rosa, di trovare nuovi talenti e uscire da uno standard che ha rischiato di provocare disastri.
Maurizio Sarri si porta dietro comunque un bel curriculum: una Europa League, uno scudetto, il bel gioco di Napoli. Ma a vederlo bene, l’effetto novità è svanito e sarà molto difficile che altre grandi squadre decidano di affidarsi a lui per trovare nuovi successi. Il suo futuro ha una certa somiglianza con quello di Gasperini: abbracciare il progetto di una società media col proposito di farle vivere sogni reali. Fiorentina, Sassuolo, Udinese, Genoa e Sampdoria potrebbero fare al caso.