Iker Casillas Fernández, uno dei portieri più forti al mondo. Una leggenda. Nel 2015 lasciò il Real Madrid con le lacrime agli occhi. Giunto nel vivaio madridista alla tenera età di 8 anni, debutta a 18 come titolare la sera del 12 settembre 1999 allo Stadio “San Mamés” contro l’Athletic Bilbao. Esplosivo e sicuro nelle uscite basse, è stata una delle colonne portanti nei successi del Real Madrid. Memorabili furono gli ultimi minuti nella finale di Champions di Glasgow del 2002 contro il Bayer Leverkusen, in cui da subentrato riuscì a salvare il risultato con una serie d’interventi prodigiosi. Poi il Porto e un infarto miocardico acuto. Lo scorso 4 agosto ha annunciato il suo definitivo addio al calcio giocato. Marco Ciriello nell’articolo “Baciamo, stupida” si sofferma su un famoso episodio della vita di Casillas, tra amori intimi e la gioia di aver vinto un Mondiale con la Spagna.
Se è sempre difficile tornare a casa figuriamoci andarsene. Oggi Iker Casillas lascia il Real Madrid per andare a giocare in Portogallo col Porto. Allo stadio Santiago Bernabeu ha tenuto la sua ultima conferenza stampa dopo aver passato 25 anni in porta con la stessa squadra. Ha molto pianto forse più di Franco Baresi a Usa ’94, per questo voglio ricordarlo in un altro giorno di 5 anni fa a Johannesburg.
Baciami, stupida. Non l’ha detto, l’ha fatto. Ed era il bacio sui titoli di coda di una telenovela. Un gesto restauratore, che ha riportato nella finzione televisiva le giuste priorità, tradendo i desideri di Iker Casillas, portiere della Spagna campione del mondo, che ha arricchito una intervista nel dopo partita e ha chiuso la serie mundial, baciando la giornalista Sara Carbonero di Telecinco.
Che il portiere fosse uno dai sentimenti forti si era visto anche in campo, dopo il gol di Iniesta ha preso a piangere non smettendo fino all’alzata della coppa, e anche nell’intervista che precede il gesto è visibilmente commosso.
Si sarà sentito in dovere di farlo, in fondo non capita a tutti di vincere la Coppa del Mondo e di avere una reporter come fidanzata che deve raccontarlo. La coincidenza, e il momento, hanno fatto il resto.
Una gesto che non avrebbe mai fatto Zoff, ultimo portiere ad alzare la coppa. E che invece sarebbe piaciuto a Edith Shain, l’infermiera che a Times Square, bacia il marinaio nella celebre foto di Alfred Eisenstaedt.
Lo sport è pieno di gesti così, da Ben Johnson che a Roma dopo il record corre a baciare la madre, a Button, il pilota di F1, che vince il mondiale, taglia il traguardo e si rinchiude nel motorhome con la fidanzata. Ma la finale della Spagna al Soccer City che ha preceduto il bacio, è stata qualcosa di molto simile a una soap opera: taglia e cuci, gioco lento e di rimando, noia, colpi bassi e di scena, resistenza, occasioni perdute, pianti e ricordi (come la frase che Iniesta aveva scritto a penna sulla maglia della salute: Dani Jarque siempre con nosotros) e poi la festa liberazione quando tutto sembrava perduto, e infine il bacio di Casillas, come un happy end.
Ma partiamo dall’inizio, arbitra un poliziotto, e gli olandesi scelgono la parte dei cattivi, si vede che han letto Woody Allen (i cattivi hanno sicuramente capito qualcosa che i buoni ignorano), ma come modalità hanno selezionato Jean-Claude Van Damme, e picchiano senza preoccuparsi di niente, dimenticando le linee di Mondrian che erano stati i loro lanci in precedenza, gli spagnoli costretti al ruolo che nelle soap fanno i buoni, subiscono confidando nella provvidenza, sarà per questo che Vincente del Bosque, che sa come vanno le cose e la vita, mette dentro Navas Jesus. Sneijder ha il ruolo da fronte del porto, con la faccia da marinaio di Genet, e l’incarico di rompere gioco e calciatori, Robben di quello appena uscito dal manicomio, e infatti, sbaglia un gol che lo condanna a essere internato in una pagina di Foucault.
Casillas è il buono che cerca di evitare in tutti i modi la rissa, Iniesta è quello che torna sempre, e quando meno te lo aspetti mette insieme i vivi e i morti, oltre che il pallone in porta, che è come un colpo di pistola al petto. Il pubblico esulta, il cattivo è a terra, e il buono Casillas, piange.
Il regista del Bosque, un attimo prima della scena rivelatrice, per creare atmosfera e ammiccare al pubblico giovane, mette dentro i belli Torres e Fabregas, per il futuro della serie, e per non sentirsi dire che ha sbagliato gli inviti della festa.
Quella che nelle puntate precedenti, era stata la Malafemmina, che distraeva il buono, Casillas, va reintegrata a pieno titolo con scena madre, quindi, ecco: il capitano, portiere, numero uno, che provato dai colpi presi, dalle fucilate di Robben, si presenta a lei e da bravo attore di soap, ringrazia la famiglia, e baciandola, la riabilita.
Voce fuori campo che compiaciuta, a sua volta soddisfa il pubblico macho, dicendo: «que grande este capitan, que grande». Stacco, esterno giorno, pista di atterraggio, un boeing scende lento. Titoli di coda.