La storia di un americano a Padova
Lug 25, 2024

“Ciao, presidente: questo è il mio regalo d’addio per te”. Curvò la schiena, si sfilò un anfibio, prese una penna, ci scrisse una dedica sopra e glielo consegnò. Sergio Giordani sentì un buco in pancia. “No, piangere no, dai non adesso”, mandò giù la saliva, “Grazie Alexi” disse.

Alexi Lalas fu il primo americano nel dopoguerra a giocare nel campionato italiano. Arrivò al Padova nell’estate del 1994. Se ne andò due anni dopo. “In italiano io conosco due parole: pizza e mandolino”, disse il giorno della presentazione. Avanti così: Lalas vo’ fa l’americano.

Eroe del calcio Usa.

Calcio e rock and roll, faccia da zingaro e aria da hippy, gira con un Maggiolino che è un pezzo da museo, ha un idolo, Stevie Wonder, ha una collezione di chitarre, in Italia ne porterà solo una decina, e di una cosa si vanta: è voce solista dei Gypsies, gruppo preferito di Chelsea, la figlia di Bill Clinton. The President.

Anticonformista, barricadero, stopper con la chitarra: Lalas è una leggenda che cammina.

Una notte i carabinieri di Padova vanno a casa sua, chiamati da un tipo che si lamenta perché giù in strada ci sono bande di ragazzini che stanno giocando a calcio e lui non riesce a dormire. Quando i carabinieri arrivano, sono le due di notte, trovano Lalas che corre avanti e indietro come un matto, da solo, calciando il pallone a caso addosso ai garage, simulando una partita vera e facendosi la telecronaca in un frastuono pazzesco.

Per il calcio italiano è un marziano: Alexi nel paese delle meraviglie si guarda intorno con aria stupita. Dirà: “Ma perché la gente se la prende tanto se perdiamo?”. Dopo una sconfitta in casa con il Bari i tifosi contestano la squadra. Lui esce beato dagli spogliatoi e passa con il borsone in mezzo alla gente. Gli urlano di tutto. Lalas si avvicina a un tifoso e, very tranquillo, gli chiede: “Perché ce l’hai con me? Ce l’ho messa tutta, ma non si può sempre vincere, amico mio. O no?”. Il tifoso non sa se spaccargli la testa con un bastone di ferro o inginocchiarsi e annunciare al mondo che il messia è tornato.

Un giorno scappa dall’allenamento, se ne va in mutande e scarpe da calcio, sulla strada per i Colli Euganei: il Generale Custer si incammina, da solo, sotto un sole feroce, in mutande e scarpette da calcio, inutile e senza una meta, sulla provinciale, come un carrello del supermercato abbandonato al parcheggio. “Mi ero stancato”. Di che, Alexi? “Di voi e del vostro calcio”.

Lalas e l’inseparabile chitarra.

Dieci anni dopo il suo arrivo, durante una trasmissione televisiva, Lalas ricompare alla tv italiana in qualità di presidente del San José Earthquakes (i Terremoti di San José in Florida). In studio si guardano allibiti: e questo chi è?

La metamorfosi: Lalas oggi.

C’è un tipetto tutto bello pulitino in giacca e cravatta intonate, ha i capelli tagliati corti, è sbarbato, persino la basetta è curata: sembra uno uscito da Wall Street, non da Little Big Horn. Non è più lui: che ti è successo, vecchio Lalas?

Sergio Giordani un giorno è sceso nella taverna della sua Villa, ha preso in mano un anfibio nero, con il polsino del maglione ha tolto la polvere, ha letto la dedica: “Io so che un giorno noi due ci incontreremo ancora”, gli è venuto un groppo in gola e non sapeva perché.

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