Si chiamava Henri Delaunay e il calcio gli deve molto. Sessanta anni dopo la sua morte, il suo nome è rimasto legato alla Coppa che premia i campioni d’Europa: fu lui, negli Anni Venti, da dirigente di calcio, ad aver teorizzato la creazione una competizione continentale per nazionali.
Con Jules Rimet aveva fatto crescere il calcio in Francia e nel mondo, così a uno fu intitolata la Coppa che nel 1970 si porterà a casa definitivamente, dopo tre successi, il Brasile di Pelè – la Coppa Rimet, appunto, che lascerà il posto alla Coppa del Mondo Fifa di oggi – e Delaunay rimase il papà del campionato d’Europa, anche se non riuscì a vederne nemmeno la prima edizione: morì nel 1955, i primi Europei furono disputati nel 1960.
Ex giocatore, Henry Delaunay, e poi ex arbitro: un giorno per una pallonata inghiottì il fischietto, si ruppe due denti, e smise di correre sul campo, diventando uno dei dirigenti più apprezzati dell’Uefa. Il figlio Pierre ne proseguì l’opera di segretario generale dell’Uefa stessa, che il padre aveva contribuito a istituire.
Nel 1960 l’Europa del calcio si mette faticosamente in marcia: come in tutte le cose, non c’è subito unanimità. Solo diciassette le nazionali iscritte, Italia, Inghilterra e Germania rinunciano, e in casa nostra non mancano le polemiche per la decisione che allontana ancora di più gli azzurri dai vertici del calcio continentale, raggiunto con merito prima della Seconda Guerra mondiale. Ma sono tempi lontani, e dovranno ancora arrivare le pagine tristi della battaglia di Santiago e di Pak Doo Ik a Middlesbrough.
Dopo i match di qualificazione, alla fase finale arrivano in quattro: si gioca in Francia, in due stadi – Parc des Princes a Parigi, Velodrome a Marsiglia, ai primi di luglio. Le semifinali Urss-Cecoslovacchia (3-0) e Jugoslavia-Francia (5-4) portano all’epilogo del 10 luglio a Parigi. Vince l’Urss, 2-1 ai supplementari, e su tutti svetta uno dei giocatori più importanti della storia del calcio: si chiama Lev Jascin, in porta se ne ricordano pochi come lui. Ex portiere di hockey, arriva al calcio per l’infortunio di un collega: diventerà una leggenda, imbattuto in 211 gare sulle 326 giocate con la Dinamo Mosca.
Non mancano i risvolti politici, negli anni di guerra fredda e schieramenti ben delineati: lo sport non si è ancora emancipato da certe logiche.
Così succede che l’Urss è sbarcata in semifinale senza giocare i quarti: avrebbe dovuto affrontare la Spagna di Di Stefano, ma Francisco Franco si è rifiutato di inviare la squadra nel territorio delle Repubbliche sovietiche. La rivincita delle Furie Rosse arriverà molto presto.