Dal Grande Real di Bernabeu, al quale il franchismo strizzava l’occhio, sino agli attuali post-Galacticos, i Blancos di Zidane passando per i maestri delle mitiche rimonte, le Merengues del “miedo escenico” dei vari Juanito, Santillana e Butragueño . Anche questa è leggenda. 1975, del Bosque, l’ex Ct della Spagna mondiale, e Santillana guidano la “remontada” nella Coppa dei Campioni 1975-’76. Terzo turno, il Real Madrid di Netzer e Breitner gioca contro i due volte campioni d’Inghilterra del Derby County. All’andata gli spagnoli perdono 4–1 al Baseball Ground, subendo due reti su rigore. Al ritorno in un Bernabeu con oltre 100 mila spettatori i Blancos passano il turno con un rotondo 5–1 dopo i tempi supplementari. Due gol di Santillana, due di Martinez, uno di Pirri e la sapiente regia del tedesco Günter Netzer e di un 25enne di Salamanca, il futuro allenatore delle Merengues e e delle Furie Rosse Vicente del Bosque.
Il Real Madrid 1985-‘86 è paragonabile a Lazzaro per tutte le volte in cui è risorto. Gli spagnoli perdono in casa di AEK Athens, Borussia Mönchengladbach, Neuchâtel Xamax, Inter e 1. FC Köln, ma vincono comunque la Coppa Uefa. La rimonta più clamorosa arriva contro il Borussia Mönchengladbach al terzo turno. Dopo aver perso per 5–1 in Germania, il Real trionfa per 4–0 in casa e si qualifica grazie alla regola delle reti segnate in trasferta. Le Merengues devono compiere un’impresa anche contro l’Inter nella rivincita della semifinale dell’anno prima. All’andata i nerazzurri vincono per 3–1, ma al ritorno per il Real vanno in rete Hugo Sánchez e Carlos Santillana – una doppietta a testa – e Rafael Gordillo.
Questa incredibile capacità di superare le difficoltà rende gli spagnoli i favoriti per la vittoria finale. L’avversario è il Köln impostosi su Sporting Gijón, Bohemians Praha, Hammarby, Sporting Clube de Portugal e KSV Waregem. I tedeschi – eterni semifinalisti – sono alla loro prima finale europea e contano tra le loro fila su Klaus Allofs, capocannoniere del trofeo. Proprio l’attaccante apre le marcature al Santiago Bernabéu. Dopo la rete, però, l’iniziativa passa nelle mani degli uomini in bianco. Sánchez, Gordillo e Jorge Valdano vanno in rete prima dei gol nel finale di Santillana e ancora Valdano. Il Köln conquista l’onore delle armi vincendo 2–0 nel ritorno all’Olympiastadion di Berlino, ma la Coppa Uefa resta per il secondo anno consecutivo nella mani del Real.
Il “miedo escenico”
Valdano e El Buitre battezzano il “miedo escenico”, letteralmente la paura del palcoscenico. Sono gli anni Ottanta, il periodo d’oro delle grandi rimonte made in Bernabeu. In due edizioni della Coppa Uefa il Real ne confeziona addirittura cinque. Nei sedicesimi dell’edizione 1984-‘85 la squadra spagnola, in pieno ricambio generazionale, rimonta un 3–1 esterno agli yugoslavi del Rjieka con 3 gol (a zero) al Bernabeu. Ma è agli ottavi che nasce il mito della “paura della scena”. A Bruxelles.contro l’Anderlecht guidato dal 18enne Vincenzo Scifo, il Madrid incappa in una serataccia, 3–1 e qualificazione compromessa. Ma nel ritorno il 12 dicembre 1984 a Chamartin finisce 6–1 con tre gol di Butragueno, 2 di Valdano e uno di Santillana. Alla fine di quell’edizione il Real conquisterà la sua prima Coppa Uefa.
Borussia Mönchengladbach e Inter sono altre vittime illustri del tempio “blanco”, come abbiamo già accennato Storica la semifinale di Uefa contro l’Inter nella Coppa Uefa 1984-’85. A San Siro il Real fa solo atto di presenza mentre i nerazzurri, consci dei pericoli del ritorno al Bernabeu, tentano di mettere più fieno possibile in cascina. Un rigore di Brady e un diagonale di Altobelli danno il vantaggio per 2–0, ma i nerazzurri recriminano per le innumerevoli occasioni gettate al vento.
Al Bernabeu va in scena il fattaccio: al ventinovesimo del primo tempo, dopo che Santillana aveva già portato in vantaggio i madridisti, Bergomi si accascia al suolo nell’area di rigore interista colpito da una biglia che prontamente Zenga raccoglie e consegna a un fotografo italiano posizionato dietro la sua porta. L’arbitro scozzese Bob Valentine non si accorge di nulla perché dava le spalle a Bergomi curandosi di Giuseppe Baresi anch’egli finito a terra in un contrasto.
A fine primo tempo Dall’Oglio, accompagnatore dell’Inter, recapita la biglia all’arbitro ma viene invitato da questi a consegnarla al commissario Uefa, lo svizzero Gunther Schneider. Immediatamente l’avvocato Prisco presenta reclamo, intanto la partita va in porto con il 3–0 per il Real che ribalterebbe lo 0–2 di Milano. Il risultato viene omologato subito dopo il termine della partita perché non esiste la prova che Bergomi sia stato colpito da quella biglia. Nove giorni dopo, in appello davanti alla Uefa, l’Inter presenta un filmato che proverebbe l’accaduto ma il massimo organo europeo si rifiuta di visionare la videocassetta e conferma il risultato del campo. La decisione appare come una compensazione per il famoso fatto della lattina fasulla (come ammise Mazzola anni dopo) che colpì Boninsegna nella Coppa Campioni del 1971-‘72 e che portò alla ripetizione della gara con il Borussia Mönchengladbach. Juanito, il numero 7 del Real Madrid aveva detto nel suo italo-spagnolo al suo marcatore Graziano Bini “Noventa minuti en el Bernabeu sono molto longo”.
Mario Bocchio