Il tempo libero forzato, i ricordi possono spesso essere il bene più prezioso per un ex calciatore, così come per coloro che hanno condiviso la sua preziosa carriera.
Alcuni ricordi sono narrati dai loro tifosi, quelli che hanno anche lavorato duramente settimana per settimana solo per vederli giocare. Alcuni vengono rievocati attraverso le parole dei loro allenatori o dirigenti, quelli che hanno avuto il privilegio di avere nei loro ranghi talenti unici e precoci
Poi ci sono i pochi i cui elogi più eloquenti si presentano sotto forma delle parole pronunciate dai loro rivali, quelli che hanno garantito una profonda ammirazione per cui nemmeno il calore della competizione non poteva appassire.
Per il serbo Dragan Džajić, il più grande talento calcistico del suo paese, la lode più memorabile è venuta nientemeno che da Pelé. “Džajić è il miracolo dei Balcani, un vero mago”, ha detto il leggendario attaccante, dopo che i due si sono affrontati nel 1968. “Mi dispiace solo che non sia brasiliano perché non ho mai visto un calciatore così naturale”.
Era per una buona ragione che O Rei, ampiamente considerato come il calciatore più talentuoso della storia, era diventato così innamorato delle esibizioni di Dragan Džajić. Nel 1978 Džajić ha giocato la sua ultima partita, e nel 1961 la sua prima, nessun giocatore della sua nativa Serbia ha abbagliato, ingannato o deliziato il mondo con la stessa efficacia di una palla ai suoi piedi.
Dopo aver firmato per la Stella Rossa di Belgrado a soli 17 anni, Džajić divenne rapidamente una pedina fondamentale di una squadra formidabile. Dopo quasi seicento presenze e quasi trecento gol, dopo dodici stagioni stagioni di successi, ci furono i due campionati in Francia con il Bastia, prima di un ritorno a Belgrado. Džajić ha collezionato cinque campionati jugoslavi, quattro Coppe e una Mitropa, sempre con la Stella Rossa.
Džajić ha registrato anche 85 presenze con l’allora nazionale della Jugoslavia. Il numero 11 per antonomasia, schierato sulla sua preferita ala sinistra dove poteva regnare supremo con il suo ritmo immenso, era ispirato dal piede sinistro. Džajić divenne rapidamente una scelta automatica e obbligata sia per la Stella Rossa che per la nazionale. Il 1968 fu un anno fondamentale.
Avendo già aiutato la Stella Rossa a raddoppiare in campionato e in Coppa, Džajić prese parte ai Campionati Europei in Italia. Con sole quattro squadre partecipanti – tale era la moda alla fine degli anni ’60 – lui e i suoi connazionali vincendo 1-0 con i campioni del mondo in carica dell’ Inghilterra, mentre i mentre i padroni di casa dell’Italia superarono l’Unione Sovietica.
Gli Azzurri pareggiarono 0-0 con l’Unione Sovietica, ma si qualificarono per la finale non in virtù di un rigore vittorioso dopo i suppelementari, ma invece di un lancio di monetina favorevole. La Jugoslavia prenotò il posto per l’atto finale in finale grazie al loro uomo.stella, Džajić.
A Roma tre giorni dopo, Džajić ha nuovamente interpretato il ruolo dell’architetto, costruendo un altro vantaggio per la su squadra superando il portiere italiano Dino Zoff con un impulsivo tiro poco prima dell’intervallo. La Jugoslavia si fece pareggiare per poi perdere il replay 2-0.
A Džajić gli venne così negato il titolo di campione europeo, ma gli venne pagata una lauta ricompensa per il suo terzo posto nel Pallone d’Oro dell’anno, dietro George Best e Bobby Charlton.
Allora si disse che il difensore della Germania Ovest Franz Beckenbauer contestò l’esito della votazione, sostenendo che fosse Džajić il legittimo vincitore.
Forse a causa della sua appartenenza ad un passato lontano, o forse a causa del fatto che rimase a giocare in Jugoslavia per così tanto nel corso della sua carriera, troppo spesso il nome di Džajić viene accolto con un aspetto divertito e di stupore. Ancora oggi finisce in così poche discussioni sulle leggende di tutti i tempi del calcio. Ma dato il suo successo in Serbia, il suo ruolo in un’indimenticabile epoca della Stella Rossa e il ruolo che ha giocato nel portare la Jugoslavia a pochi minuti dalla vittoria del Campionato europeo, Džajić rimane sicuramente il più grande calciatore in assoluto della Serbia.
Molti temettero che anche la seconda delle due semifinali avrebbe potuto essere decisa dal temuto lancio della moneta.
Džajić ricevette una palla che controllò con il suo petto per pi lasciarla cadere ai suoi piedi. Prima che un giocatore dell’Inghilterra potesse reagire abbastanza rapidamente da evitare il pericolo immediato, Džajić stava già sparandola su Gordon Banks e sotto la traversa, segnando il goal che avrebbe portato il suo paese in finale. In Inghilterra praticamente quasi tutte le pagine dei giornali puntarono sul titolo “The Magic Dragan”,in onore dell’uomo che aveva rimandato a casa i loro campioni del mondo.
Mario Bocchio