Difficile parlare di miracolo a Reggio Calabria. E’ la storia della città l’artefice della mera cronaca, sono i dati dell’Istat che arrivano impietosi ad alimentare gli stereotipi. Pensi a Reggio Calabria ed ecco che torna la disoccupazione, la bassa qualità della vita, il numero esagerato di furti e rapine. Reggio Calabria.. un territorio stupendo, circondato da bellezze da mozzare il fiato come i Bronzi di Riace. Bellezze che non vengono adeguatamente riconosciute, quasi fossero gioielli destinati alla polvere eterna. Reggio Calabria.. luogo cruciale del Risorgimento italiano, una città che ha saputo rinascere dopo uno dei terremoti più catastrofici del XX secolo, quando venne gravemente danneggiata e completamente ricostruita. Si pensa a Reggio Calabria e torna in mente “La primavera di Reggio” nei primi anni ’90, con la rinascita della città sotto la guida del sindaco Italo Falcomatà.
Reggio Calabria fa però spesso rima con criminalità organizzata, che si inserisce ovunque, come la polvere capace di dominare sottilmente, senza farsi vedere. Reggio Calabria spesso va di pari passo con ‘ndrangheta, che spesso comanda, che decide se ridurre la città a una gigantesca faida o a un luogo di calma apparente. Reggio Calabria e le suddivisioni tra le varie famiglie, il racket, le amministrazioni comunali sciolte per contiguità ad ambienti mafiosi.
Il reggino sembra vivere con eterna rassegnazione il destino della propria città. “Le cose non cambiano e mai cambieranno”, è uno dei detti più diffusi nel capoluogo calabrese. Guai però a chi osa criticare la città dall’esterno. Reggio Calabria è per gli abitanti locali il centro del mondo, quasi come se vi fosse un’oscura magia in quei luoghi da difendere a tutti i costi. Il reggino pensa che il mondo ce l’abbia con Reggio Calabria ed è pronto a mobilitarsi non appena il buon nome della città viene messo in discussione. “Lasciate che siamo noi a criticare, perché chi viene da fuori non può capire l’amore che proviamo per la nostra terra, la sofferenza che ci causano certi casi di cronaca”.
Ad inizio degli anni 2000 una delle gioie per la città calabrese è stato il percorso della Reggina che dopo decenni a peregrinare nelle categorie minore era da ormai sei anni nel calcio che conta. Il presidente Lillo Foti aveva allestito negli anni squadre di buon livello, con una serie di salvezze conquistate con pieno merito. Da Reggio Calabria erano passati talenti come Andrea Pirlo, promesse mai sbocciate del tutto come Mohammed Kallon (autore del primo storico gol della Reggina all’esordio in Serie A al Delle Alpi contro la Juventus) e Roberto Baronio e veri e propri eroi del calcio di provincia come i bomber David Di Michele ed Emiliano Bonazzoli. Il vero elemento rappresentativo dei primi anni della Reggina in serie A è stato però il fantasista Francesco “Ciccio” Cozza, classico numero 10 dai piedi fatati e capace di giocate da far sbellicare le mani a tutto il Granillo.
Nel 2006 si abbatte sul calcio italiano lo scandalo di Calciopoli, in un estate che vive una sorta di psicodramma bipolare tra la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio e il tentato suicidio dell’ex terzino della Juventus Gianluca Pessotto. Quando si pensa a Calciopoli vengono in mente a Juventus in serie B, le penalizzazioni a Lazio e Fiorentina e quella di fatto fittizia al Milan. Una delle immagini più emblematiche e discusse riferite a Calciopoli avviene, forse, proprio a Reggio Calabria, quando secondo molti l’arbitro Paparesta venne chiuso negli spogliatoi da Moggi e Giraudo a termine di un Reggina-Juventus 2-1. Il secondo filone di indagini dell’inchiesta giudiziaria coinvolge anche la Reggina che viene penalizzata di quindici punti per il campionato 2006-’07 con l’ inibizione del presidente Foti. Per una squadra che lotta per la salvezza partire con quindici punti in meno sa tanto di condanna anticipata tanto che lo stesso allenatore Walter Mazzarri dichiara: “tanto vale che non ci facciano partecipare al campionato”.
L’allenatore toscano è però un combattente e malgrado le parole di sconforto non si dà per vinto. Né va della dignità di un’intera città e della sua carriera che lo porterà in seguito ad allenare Napoli ed Inter. A dare fiducia all’ambiente ci pensa un’amichevole estiva, disputata contro il Real Madrid nel ritiro estivo di Graz. Assistono al match quindicimila persone, quasi tutte di fede reggina e nonostante la sconfitta per 1-0 è chiaro che i calabresi venderanno cara la pelle per tutto il campionato. La squadra è formata da veterani mai domi, con i gladiatori Aronica e Alessandro Lucarelli in difesa e Giacomo Tedesco a far legna in mezzo al campo. L’attacco è sulle spalle del discontinuo Leon, che da gennaio viene affiancato da Pasquale Foggia che ci mette poco a diventare il nuovo idolo dei tifosi. Le vere eccellenze della compagine reggina sono i due bomber, Nicola Amoruso e Rolando Bianchi: il primo è un vero e proprio giramondo del calcio italiano che dopo essere stato ad un passo dall’esplosione con la Juventus sembra in fase calante viste le trentadue primavere sulle spalle. Bianchi è invece un prodotto del vivaio atalantino che a 23 anni non ha ancora dimostrato il proprio valore complici una serie di guai fisici.
L’inizio del campionato è tutt’altro che incoraggiante, con i calabresi che perdono i due derby nelle prime tre giornate contro Messina e Palermo (intervallati dalla vittoria con il Cagliari) malgrado Bianchi realizzi ben quattro gol nelle prime due partite. Il primo squillo arriva alla sesta: al Granillo arriva la Roma di Spalletti che torna a casa con la coda tra le gambe dopo il decisivo gol di Amoruso. Il resto del cammino è però altalenante ma la vittoria a Siena firmata da un rigore di Bianchi sancisce la tanto sospirata quota zero in classifica.Sarebbe un campionato più che dignitoso quella della Reggina, con quindici punti a metà novembre ma c’è quella maledetta penalizzazione… c’è però da dire che le altre squadre che devono salvarsi non è che vanno propriamente come dei treni. Si tratta di un maledetto Vietnam la lotta per non retrocedere, che prevede piccoli traguardi che vanno dai pareggi ottenuti sui campi prestigiosi alle vittorie negli scontri diretti. Prima della pausa di natalizia arrivano due preziose vittorie contro le rivali Ascoli ed Empoli e due sanguinose sconfitte contro Chievo Verona e Sampdoria. La notizia più bella arriva però il 12 dicembre dalla camera di Conciliazione del Coni: la penalizzazione viene ridotta da 15 a 11 punti, la Reggina è lì e può lottare con tutte le sue forze.
A fine girone di andata i calabresi hanno 12 punti e sono riusciti a mettersi dietro in classifica il disastrato Ascoli. Ad inizio girone di ritorno la compagine di Mazzarri ottiene quattro punti in due partite prima del doveroso stop dovuto alla morte del commissario Raciti che rinvia la rivincita con il Messina. L’11 febbraio 2007 è un’altra data da segnare con il pennarello rosso: una doppietta di Bianchi permette alla formazione di Mazzarri di espugnare il campo del Torino e per la prima volta la Reggina è virtualmente salva. Nei due mesi successivi arrivano però due sole vittorie a fronte di tanti pareggi che muovono la classifica, tra cui è degno di nota quello casalingo con l’Inter. A quattro giornate dalla fine la lotta per non retrocedere entra nel vivo: Ascoli e Messina sono praticamente spacciate mentre Chievo Verona, Torino, Catania, Cagliari, Siena e Reggina sono raffazzonate in soli due punti. I calabresi ottengono altri due pareggi di cui uno nello scontro diretto con il Chievo. A 180 minuti dal termine la situazione è questa: Siena 37 punti, Chievo e Reggina 36. Alla penultima i calabresi devono vedersela contro un combattivo Empoli.. dire che l’inizio è da film dell’orrore è riduttivo: dopo 23 minuti il tabellone luminoso del Castellani recita Empoli-Reggina 3-0 con reti di Vannucchi, Moro e Saudati. E’ possibile morire ad Empoli? Il risorgimento era partito da Reggo Calabria e aveva coinvolto tutta Italia, la Reggina invece ha accarezzato il sogno ma ora sembra non averne più. Negli spogliatoi Mazzarri guarda negli occhi i suoi, non è dato sapere cosa si siano detti. Tant’è.. secondo tempo, dopo sette minuti Vigiani segna il 3-1, quattro minuti ancora e Amoruso fa 3-2, i calabresi prendono d’assalto la porta dell’Empoli. A sei minuti dalla fine arriva la manna dal cielo.. calcio di rigore.. va sul dischetto Amoruso, ancora lui, gol.. ma l’arbitro Farina ha probabilmente una punta di sadismo e fa ripetere, ancora Amoruso ancora gol. 3-3. Empoli in Europa, Reggina che aggancia il Siena a quota 37.
Mancano novanta minuti, tutti si perdono a fare calcoli su eventi probabili, improbabili e impossibili. Di fatto nessuno si sente a una partita dalla fine del campionato se non è la matematica a decretarlo. Al Granillo arriva niente poco di meno che la squadra più forte d’Europa, il Milan, che pochi giorni prima aveva ottenuto la propria rivincita contro il Liverpool grazie alla doppietta firmata da Pippo Inzaghi. Paradossalmente una delle gare più facili che potevano capitare, visto che i rossoneri arrivano prosciugati dai festeggiamenti post Atene. La Reggina ha vita facile, 2-0 firmato Amoruso-Amerini, il Chievo perde contro il Catania. 40 punti che vogliono dire salvezza. Si, quel campionato è stato un bene disputarlo, si, la Reggina con 51 punti sarebbe stata a ridosso dell’Europa ma cosa conta adesso? Bianchi e Amoruso chiudono il campionato rispettivamente con 18 e 17 gol e diventano la coppia più prolifica del campionato, raggiungendo il record di gol in carriera. Non ci sarà poi gloria ulteriore, se non per l’allenatore Mazzarri. Nessun giocatore di quella squadra si affermerà poi nel calcio che conta, anche la promessa Bianchi fallirà miseramente in palcoscenici più importanti. Rimane la scritta “-11 dA non crederci” e un miracolo costruito punto su punto, con mestiere e caparbietà, la stessa che hanno i reggini nel difendere la loro terra. Una grande salvezza, una grande bellezza, una rima autentica per una città eternamente incompresa che meriterebbe ben altre redenzioni.
Valerio Zoppellaro