Non è un caso che tanti personaggi che hanno cambiato la storia dell’umanità non siano mai stati i primi della loro classe. Senza tirare fuori il solito esempio di Einstein, anche Mozart, Manzoni, Darwin, Verdi ed Edison sono stati descritti come alunni non propriamente brillanti e diligenti. Eppure sono diventate delle eccellenze, dei veri e propri geni che hanno fatto la storia dell’umanità. Chissà che ne è stato di quelli che erano in classe con loro e primeggiavano. Magari sono diventati degli ordinari impiegati della loro materia.
O magari si sono persi nei vari vizi della vita. Si sono ritrovati in qualche sentiero buio e scosceso a raccontare: “Sai amico, io ero quello che era in classe con Manzoni ed era il più bravo di tutti” e il fatto diventa talmente inverosimile che alla lunga smettono di crederci anche loro. Essere dei giovani prodigi, anche in ambiti trascurabili come il calcio, è difficile. Soprattutto se fin da piccolo gli epiteti a te riservati sono “il nuovo Messi”, “fuoriclasse” o “fenomeno”.
Questa è la storia di Bojan Krkic, anonima riserva dello Stoke City in Championship, ad oggi considerato come uno dei giocatori più sopravvalutati della storia del calcio. Nonostante il cognome serbo, Bojan è un figlio della Catalogna, nato nel 1990 e cresciuto nella provincia di Lleida in una famiglia benestante. A otto anni viene notato dagli osservatori del Barcellona che lo mettono già sottocontratto facendolo così entrare da giovanissimo nell’universo blaugrana. I risultati sono fin dall’inizio esaltanti: nei Benjamin, categoria A di calcio a 7 creata appositamente per bambini della sua età, il giovane talento realizza 220 gol nella sola prima stagione. Negli anni a venire Bojan a La Masia strapazza ogni record, divenendo il miglior marcatore della storia delle giovanili del Barcellona, con 648 reti in partite ufficiali, con una media di tre gol a partita. Un bottino impressionante, se si pensa che il talentino di Lleda spesso affronta bambini più grandi di lui per abituarsi a giocare contro giocatori più robusti.
Il dominio di Bojan non dipende da una superiorità fisica nei confronti dei suoi pari età. Il ragazzino è piuttosto leggero, non supera il metro e settanta di altezza e pesa appena 65 chili. La sua velocità palla al piede però è impressionante, salta gli avversari come birilli e sotto porta non sbaglia un colpo.I tempi sono maturi per il debutto in prima squadra, alla quale viene aggregato nella stagione 2007-’08. La concorrenza in avanti è spietata con Ronaldinho ed Eto’o al massimo della loro carriera e Messi in rampa di lancio. Ci sono poi i vari Henry, Iniesta e l’altro giovane canterano Pedro ma nonostante questo Bojan riesce a ritagliarsi il proprio spazio, pur avendo solo 17 anni. L’allenatore Rijkaard si affida spesso a lui e nella prima stagione in prima squadra diventa il più giovane esordiente della storia della Champions League e il più giovane marcatore della Liga battendo il precedente record detenuto da Messi. A fine stagione l’attaccante dal cognome slavo mette a segno 12 gol nelle tre competizioni, giocando in una delle squadre più forti del mondo.
Per quanto assurdo possa sembrare è nel pieno dell’esplosione, a gennaio del 2008, che iniziano i primi problemi per Bojan: inizia a soffrire di nausea e convulsioni in prossimità delle partite ed è soggetto a malesseri psicosomatici. Nel febbraio del 2008 viene convocato a furor di popolo in Nazionale ma dopo un giorno viene rimandato a casa, per una gastroenterite. In realtà si tratta di ansia da prestazione, di difficoltà a reggere una pressione che sta diventando enorme per un ragazzo di soli 18 anni.In estate viene convocato per gli Europei del 2008, ma Bojan non ce la fa. E’ troppo per lui, non riesce a convivere con l’ansia costante e con gli attacchi di panico. Chiama il proprio capitano Puyol e gli comunica che rinuncia all’Europeo per prendersi un po’ di tempo per riposare. La decisione ha ovviamente un impatto mediatico non indifferente se si pensa a tutti i giocatori che vorrebbero essere al suo posto e vorrebbero avere il suo talento. Bojan sembra pazzo e talmente supponente da ritenersi superiore alla nazionale. Per la gente comune è impossibile comprendere le motivazioni di una scelta così scellerata. In realtà è un ragazzino completamente schiavo dei propri fantasmi. Il tanto sospirato debutto nella Nazionale spagnola arriva all’inizio della stagione 2008-’09, la prima con Pep Guardiola in panchina al Barcellona. I primi mesi con il nuovo allenatore sono complicati, tanto che lo stesso Guardiola gli consiglia di andare a giocare per qualche periodo nella squadra B. Bojan rifiuta stizzito, vuole dimostrare a tutti i conti di poter far parte della rosa del Barcellona e alla fine dei conti i fatti sembrano dargli ragione. Nella stagione del primo triplete mette a segno dieci gol (di cui però solo due in Liga) confermandosi come la prima alternativa nello stellare attacco dei blaugrana.
Il 2009-’10 dovrebbe essere quello dell’esplosione definitiva. L’unico a non essere convinto sembra essere Guardiola che gli consiglia di andare in prestito in una squadra di prima fascia della Liga. Bojan fa ancora di testa sua e sceglie di rimanere nonostante nel suo ruolo ci siano Messi, Ibrahimovic, Henry, Iniesta e Pedro. Il giovane talento parte col botto ma un infortunio muscolare lo costringe a fermarsi ai box per qualche tempo. Al rientro, nonostante raggiunga a nemmeno vent’anni le cento presenze in blaugrana, trova poco spazio fino a quando in primavera porta via la maglia da titolare ad un mostro sacro come Ibrahimovic e si rivela fondamentale per la conquista della Liga segnando gol decisivi. Un’altra discreta stagione, in fin dei conti, attesa dell’esplosione. L’anno successivo ci si aspetta che Bojan si assuma maggiori responsabilità e che sia più continuo per tutto l’anno in tutte le competizioni e per stimolarlo ulteriormente gli viene assegnato il prestigioso numero 9. La stagione però è un clamoroso flop nonostante il rinnovo contrattuale con una clausola rescissoria che ammonta a 100 milioni di euro. Guardiola gli preferisce spesso l’altro canterano Pedro e Bojan entra qualche volta nei minuti finali o resta seduto a guardare i successi dei suoi compagni. Cose che capitano soprattutto se giochi nel Barcellona e hai davanti Messi, Villa e Iniesta.
“Bojan era quello che doveva bruciare le tappe, quello che doveva diventare il più forte di tutti, quello che ha segnato centinaia di gol nelle giovanili” dicono i suoi detrattori. “Si, ma ha comunque solo 21 anni, e non tutti sono Messi, il tempo è dalla sua e dimostrerà il suo valore”, rispondono gli estimatori. Alla prova dei fatti nessuno è in grado di capire ai tempi il suo reale valore, quello che è certo è il fatto che sia in balia dell’ansia di mantenere le aspettative che tutto il mondo ha su di lui. Dietro ogni giocata si trincerano migliaia di pensieri che turbano la sua fragile emotività. Bojan deve giustificare il proprio fallimento e se la prende con Guardiola, reo di non saper comprendere il suo valore. Nella testa di un ragazzo di ventuno anni che è sempre stato coccolato e che ha sempre avuto tutto è subito è facile dare le colpe agli altri nel primo momento di vera difficoltà. L’allenatore è il capro espiatorio perfetto, se non fosse che Guardiola sta vincendo tutto mentre Bojan sembra già un giocatore in fase calante. Il Barcellona pensa che non sia il caso di tenerlo un altro anno in panchina e lo manda in prestito alla Roma, allenata in quella stagione da Luis Enrique. Arriva in pompa magna, per la prima volta gioca lontano da casa e in una piazza come Roma dove non mancano certo le pressioni. Luis Enrique è chiamato a monitorare la crescita del giovane talento, lui che lo conosce bene per averlo allenato per un certo periodo nel Barcellona B.
Nella Roma
Anche a Roma fatica a trovare spazio, la fiducia dell’allenatore nei suoi confronti è piuttosto relativa e tra infortuni e spezzoni di partita chiude l’anno con appena 7 gol. Un’inezia per uno che doveva spaccare il mondo. Si sa, la caduta dalle stelle alle stalle è sempre difficoltosa ed è un attimo passare da “fenomeno” a “sopravvalutato che ha brillato per anni di luce riflessa”. Si potrebbe pensare che Bojan si sia montato la testa, che non abbia retto la pressione e che si sia perso tra donne, belle macchine e discoteche. Invece non è così, il giovane catalano è un ragazzo timido ed educato, ha il sorriso sul volto anche quando le cose vanno male. Ora che non c’è più Guardiola sembra aver superato la fase in cui incolpa gli altri per i propri fallimenti e accetta la panchina senza alcun tipo di problema evitando dichiarazioni polemiche. I suoi allenatori lo descrivono come un ragazzo con l’etica del lavoro e da parte sua c’è sempre un atteggiamento positivo: Bojan ha stampata in volto quell’espressione da bambino al parco giochi catapultato in un mondo fantastico.
La carriera del giovane Krkic sembra andare a rotoli nelle due stagioni successive: finisce al Milan dove tra qualche infortunio di troppo e diverse prestazioni deludenti non gioca quasi mai. Il Barcellona lo manda allora all’Ajax, in un campionato decisamente meno competitivo. Chissà mai che riesca a riprendersi, almeno dal punto di vista psicologico, e riesca a tornare il giocatore che aveva rubato il posto ad Ibrahimovic e segnava caterve di gol nelle giovanili. Il risultato è disastroso con soli 5 gol in 32 partite giocate quasi tutte da titolare, in un campionato che non brilla certo per le grandi difese. La discesa sembra sempre più rapida inesorabile e Bojan più che il nuovo Messi sembra il nuovo Portillo, come il giocatore recordman di reti nelle giovanili del Real Madrid e che poi non si è confermato una volta diventato un giocatore vero.
L’Ajax ovviamente non lo riscatta e lo rispedisce al Barcellona che a questo punto non sa più che farsene. A soli 24 anni il talentino di origine serba si è già giocato diversi jolly e sembra una meteora già bruciata. Nonostante questo Bojan ha ancora qualche estimatore: Mark Hugues lo vuole a tutti i costi allo Stoke City, un club di media fascia della Premier League, che lo acquista a titolo definitivo per 1,8 milioni di euro. Se si pensa che tre anni prima aveva una clausola rescissoria di 100 milioni di euro si capisce quanto si sia svalutato.
Dopo un inizio titubante lo spagnolo ripaga la fiducia nell’allenatore e segna diversi gol decisivi, trovando un posto fisso nello schieramento di Hugues. Quando però le cose sembrano andare per il meglio ecco un altro infortunio, più grave del previsto, che a gennaio 2015 gli fa terminare in anticipo la stagione. Sembra davvero aver toccato il fondo, il giovane Bojan ma per una volta trova la forza mentale per risalire. Rientra e torna a giocare a buon livello, l’ansia e le angosce del passato sembrano superate. Quando le quotazioni di mercato ritornano a lievitare però Bojan si perde ancora. Un finale di stagione 2015-2016 in calando, un inizio ancora poco convincente e Joe Allen (non Messi o Ibrahimovic) gli porta via il posto. Sembra che nel momento in cui si pretende qualcosa da lui debba in qualche modo lasciarsi andare, come se fosse un eterno bambino che non vuole assumersi alcuna responsabilità. Forse perché è cresciuto in un ambiente iper protettivo che l’ha sempre considerato come una specie di gioiello da preservare, forse perché semplicemente non è abbastanza bravo. Il resto della carriera è un tracollo negli inferi: nello Stoke non regge la panchina e chiede di andare in prestito.
Finisce al Mainz, squadra di provincia della Bundesliga e l’unica nota positiva è il gol che gli consente di essere il primo spagnolo ad aver segnato in cinque campionati diversi. Oramai non lo vogliono più nemmeno allo Stoke, lo rispediscono in patria all’Alaves. Tempo due o tre opportunità da titolare in memoria degli antichi fasti e poi anche lì finisce in panchina fino a venir messo fuori rosa per una lite con il general manager e concludere la stagione con la miseria di un gol, per altro in Coppa del Re. Torna così allo Stoke, proprietario del suo cartellino e retrocesso in Championship, ma nemmeno in una squadra di media classifica del secondo campionato inglese riesce a segnare con regolarità e a giocare con continuità. Finisce così in Canada, nella periferia più periferia possibile del grande calcio.
Ora ci si chiede fin dove arriveranno gli inferi per Bojan, uno che era il primo nella scuola più rinomata al mondo e ora non segna nemmeno contro i dilettanti. Portillo ha smesso a 33 anni dopo svariate esperienze nelle serie minori. L’ex giovane Krkic non si sa che farà ora che è diventato grande e che nel proprio curriculum può vantare solo il poco edificante titolo di ex grande promessa.
Chissà quali sono i suoi pensieri, ora che ha tanto tempo per riflettere sulla propria condizione viste le poche presenze in campo. Chissà se è rimasto a dieci anni fa quando si pensava che potesse diventare il più bravo del mondo o se sta comprendendo che anche essere uno dei tanti non è cosa banale e richiede sacrificio, soprattutto per uno con il suo fisico. Ma che se ne fa di un onesto purgatorio un uomo a cui hanno pronosticato il Paradiso a stretto contatto con gli eletti?
A Bojan va l’augurio di uscire dall’immagine che gli hanno costruito nella sua infanzia e cercare la propria personalissima strada. Essere una persona comune non è un disonore, nemmeno per il miglior studente di scuole medie della storia dell’umanità. Intanto si dice grato per aver giocato in posti diversi e aver conosciuto varie culture. Questo, per Bojan, va oltre una carriera sfavillante. Chissà quanta consapevolezza o quanta realtà c’è nelle sue parole.
Valerio Zoppellaro