Ci sono meteore artefici di una luce così forte da divenire eterna. Ci sono squadre destinate a passare alla storia anche se non entrano negli albi d’oro. I giocatori sono talmente folkloristici da non sembrare reali, e si portano dietro storie assurde come un libro di Jodorowski. Non vincono nulla ma restano nella memoria collettiva guadagnandosi il loro piccolo pezzo di immortalità. Questa è la storia del Camerun a Italia’90, la prima squadra africana a raggiungere i quarti di finale in un’edizione del mondiale. Nel 1990 il Camerun è alla sua seconda esperienza nella massima rassegna calcistica per nazioni. Nel 1982 era uscita al primo turno dopo tre pareggi contro Polonia, Perù e Italia e l’eliminazione per differenza reti aveva sortito non poche recriminazioni. Era stato di fatto un paradosso, visto che il Camerun aveva ottenuto gli stessi risultati dell’Italia futura campione del mondo. Aveva però realizzato un gol in meno che era risultato decisivo per la mancata qualificazione.
Nel 1990 i camerunensi arrivano ai mondiali dopo aver eliminato la Tunisia agli spareggi e finiscono nel girone con Argentina, Romania e Urss. Gli africani sembrano essere la vittima sacrificale nonostante abbiano raggiunto tre volte la finale nelle ultime quattro edizioni della coppa d’Africa.
L’eliminazione al primo turno nell’edizione continentale del marzo di quello stesso anno però pesa come un macigno e anche i segnali che arrivano nei giorni precedenti al mondiale non sono dei più incoraggianti. Il Camerun è reduce da un ritiro in Jugoslavia dove è riuscito a perdere 4-2 contro una rappresentativa giovanile locale. Il calcio africano inoltre ha ancora alcuni aspetti dilettantistici e i leoni indomabili non fanno eccezione: hanno mandato la lista dei giocatori via posta e si presentano con un preparatore atletico che per dare l’esempio pesa ben 120 chili. La squadra sembra poi piuttosto modesta, con quattro reduci dai mondiali del 1982 e una serie di giocatori sconosciuti. Anche il clima all’interno della squadra non è dei migliori, con il numero uno titolare Joseph Antoine Bell, portiere africano del secolo, che ha sparato a zero sulla federazione per la pessima organizzazione della trasferta. Per tutta risposta l’allenatore Valeri Nepomniachi l’ha spedito in tribuna rispolverando il trentaquattrenne Thomas N’Kono, titolare in Spagna otto anni prima.
Anche sull’allenatore sovietico si potrebbe aprire un ampio capitolo: arrivato in Camerun nell’88, dopo due anni non sa una parola di francese e per comunicare con i giocatori si serve di un ex autista dell’ambasciata camerunense a Mosca. Molti in realtà sostengono che il coach sovietico sappia benissimo il francese ma alla prova dei fatti durante le partite lascia che sia il suo vice Jean Manga Onguene a comunicare con i giocatori. Nepomniachi, tuttavia, non tradisce la sua origine e impone alla squadra sedute di allenamento ad orari improponibili e per questo non è particolarmente amato dalla squadra.
In questo clima il Camerun esordisce nella partita inaugurale del mondiale a San Siro contro i campioni in carica dell’Argentina l’8 giugno. I sudamericani non sono in perfette condizioni fisiche ma sono strafavoriti, nonostante lo strapotere atletico degli africani. Il Camerun tiene botta nel primo tempo sfiorando il gol in due circostanze ma dopo sedici minuti del secondo tempo rimane in dieci per l’espulsione di Andrè Kana-Biyik. Sei minuti dopo però avviene il miracolo: su un cross di Makanaky il fratello di Andrè, Francois Oman-Biyik, vola sul cielo di San Siro e incorna verso la porta di Pumpido. Il portiere argentino, al quale era stato riattaccato un dito l’anno precedente, è tutt’altro che impeccabile e tutto il Camerun può così festeggiare l’incredibile vantaggio. Gli argentini assediano la porta di N’Kono ma non riescono a pareggiare malgrado gli africani finiscano la partita in 9 per l’espulsione di Massing. L’impresa suscita grande scalpore, con la formazione africana che diventa fin dall’inizio la squadra simpatia del mondiale e l’autore del gol Oman-Biyik viene ribattezzato “l’uomo che fece piangere Maradona”.
Nella seconda sfida al San Nicola di Bari la formazione africana se la vede con la Romania di Hagi che nella prima partita aveva battuto l’Urss con una doppietta del fiorentino Lacatus. La partita è noiosa per 58’ fino a quando Nepomniachi (o il vice?) decide di inserire il trentottenne Roger Milla che con una doppietta decide l’incontro prima dell’inutile il 2-1 finale di Balint.Se ogni favola ha un protagonista, la storia del Camerun a Italia ’90 ha come uomo immagine Albert Roger Mooh Miller, noto come Milla a causa di un errore all’anagrafe. Il numero 9 camerunense è il giocatore con il curriculum più ricco della spedizione. Arrivato nel campionato francese nel 1977 a 25 anni, Milla ci resta per dodici anni mettendo a segno ben 111 gol con cinque squadre diverse (tra cui Saint Etienne, Monaco e Montpellier). Autentica bandiera del calcio africano, aveva già disputato a 30 anni il Mondiale di Spagna ’82 e le Olimpiadi di Los Angeles nel 1984. Era stato inoltre protagonista delle vittorie in Coppa d’Africa nel 1984 e nel 1988 e dopo quest’ultima aveva deciso di abbandonare la nazionale con tanto di partita di addio a 36 anni suonati. Tra i motivi dell’addio alla nazionale di Milla c’era anche una vicenda privata: la madre era morta dopo un calvario nelle strutture pubbliche camerunensi. Il ministro dello sport aveva garantito a Milla che sua mamma sarebbe stata ricoverata in un ospedale privato ma la promessa non era stata mantenuta per questo la stella del Camerun aveva deciso di non volere avere più nulla a che fare con la rappresentativa della sua nazione. Nel 1990 Milla ha ormai 38 anni e gioca in una squadra di dilettanti nelle Reunion, dipartimento d’oltremare francese situato in pieno Oceano Indiano ad un centinaio di chilometri ad ovest delle Mauritius, in cui è l’unico giocatore stipendiato. Per convincere Milla a partecipare ai mondiali si mobilita addirittura il potentissimo primo ministro Paul Biya e alla fine l’anziano attaccante si lascia convincere.
La doppietta di Milla, festeggiata con tanto di danza intorno alla bandierina, permette al Camerun di essere la prima squadra ad ottenere la qualificazione agli ottavi di finale. Nell’ultimo ininfluente match gli africani vengono sconfitti 4-0 dall’Urss che viene comunque eliminata per effetto del pareggio tra Argentina e Romania. Il Camerun termina il girone al primo posto e agli ottavi affronta la Colombia di Higuita e Valderrama, qualificatasi per il rotto della cuffia grazie ad un gol nei minuti di recupero di Fredy Rincon contro la Germania. Nepamniachi lascia ancora fuori Milla dallo schieramento iniziale per poi inserirlo a inizio ripresa. I 90’ terminano sullo 0-0 ma i fuochi artificio sono tutti nei supplementari: al 106’ Omam-Byik serve perfettamente Milla che sguscia tra i due difensori centrali della Colombia e con un tiro potente batte Higuita. Due minuti dopo l’eccentrico portiere colombiano combina il patatrac facendosi portare via la palla fuori dall’area di rigore mentre tenta un improbabile dribbling su Milla, che non ha problemi a segnare a porta sguarnita. Altra doppietta e altra danza intorno alla bandierina. I sudamericani accorciano le distanze a cinque minuti dalla fine con Redin ma oramai la storia è scritta. Camerun ai quarti di finale contro l’Inghilterra che ha vinto di misura contro il Belgio con un gol all’ultimo minuto dei tempi supplementari.
Il 1 luglio lo stadio San Paolo di Napoli è gremito in ogni ordine di posti e tutto il mondo ad eccezione del Regno Unito tifa per i leoni indomabili. Nella formazione iniziale non c’è ancora Milla, inspiegabilmente in panchina dopo i quattro gol nelle ultime due partite. Al 25’ gli inglesi realizzano l’1-0 con un gol di David Platt e chiudono il primo tempo in vantaggio. Come in un copione già scritto, ad inizio ripresa Nepamniachi inserisce Milla e la partita cambia: dopo un quarto d’ora dal suo ingresso in campo infatti il numero 9 del Camerun viene falciato in area da Gascoigne e dal dischetto Kunde realizza il pareggio. Pubblico in visibilio, che impazzisce quattro minuti dopo quando Milla tocca d’esterno per Ekeke che con un preciso destro batte l’esperto estremo difensore Peter Shilton. Sembra fatta con la semifinale contro la Germania lì ad un passo.
Nel finale di partita, forse per paura, il Camerun si chiude troppo in difesa e a sette minuti dalla fine, dopo una serie di batti e ribatti al limite dell’area, il rude Massing provoca un sacrosanto rigore. La pioggia di fischi non distrae Lineker che spiazza N’Kono e manda l’incontro ai supplementari. Al 105’ Gascoigne lancia ancora Lineker che scatta sul filo del fuori gioco e non fa molto per rimanere in piedi sull’uscita di N’Kono. Per l’arbitro Codéstal Mendez è ancora rigore che lo stesso Lineker trasforma con freddezza. Inghilterra in semifinale e Camerun a casa. 3-2 e fine della favola. Ci sono istanti che non restano scritti da nessuna parte ma valgono più di un qualsiasi trionfo.
Finito l’incontro i camerunensi fanno il giro d’onore applauditi da tutto lo stadio San Paolo come se l’incontro fosse finito 2-1. Al rientro nella capitale Yaoundè i leoni indomabili vengono accolti come dei veri e propri eroi nazionali, con caroselli e feste per tutta la città. Quella nazionale viene ricordata ancora oggi per le storie di alcuni giocatori che sono ricche di particolari davvero singolari. Come quella di Thomas N’Kono, che nel 1990 aveva 34 anni e farà in tempo ad entrare nella lista dei convocati anche a Usa’94 (pur senza scendere mai in campo). N’Kono è stato il preparatore dei portieri dell’Espanyol dopo aver smesso di giocare a 42 anni e su di lui si è sempre detto che “aveva un effetto ipnotico sui compagni”, tanto da pensare che fosse veramente un mago. Nel 2002 è stato arrestato in Mali durante la Coppa d’Africa con l’accusa di magia nera ma venne quasi subito rilasciato. Il sortilegio di N’Kono ha stregato anche Gianluigi Buffon, da sempre fan del portiere camerunense, che in suo onore ha deciso di chiamare Thomas il suo primogenito.
Altri giocatori di quella nazionale hanno poi girato il mondo: Tataw è stato il primo giocatore africano a militare nel campionato giapponese, Omam-Biyik è passato senza lasciare il segno dalla Sampdoria, Ekeke è stato un rispettato membro del sindacato giocatori nella Ligue 1 in Francia. Altri si sono distinti per altri motivi come il portiere epurato Bell, opinionista televisivo e gran giocatore di poker o Jean Claude Pagal che ha aggredito all’aereoporto il neo allenatore Michel reo di averlo escluso dalla lista dei convocati ad Usa ’94. E Milla? Beh la sua storia è se possibile ancora più incredibile: nel 1994 è stato convocato ai mondiali americani nonostante l’età avanzata. In quella sfortunata edizione la punta quarantaduenne si è tolta lo sfizio di realizzare la rete dei suoi nella dèbacle contro la Russia, divenendo così il giocatore più vecchio a realizzare una rete in un’edizione dei mondiali. Primato difficilmente battibile che rimarrà, questo sì, a lungo negli albi d’oro.
Le meteore come il Camerun non lasciano un segno tangibile ma vengono ricordate e si ritagliano un loro ruolo nella storia. Erano gli anni ’90, periodo in cui iniziava a maturare un interesse per l’Africa in tutte le sue sfaccettature. Il mondo iniziava a conoscere le battaglie di Nelson Mandela in Sudafrica contro l’Apartheid, sempre più abitanti del continente nero arrivavano in Europa raccontando storie inimmaginabili per il popolo europeo. La Mia Africa era diventato un cult qualche anno prima e le musiche di Miriam Makeba, Eddy Grant, Youssou N’Dour e Cheb Khaled iniziavano ad essere popolari anche nel vecchio continente. Il calcio è un ottimo oppio di fronte ai problemi della quotidianità ma la storia del Camerun a Italia ’90 è stata a suo modo parte di un processo di cambiamento e di evoluzione culturale. E anche se è solo calcio racchiude in una favola tante sfaccettature e contraddizioni proprie del continente africano. Con quel pizzico di magia che riesce a rendere eterna anche una meteora dalla luce imponente.
Valerio Zoppellaro