
C’è stato un tempo in cui il football non aveva ancora imparato a correre veloce. Camminava. Si fermava nelle piazze, nei porti, nei cortili delle fabbriche. Era un gioco portato in valigia da marinai, studenti, ingegneri, soldati. Un pallone cucito a mano, due pali improvvisati, un pubblico che non sapeva ancora di esserlo. È da lì che nascono queste dodici storie: dal football dei pionieri, lontano nel tempo ma sorprendentemente vicino nello spirito.
È un football antico, ruvido, spesso ingenuo. In Uruguay arriva con le navi europee e mette radici tra i moli di Montevideo, dove il vento dell’Atlantico mescola lingue e destini. Diventa presto identità nazionale, orgoglio popolare, promessa di riscatto. Dall’altra parte del continente, in Romania, il pallone attraversa i confini dell’Impero e attecchisce tra studenti e ufficiali, prima di diventare una passione che resiste ai cambi di regime e alle macerie della storia.
In Italia il football è inizialmente un corpo estraneo, un passatempo per pochi. Si gioca nei prati, nei campi militari, tra ragazzi che spesso scoprono le regole mentre le infrangono. È un calcio senza numeri sulle maglie e senza schemi fissi, ma già carico di appartenenze: città contro città, quartieri contro quartieri, operai contro borghesi. Un calcio che cresce insieme alla nazione, tra entusiasmi e fratture.
E poi c’è la guerra, che irrompe senza chiedere permesso. Spezza carriere appena iniziate, trasforma campi da gioco in campi di battaglia, costringe molti pionieri a scegliere tra il pallone e il fucile. Alcuni non torneranno più. Altri torneranno cambiati, portando con sé un football più maturo, più consapevole, a volte più triste. In quei momenti il gioco diventa rifugio, memoria, resistenza silenziosa.
Queste dodici storie non parlano solo di goal e di vittorie. Parlano di uomini prima che di atleti, di viaggi lunghi e scomodi, di partite giocate per passione più che per gloria. Raccontano un football che non era ancora industria né spettacolo globale, ma racconto orale, sfida improvvisata, sogno condiviso.
È un football che ci incuriosisce e ci affascina proprio perché lontano, imperfetto, fragile. Perché in quelle origini riconosciamo qualcosa di essenziale: il momento esatto in cui un gioco diventa cultura, e la corsa di un pallone inizia a intrecciarsi con la Storia.
Mario Bocchio
